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Spiritualità
Dal Friuli Venezia Giulia a Roma sulla Romea Strata, attraverso Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio

Verso Roma sul cammino dei pellegrini: la Romea Strata

Tipologia
Percorso a piedi
Durata
12 giorni
Numero Tappe
6
Difficoltà
Medio

Il pellegrinaggio è un’occasione per ritrovare se stessi camminando in silenzio, condividendo la fatica con altri viandanti, aprendosi all’incontro e allo stupore di fronte alla bellezza dei paesaggi naturali e dell’opera dell’uomo. In occasione del Giubileo 2025, le tre Vie Romee maggiori sono state riorganizzate per invitare i fedeli al recupero di questa antica pratica e ad arrivare a Roma, sulle tombe dei santi Pietro e Paolo, a piedi o in bicicletta. Una delle tre vie è la Romea Strata, la rotta che nel medioevo portava in Italia i pellegrini provenienti dalle odierne Repubbliche baltiche, dalla Polonia, dalla Boemia e dall’Austria. In realtà, più che una strada, la Romea Strata è un sistema di vie. Il ramo italiano principale, noto come Romea Allemagna, scende da Tarvisio attraverso il Friuli. A Concorda Sagittaria piega a ovest, proseguendo come Romea Annia; in Veneto intercetta le “varianti” che provengono dalla Slovenia, dall’Alto Adige, da Verona e Bassano. Poi continua in Emilia e Toscana lungo l’antica Via Romea Nonantolana Longobarda, valicando l’Appennino sul passo della Croce Arcana. All’altezza di Fucecchio si innesta nella Via Francigena, un’altra Via Romea maggiore, e la segue fino a Roma. È dunque un tragitto lunghissimo, oltre 1000 km, sul quale si incontrano innumerevoli luoghi degni di nota. Per farlo tutto ci vorrebbero quasi due mesi. Questo itinerario è più breve ed è dedicato al ramo principale della strada e vi condurrà verso alcune mete, sulla base del valore religioso e simbolico e dell’importanza storicamente loro attribuita dai pellegrini: Tarvisio con il santuario del Monte Lussari; Venezia e Padova, dove riposano le reliquie degli evangelisti Marco e Luca; Nonantola e la sua abbazia, snodo chiave della strada che custodisce i resti di san Silvestro e di altri santi; Pistoia, dove la Romea Strata incontra idealmente il Cammino di Santiago; e Bolsena, città di santa Cristina e del Miracolo eucaristico, già sulla Via Francigena.

Queste 6 mete rientrano ufficialmente tra i luoghi giubilari della Romea Strata e del tratto di Francigena da Fucecchio a Roma. In ciascun luogo giubilare, chi arriva dopo aver percorso due tappe consecutive a piedi o in bici può ottenere un Miliarium, da apporre sulla propria Credenziale del pellegrino. Collezionando 3 Miliarium, una volta arrivati in Vaticano si ottiene il Testimonium che ufficializza il compimento del pellegrinaggio. Altri luoghi giubilari sul tragitto principale della Romea Strata sono Venzone, Concordia Sagittaria, Monselice, Montagnana, Badia Polesine, Fanano, Fucecchio, Abbadia S. Salvatore e Bassano Romano; sulle varianti, Cercivento, Aquileia, Rovereto, Vicenza, Verona.

Santuario del Monte Lussari

Santuario del Monte Lussari

Nel 1360 un pastore di Camporosso, presso Tarvisio, trova una statuetta della Madonna in un cespuglio sulla vetta del monte Lussari, poco sotto quota 1800 metri, e la porta a valle. Quando, però, torna sul monte, la ritrova esattamente dove l’aveva prelevata la volta precedente e la vicenda si ripete nei giorni successivi. La Vergine desidera rimanere sul monte e, dunque, i fedeli le costruiscono una cappelletta che diventerà progressivamente un vero santuario. Oggi è il primo luogo di intensa devozione popolare che si incontra nel tratto italiano della Romea Strata, che dalla Slovenia entra in Italia proprio a Tarvisio, diretta verso Venzone e Concordia Sagittaria..
Fino alla conclusione della Prima guerra mondiale, però, non era così: questa terra non era Italia ma una regione dell’Impero asburgico. A proposito di Asburgo… Attorno al 1785 l’imperatore Giuseppe II, in un impeto di laicismo illuminista, decise di chiudere il santuario auspicando che andasse in rovina, ma fallì nel suo intento e finì anzi con il rafforzare la devozione dei contadini. La tragedia della Grande guerra, che sui monti del Friuli fu una carneficina spaventosa, non risparmiò nemmeno il santuario e il suo piccolo borgo, che furono pesantemente cannoneggiati. La statua della Madonna, però, si salvò, la chiesetta fu ricostruita e con la pace divenne meta dei Pellegrinaggi dei Tre Popoli (italiani, austriaci e jugoslavi, in particolare sloveni), con la celebrazione della messa in tre lingue. Ancora oggi, qui, arrivano fedeli di tre culture diverse, che riscoprono se stessi e la fratellanza con il prossimo condividendo il silenzio della montagna e la fatica dell’ascesa, lungo il sentiero del Pellegrino. Un sentiero che ha notevole valore anche escursionistico: sale dal fondovalle, più precisamente da Camporosso, nei pressi del ristorante “Alte Hutte”, attraversando la millenaria foresta di Tarvisio, che è la più grande foresta demaniale d’Italia se si escludono i parchi (circa 2 ore e mezza, 950 metri di dislivello, segnavia 613). In alternativa, per chi non potesse affrontare il sentiero c’è una telecabina che sale da Camporosso.

Basilica di S. Marco di Venezia

Basilica di S. Marco di Venezia

La Basilica Cattedrale Metropolitana Patriarcale di S. Marco Evangelista, o più semplicemente Basilica di S. Marco, è il simbolo di Venezia, l’espressione più alta del potere e della ricchezza della Serenissima Repubblica: un capolavoro d’architettura e scrigno di capolavori d’arte, a partire da quei meravigliosi mosaici che le valgono il soprannome di “chiesa d’oro”. Prima e più di ogni altra cosa, però, la basilica è un luogo di fede. Da quasi mille anni qui affluiscono devoti e pellegrini, compresi quelli in viaggio sulla Romea Strata che passa dalla vicina Mestre, per pregare sulla tomba di san Marco Evangelista. La ragione stessa della costruzione di questa basilica, fondata nel IX secolo, fu l’arrivo a Venezia del corpo del santo, nell’anno 828 d.C. I suoi resti vennero avventurosamente trafugati da Alessandria d’Egitto, luogo del martirio, caduta in mano musulmana, dai mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello. In attesa della costruzione della basilica, le reliquie furono collocate nel palazzo Ducale. Nell’XI secolo, durante i lavori di ampliamento che diedero l’impronta architettonica attuale alla basilica, il corpo del santo fu smarrito e poi miracolosamente rinvenuto in un pilastro nel 1094, anno della nuova consacrazione. Le reliquie furono custodite nella cripta fino al 1835, quando si decise di spostarle sotto l’altare maggiore. Il valore della basilica di San Marco, nella storia della Chiesa, va oltre la presenza della tomba dell’evangelista. Qui, nel 1177, alla presenza di papa Alessandro III, fu firmata la pace tra Federico Barbarossa, il papato e la Lega Lombarda, come ricorda un’incisione nel pavimento dell’atrio; nel 1201 la basilica fu il punto di partenza della IV Crociata, guidata di fatto dal doge Enrico Dandolo, conclusa con la presa di Costantinopoli. Questa grande chiesa è stata il cuore spirituale di Venezia in tutti i suoi momenti più difficili, come nel 1576: infuriava la peste, che avrebbe mietuto 50.000 vittime (praticamente, lo stesso numero di persone che oggi vivono nella città storica), e in basilica si fece voto di erigere la Chiesa del Redentore. Venendo a tempi più vicini, il XX secolo ha visto tre patriarchi di Venezia passare da S. Marco al soglio di Pietro: Pio X, che regnò nei primissimi anni del ’900, e più tardi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I, al secolo Giuseppe Sarto, Angelo Roncalli e Albino Luciani. I primi due sono già stati proclamati santi, il terzo è Servo di Dio. 

Basilica di S. Giustina di Padova

Basilica di S. Giustina di Padova

Padova è una tappa fondamentale sul percorso della Romea Strata e più precisamente della Romea Annia: così è chiamato il tratto veneto della Strata, quello che va da Concordia Sagittaria a Badia Polesine. Per i fedeli, oggi, il nome di Padova evoca soprattutto la figura di sant’Antonio, il frate francescano nato in Portogallo e morto in città nel 1231, proclamato Dottore della Chiesa: a lui è dedicata la basilica pontificia di S. Antonio di Padova. Secoli prima che Antonio arrivasse qui, Padova però era meta di pellegrini che giungevano a pregare santa Giustina e san Luca, uno dei quattro Evangelisti, autore anche degli Atti degli Apostoli. A entrambi questi santi, i pellegrini che percorrono la Romea Strata rendono omaggio nella basilica abbaziale di S. Giustina in Prato della Valle, la piazza maggiore della città. La basilica era la più imponente della Serenissima Repubblica ed è tuttora tra le più vaste d’Italia. Fondata nel V secolo sul luogo di sepoltura di santa Giustina Martire, venne poi affiancata da un potente monastero benedettino: ricostruita più volte, l’ultima nel corso del ’500, ebbe definitiva consacrazione nel 1606. Il corpo di san Luca Evangelista, che in origine era sepolto nella basilica dei Ss. Apostoli di Costantinopoli, arrivò a Padova nel IV secolo (o, secondo altre fonti, nell’VIII) insieme a quello di san Mattia, l’apostolo che sostituì Giuda tra i Dodici. In origine, i resti dei due santi furono collocati nel sacello di S. Prosdocimo, che appartiene al nucleo più antico della basilica: lì già riposava san Prosdocimo, il primo vescovo di Padova, consacrato personalmente da san Pietro. Poi i resti di Luca e Mattia furono spostati nella chiesa, fino a trovare sistemazione definitiva nelle cappelle principali, situate in chiusura dei lati opposti del transetto. San Luca è custodito in un’arca di fattura pisano-veneta di inizio ’300, in marmo veronese e serpentino con otto riquadri scolpiti in alabastro. In seguito le ossa del cranio furono traslate altrove, ma il corpo dell’Evangelista è sempre rimasto qui. Fin dal XII-XIII secolo gli tiene compagnia la miracolosa icona della Madonna costantinopolitana, arrivata anch’essa dalla capitale dell’Impero d’Oriente, vittima di bruciature attribuite alla furia iconoclasta. La proteggono un prezioso rivestimento d’argento sbalzato e una ridipintura cinquecentesca.

Abbazia di S. Silvestro di Nonantola

Abbazia di S. Silvestro di Nonantola

Il tratto della Romea Strata che attraversa l’Emilia e la Toscana coincide con la strada Romea Nonantolana Longobarda, che da Badia Polesine, in Veneto, arriva fino a Fucecchio. Potrebbe sembrare strano che questa strada romea, nonostante attraversi città ben più popolose, prende nome da Nonantola, un piccolo centro vicino a Modena. La ragione è semplice: qui sorge l’abbazia di S. Silvestro, un centro monastico così antico, prestigioso e ricco da fare di questa cittadina una storica sede di diocesi. E tale è rimasta fino al 1986, quando la diocesi di Nonantola si è fusa a tutti gli effetti con quella di Modena nell’arcidiocesi di Modena e Nonantola. La basilica abbaziale ne è tuttora la concattedrale, accanto al duomo modenese.

La nascita dell’abbazia risale alla metà dell’VIII secolo e si deve a sant’Anselmo, già duca longobardo del Friuli. Anselmo, che era stato inviato sull’Appennino modenese dal re Astolfo, aveva da poco fondato il monastero di Fanano quando decise di istituire anche questa abbazia: scelse il sito della colonia romana di Nonantula, vi si stabilì insieme ai suoi monaci e morì nell’803, dopo varie traversie. Presto l’abbazia, che poteva contare sulla potente protezione del re, divenne ricca e influente, degna di accogliere i pontefici nei loro viaggi. Qui nell’883 papa Marino incontrò l’imperatore Carlo il Grosso; due anni dopo vi fu sepolto Adriano III, poi proclamato santo, che morì probabilmente a Spilamberto mentre si stava recando a una dieta imperiale. L’abbazia accoglie anche le reliquie di un altro pontefice proclamato santo, ancora più illustre: san Silvestro, che fu il primo papa della Chiesa “liberata” dalle persecuzioni al tempo di Costantino. Morì il 31 dicembre 335. Tradizione vuole che le sue reliquie, o almeno una parte di esse, siano state traslate qui dalle catacombe romane di S. Priscilla per volontà del re dei Longobardi nell’anno 756, a ridosso della fondazione dell’abbazia. Molte altre sono le reliquie conservate nell’abbazia, da quelle di santa Fosca a quelle dei santi Senesio e Teopompo, martirizzati al tempo di Diocleziano. La più preziosa è probabilmente l’Insigne reliquia della Croce donata ai monaci di Nonantola probabilmente da Carlo Magno o forse da uno dei suoi successori: un pezzo di legno avvolto in lamina d’oro che misura 29 cm di altezza, 18 di larghezza e 2 di spessore.

Cattedrale di S. Zeno di Pistoia

Cattedrale di S. Zeno di Pistoia

C’è un luogo in cui il pellegrinaggio sulla Romea Strata incrocia, almeno idealmente, quello per Santiago di Compostela, dove è sepolto san Giacomo Maggiore Apostolo. Quel luogo è la cattedrale di S. Zeno a Pistoia, che non è solo una tappa importante della strada Romea Nonantolana Longobarda ma anche la chiesa che custodisce l’unica reliquia di san Giacomo Maggiore esistente al di fuori della Spagna. Giunse a Pistoia, secondo la tradizione, proprio da Santiago di Compostela attorno 1145 per iniziativa del vescovo Atto o Attone, poi santificato (la sua urna è collocata nella cappella di S. Rocco). A san Giacomo, qui chiamato san Jacopo, la cattedrale di S. Zeno dedica una statua sul coronamento della facciata, un meraviglioso altare argenteo, capolavoro di oreficeria tardogotica, e un prezioso reliquiario del 1407, opera di Lorenzo Ghiberti. Nei giorni che precedono la festa di san Jacopo, che cade il 25 luglio, la statua sulla facciata viene coperta con un mantello scarlatto, simbolo del martirio: è il rito tutto pistoiese della Vestizione di San Jacopo.

Il legame con Santiago spiega la presenza di una Porta Santa, aperta in occasione dei Giubilei. Proprio in corrispondenza della Porta Santa, all’esterno della cattedrale, una lapide ricorda il Giubileo Jacopeo del 2021: al centro della Rosa dei Venti si riconosce la conchiglia del pellegrino, simbolo del Cammino di Santiago. La venerazione della reliquia è all’origine di un “cammino minore” tutto toscano, il Cammino di S. Jacopo (110 km), che si snoda lungo la Via Cassia-Clodia tra Firenze, Prato, Pistoia, Pescia e Lucca. 

Basilica collegiata di S. Cristina di Bolsena

Basilica collegiata di S. Cristina di Bolsena

Dal 1263 Bolsena è, per i credenti, la città del Miracolo eucaristico, avvenuto nella basilica di S. Cristina. La vicenda ha per protagonista Pietro da Praga, un sacerdote boemo che dubitava della presenza di Cristo nell’Eucarestia. Mentre Pietro celebrava la messa nella grotta di S. Cristina, oggi cripta della basilica, al momento della consacrazione l’ostia cominciò a sanguinare; il sacerdote, sconvolto, la avvolse in un panno di lino e raggiunse di corsa la sacrestia, lasciando colare alcune gocce di sangue sui gradini dell’altare e sul pavimento. Le lastre insanguinate del Miracolo eucaristico sono, oggi, conservate nella cappella nuova del Miracolo, edificata dal 1693 su progetto di Tommaso Mattei. Proprio dalla cappella si accede alla grotta. Si tratta di una chiesa ipogea nata come oratorio sul sepolcro di santa Cristina Martire e via via ampliata ricavando altri ambienti di devozione.

A questo punto occorre ricordare che quell’altare era già stato protagonista di un miracolo. Il blocco di pietra della mensa, secondo la tradizione, è infatti quello che era stato legato al collo di santa Cristina, gettata nel lago e condannata all’annegamento a causa della sua fede. La pietra era, però, tornata a galla, la santa vi era salita sopra in piedi, lasciandovi impresse le sue orme, ed era tornata a riva.

Ciò che spesso si trascura è che Pietro da Praga era un pellegrino che aveva intrapreso il cammino verso Roma per fortificare la sua fede. Da Praga era arrivato fino alla Città Eterna e sulla via del ritorno si era fermato, come tutti, a Bolsena: non per godersi la deliziosa cittadina e gli splendidi panorami sul suo lago ma per rendere omaggio alle reliquie di santa Cristina. Non sappiamo per certo quale strada abbia percorso nel suo lungo viaggio, ma con ogni probabilità camminò a lungo sulla Romea Strata. La via infatti, scendendo dal Baltico, attraversa l’attuale Repubblica Ceca e prima di arrivare a Tarvisio passa per Brno e Vienna. Giunto a Fucecchio, Pietro imboccò certamente la Via Francigena verso sud, camminando accanto a pellegrini di ogni nazione, accomunati dal desiderio di pregare sulle tombe degli Apostoli, nella basilica papale di S. Paolo fuori le Mura  e nella basilica di S. Pietro in Vaticano.

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