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Esplora l’arte e la cultura vibrante dell’Italia, visita opere incantevoli e lasciati coinvolgere dalla sua storia millenaria

Dalle rovine archeologiche di Roma e Pompei ai pittoreschi borghi medievali della Toscana, l’Italia è una terra ricca di arte e cultura. Immergiti nei luoghi storici italiani e nei suoi tanti siti UNESCO per un viaggio culturale alla scoperta della patria di alcuni dei più importanti pittori, scultori e architetti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia.
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Villa Litta Carini

Villa Litta Carini

La Villa Litta di Orio è una sontuosa residenza tardobarocca con impianto a U, costruita nel 1734 su progetto dell’architetto Giovanni Ruggeri. Committenti erano i conti Cavazzi della Somaglia, importante famiglia nobiliare che qui possedeva vaste terre agricole. I lussuosi appartamenti comprendevano addirittura un teatro, e dai giardini sul retro, ornati da mosaici e ninfei, si poteva raggiungere un pontile sul Po. Decine di servitori lavoravano nelle cucine e lavanderie, accudivano i cavalli nelle scuderie, curavano gli orti e una vigna, mentre lo scorrere delle giornate era scandito dall’orologio sulla facciata, dominato dalla statua metallica del Dio del Tempo con una falce e una campana. Nel secolo successivo la villa decadde fino a ospitare al suo interno una filanda. Divenuta proprietà della famiglia Litta nel 1847, riacquistò per breve tempo il proprio splendore. Anche Orio, qualche anno più tardi, avrebbe aggiunto al proprio nome quello della potente casata. Da qui passarono grandi personaggi della cultura italiana: tra gli ospiti illustri si annoverano re Umberto I e Giacomo Puccini. Seguirono traversie e problemi economici, per cui la villa, passata più volte di mano, fu utilizzata anche come stalla e granaio. Oggi, di proprietà della famiglia Carini, si presenta restaurata e ospita nei suoi eleganti ambienti cerimonie ed eventi. La sala da ballo è sormontata da una volta decorata da stucchi e affreschi a tema mitologico, opera di Pietro Maggi: la si può ammirare durante visite guidate che comprendono l’intero corpo centrale della villa e il parco.
Laghi
Lago di Nemi

Lago di Nemi

Nel territorio dei Castelli Romani, il borgo di Nemi è immerso da sempre nel verde di un bosco. La parola latina per bosco è “nemus”, ciò che spiega benissimo il nome e la sua antichità. Molto più recente ma non meno meritato è il riconoscimento del paese come Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, nel rispetto dei rigidi requisiti di qualità ambientale e turistica fissati in proposito. A partire dal nono secolo, Nemi era poco più che un castello dei conti di Tùscolo. Anche se nel tempo quel castello è diventato il rinascimentale Palazzo Ruspoli, la torre castellana delle origini ancora svetta sull’abitato. Qui la principale attrattiva turistica è costituita dal Lago stesso e dalla vegetazione circostante, dove si scende per un sentiero oppure per la Via del Tempio di Diana: una volta in basso, si può passeggiare lungo tutto il periplo dell’acqua per una lunghezza complessiva di circa sei chilometri. Culturalmente parlando, invece, non si può non rendere omaggio al Museo delle Navi romane. Il capannone degli anni ’30 del ‘900 dove si visitano i modelli delle due navi assieme a importanti ritrovamenti archeologici è peculiare per almeno due ragioni. La prima è che si tratta del primo caso italiano di edificio museale costruito ex novo per ospitare un contenuto e non viceversa, e la seconda che il contenuto perpetua la memoria di qualcosa di veramente unico. Già dal ’400 si sapeva che in fondo al lago giacevano gli scafi di due gigantesche imbarcazioni dell’età di Roma antica: il grande architetto e teorico rinascimentale Leon Battista Alberti le aveva individuate. Si trattava di due ornatissimi scafi-palazzo dove l’imperatore Caligola teneva feste o forse celebrazioni del culto di Diana alla quale il Lago era sacro. Recuperarle circa un secolo fa si è purtroppo dimostrato vano: nel 1944 i due scafi bruciarono completamente, sembra per l’incuria o per la deliberata volontà delle truppe tedesche occupanti. Nonostante tutto, il Museo è comunque estremamente evocativo.
Borghi
Gubbio

Gubbio

Una giornata a Gubbio, la città di pietra dell’Umbria È nota come la “città di pietra” e sorge sul fianco del monte Ingino: Gubbio vi conquisterà a prima vista con il suo fascino medievale tutto da scoprire nel suo labirinto di vicoli e stradine. La lunga storia di Gubbio Le origini di Gubbio affondano le radici nell’antica civiltà umbra, come testimoniato dalle cosiddette Tavole Eugubine scritte in lingua umbra e risalenti al III-I secolo a.C. Potete ammirarle nelle sale del Museo Civico a Palazzo dei Consoli. Il periodo d’oro di Gubbio ha inizio intorno al Mille, all’epoca dei Comuni. Sotto la guida del vescovo Ubaldo, nel 1100, la città vinse una guerra contro Perugia. Nel frattempo si diffusero le arti e i mestieri, tra cui la lavorazione delle maioliche. Con il 1300 la città assunse la forma che ha ancora oggi. È a quell’epoca che risalgono alcuni dei palazzi più belli di Gubbio. Una passeggiata in centro Cominciate il giro dal gioiello di Gubbio, Piazza Grande o Piazza della Signoria, una piazza “pensile” che si affaccia sulla città. Ai suoi lati si trovano i palazzi pubblici della città: Palazzo dei Consoli in stile gotico e Palazzo Pretorio, uno di fronte all’altro. Date un’occhiata anche al Palazzo Ranghiasci Brancaleoni che si trova sulla stessa piazza. A due passi c’è il Palazzo Ducale in stile rinascimentale. Dai giardini di Palazzo Ducale si ha una bella vista sulla città. Fate attenzione alla porta alta e stretta a lato del grande portone: è la Porta del morto. Secondo la leggenda da qui passavano le bare dei defunti. Lungo le mura, che si trovano poco sopra il palazzo e risalgono al 1200, si aprono sei porte, alcune delle quali ancora decorate con pitture e stemmi cittadini. Tra le chiese non dovreste perdere la cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo. Merita un salto anche la chiesa di San Francesco, edificata sui terreni dell'antica famiglia degli Spadalonga che lo avrebbe accolto dopo aver lasciato la casa di suo padre e tutti i suoi averi. Si trova ai piedi della città, dove nel Medioevo si teneva il mercato e c’è ancora la lunghissima Loggia dei Tiratori, costruita nel 1600 dalla corporazione dei tessitori. Qui tendevano i panni di lana appena tessuti. La vera meraviglia di Gubbio è tuttavia la Fontana dei Matti davanti al palazzo del Bargello. Tutti possono ottenere la patente da matto facendo tre giri intorno alla fontana e facendosi bagnare alla presenza di un abitante di Gubbio che lo certifichi. Dove spingersi nei dintorni Basta uscire dalle mura medievali di Gubbio e si dischiude un altro mondo di sorprese da scoprire: il teatro romano, il mausoleo romano poco distante, l’abbazia di San Secondo, la secentesca Madonna del Prato ricca di stucchi e la chiesa della Vittorina costruita proprio dove, secondo la leggenda, San Francesco incontrò il lupo. La gola del Bottaccione Nei dintorni di Gubbio si trovano le gole del Bottaccione, ideali per una gita poco fuori città. È una profonda gola dovuta all’erosione del torrente Carmignano, ma è anche ricchissima di testimonianze storiche. Qui si trova un acquedotto che corre lungo la gola e risale al Medioevo. Nella gola si trova anche il Monastero di Sant’Ambrogio, che sorge nei pressi di una cittadella preistorica risalente al paleolitico. L’eremo è del 1300 ed era noto per le sue regole severe oltre che per la posizione inaccessibile che garantiva silenzio e solitudine. Non perdete la visita, a cominciare dalle grotte sotterranee per finire con gli affreschi della chiesa. In cima al monte Ingino: la Basilica di Sant’Ubaldo La Basilica di Sant’Ubaldo si trova proprio in vetta al monte che veglia su Gubbio, ma niente paura, se non ve la sentite di scarpinare potete raggiungerla con una comoda funivia e avrete tutta la città ai vostri piedi. Qui si custodisce l’urna con il corpo di Sant’Ubaldo, patrono di Gubbio. E vi arriva anche la famosa corsa della Festa dei Ceri del 15 Maggio. La chiesa è di origini medievali, ma nel corso del 1500 fu ampliata con l’aggiunta del convento e del chiostro. Non fatevi ingannare dalla semplicità dell’esterno, entrate per ammirare la ricchezza delle cinque navate e le vetrate istoriate che raccontano la vita di Sant’Ubaldo.
Musei e monumenti
Piazza della Signoria

Piazza della Signoria

Tra le più splendide d’Italia, simbolo tra i simboli della città, piazza della Signoria stupisce subito per le sue proporzioni imponenti e per la quantità di patrimoni artistici che vi si affacciano. L’accesso privilegiato è la via Calzaiuoli, dalla quale le componenti della piazza si offrono in tutta la loro bellezza. Si notano subito la Galleria degli Uffizi e la Loggia della Signoria, detta anche “loggia dei Lanzi”, vero e proprio museo a cielo aperto. Dialogano allineati nello spazio a lato di palazzo Vecchio il monumento equestre di Cosimo I de’ Medici in bronzo, del Giambologna (1594-98), e la grande fontana del Nettuno progettata da Baccio Bandinelli e realizzata tra il 1560 e il 1575 da Bartolomeo Ammannati e aiuti. Di grande valore simbolico sono le quattro statue poste davanti al palazzo. Copie degli splendidi originali sono, da sinistra: il “Marzocco”, leone simbolo di Firenze (lavoro in pietra serena di Donatello, dal 1885 al Museo del Bargello); il gruppo bronzeo di “Giuditta e Oloferne”, raffigurazione della Repubblica fiorentina che annienta la tirannide (l’originale di Donatello si trova all’interno di Palazzo Vecchio); l’imponente “David”, emblema della vittoria repubblicana sulla tirannide medicea (l’opera originale di Michelangelo è dal 1873 nella Galleria dell’Accademia). Originale è invece il contrapposto gruppo di “Ercole e Caco”, di Baccio Bandinelli (1534), allegoria della vittoria dei Medici sui nemici interni. Altre statue ‘rispondono’ dalla loggia della Signoria.
Spiritualità
basilica di san pietro

La Basilica di San Pietro

Cuore del mondo cattolico, la basilica di S. Pietro è la più imponente della cristianità, sorta nel luogo in cui fu sepolto san Pietro. Copre una superficie di 22.067 metri quadri, è lunga (compreso il portico) 218 metri ed è alta 136 metri da terra alla croce sulla cupola. L’antica basilica imperiale venne costruita da Costantino sul luogo della sepoltura dell’apostolo Pietro. Come per molte altre chiese paleocristiane, fu lasciata in stato di decadenza fino al XV secolo quando, prima per decisione di Niccolò V e poi sotto il pontificato di Giulio II e su progetto di Bramante, nel 1506 iniziarono i lavori di ricostruzione. Alla morte di Bramante seguirono altri architetti famosi tra cui Michelangelo, incaricato a 72 anni nel 1547, il quale semplificò il disegno originario del Bramante e concepì quello che sarebbe stato il suo capolavoro architettonico assoluto: la cupola. Purtroppo Michelangelo morì prima di vederla terminata e toccò a Giacomo della Porta e Domenico Fontana portarla a compimento. La facciata della basilica, realizzata da Carlo Maderno nel 1614, è oggi visibile nei colori originali, dopo un accurato restauro del 1999. Preceduta da una scalinata a tre ripiani, è articolata da 8 colonne e pilastri che sostengono una trabeazione coronata da una balaustra. Il balcone centrale sopra il portico è la loggia delle Benedizioni, da dove il papa benedice la città e viene annunciata l'elezione del nuovo pontefice. La cupola michelangiolesca è una immensa calotta a doppio guscio rivestita di mosaici. Cinque porte in bronzo fungono da entrata alla basilica: l'ultima a destra è la Porta Santa, che si apre solo negli anni giubilari, la porta mediana ha grandiose imposte eseguite dal Filarete (1439-45) provenienti dalla basilica costantiniana. I battenti delle altre porte sono moderni, quelli dell’ultima a sinistra (la porta della Morte) sono di Giacomo Manzù. Nella navata centrale, presso la porta, si trova il disco dove Carlo Magno e gli altri imperatori si inginocchiavano per venire incoronati dal papa. La statua bronzea di san Pietro, probabilmente duecentesca, introduce alla grandiosa area al di sotto della luminosa cupola michelangiolesca, sorretta da quattro pilastri, alla base dei quali si ergono le statue volute da Urbano VIII. Al di sopra, quattro balconate berniniane custodiscono preziose reliquie della Chiesa. La visione ideale dell’interno e la percezione degli spazi e delle proporzioni si coglie bene da qui nei pressi dell'altare papale. Nel mezzo, sopra l’altare, si leva il Baldacchino bronzeo di Bernini (1624-33), che secondo l’opinione popolare avrebbe fuso i bronzi del Pantheon per realizzarlo. All’imponente opera (è alta 29 metri) collaborò anche Francesco Borromini per la parte architettonica. Tra i viticci delle colonne tortili si posano le api Barberini, mentre in alto, quattro angeli reggono festoni e altrettante volute si riuniscono a sostenere un globo dorato sormontato dalla croce. Dietro l’altare, nell’abside, lo sfondo è occupato dalla Cattedra di san Pietro, opera di Bernini (1656-65) che presenta un grande trono in bronzo dorato sorretto da 4 statue dei padri della chiesa alte 5 m. A destra della cattedra si trova il monumento di Urbano VIII di Bernini (1627-47) e a sinistra quello di Paolo III di Guglielmo della Porta (1551-75). Nel passaggio tra la III e la II cappella, nella navata a sinistra, si trova la tomba di Innocenzo VIII in bronzo dorato, opera del Pollaiolo (1498), che fu trasferita dall’antica basilica nel 1621. Nel transetto sinistro, nella Cappella della Madonna delle Colonne, una pala marmorea di Alessandro Algardi (Leone Magno incontra Attila, 1646-50) sovrasta l’altare con le reliquie del pontefice. Nell’arcata successiva si trova il monumento funebre di Alessandro VII (1672-78), un’opera fastosa di Bernini in marmi policromi. A metà della navata, la cappella della Presentazione accoglie due tra le opere più recenti della basilica: i monumenti di Giovanni XXIII di Emilio Greco (destra) e di Benedetto XV di Pietro Canonica (sinistra). Sotto l’arcata successiva si trovano i monumenti agli Stuart, su disegno di Filippo Barigioni, e una stele vagamente erotica di Canova in forma di stele (1817-19). Il coperchio di un antico sarcofago in porfido, forse appartenuto al sepolcro di Adriano, poi tomba di Ottone II, forma la conca del battistero. Nella prima cappella della navata destra ci troviamo di fronte il bellissimo e toccante gruppo marmoreo della Pietà di Michelangelo, che da secoli continua a impressionare e che è l’unica opera che porta la firma di Michelangelo (la trovate apposta sulla fascia che attraversa il petto della Vergine). È un’opera giovanile di Michelangelo (1498-99): quando la realizzò aveva solo 23 anni ma era già nel pieno possesso del virtuosismo tecnico e della maturità espressiva. Sul pilastro subito dopo la Pietà, il monumento funebre di Cristina di Svezia è opera di Carlo Fontana. Proseguendo, si arriva alla cappella S. Sebastiano che accoglie la tomba di papa Giovanni Paolo II e, poi, alla barocca e sontuosa cappella del SS. Sacramento con opere di Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. Oltre la cappella, vicino al grandioso monumento di Gregorio XIII Camillo Rusconi, si trova la tomba di Gregorio XIV. Nel transetto destro, invece, il monumento di Clemente XIII (1784-92), con la statua del papa inginocchiato in preghiera, è uno dei lavori più riusciti di Antonio Canova.
Arte e cultura
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Museo Goffredo Gaeta

Aperto da ottobre 2024, il Museo Goffredo Gaeta incrementa la straordinaria ricchezza di testimonianze sulla ceramica presenti a Faenza e integra la conoscenza dei maestri faentini attivi in città a partire dal secondo dopoguerra. Una visita da non perdere, non solo per gli appassionati del settore. Nello studio-laboratorio di Via Firenze a Faenza presso una ex centrale idroelettrica - godibilissimo esempio di archeologia industriale - è stato allestito il museo dedicato al maestro Goffredo Gaeta, artista poliedrico che ha varcato i confini della passione ceramica per sperimentare la lavorazione dei metalli e, non ultime, anche le tecniche vetrarie. Il museo ripercorre la ricerca del maestro in ambito ceramico attraverso un allestimento di tipo cronologico. La collezione include le prime opere dell’artista che raccontano gli anni della formazione. Sono gli anni ’50. La città di Faenza è ribollente, fucina di idee, progetti, assoluta protagonista di un vero e proprio risveglio culturale che vede Goffredo Gaeta in prima linea. Il percorso prosegue con le opere realizzate negli anni ’60, quando il maestro lavora sul tema del Bianco e Blu e, in modo del tutto originale, recupera e reinterpreta la tradizione faentina nelle forme, come l’albarello, e nella scelta cromatica. Questa serie raffinatissima, molto apprezzata anche in Oriente, è ben documentata nelle teche del museo. Da non perdere le sfere, i dischi e l’opera Lo spazio, parte dell’installazione con la quale il maestro vinse, nel 1970, il prestigioso e internazionale Premio Faenza. Successivamente smembrata, l’opera è parzialmente conservata presso il Museo Internazionale della ceramica (MIC). Segue la produzione degli anni ’80 e ’90, influenzata dai viaggi in Grecia e Terrasanta e dalla seduzione di luoghi già vissuti durante l’infanzia nell’isola di Kos: le Barche, i Paesaggi, le Marine e le magnifiche Onde, composizioni fluttuanti, frammenti liquidi riemersi dalla memoria. L’ultima parte dell’allestimento museale illustra una produzione di carattere strettamente commerciale che include gadget pubblicitari o targhe commemorative. In questa sezione è evidente la volontà del maestro di non dimenticare il vecchio mestiere dell’artigiano. Un substrato culturale che, negli anni, gli ha consentito di fornire prove eccellenti anche nell’ambito della scultura monumentale. Il percorso si chiude con la sezione dedicata agli studi sul tema dell’arte sacra. Disegni e bozzetti successivamente tradotti in opere finite conservate presso diverse chiese, anche negli Stati Uniti.
UNESCO
La Via Appia Antica tra archeologia, fede e natura

La Via Appia Antica tra archeologia, fede e natura

La via Appia è una celebre strada che è stata solcata per millenni da mercanti e pellegrini, eserciti e re, aristocratici e artisti: un caleidoscopio di personaggi che hanno disegnato l’immagine della romanità nel mondo. Tutte le strade portano a Roma, si sa, ma se c’è una via della capitale che più di ogni altra riserva meravigliose sorprese per i viaggiatori quella è proprio l’Appia, specialmente nel suo tratto finale (o iniziale, in base alla prospettiva): è il tratto protetto dal Parco regionale dell’Appia Antica, a sua volta contenitore di incredibili monumenti come quelli del complesso di Massenzio o il mausoleo di Cecilia Metella.­­ La “regina viarum”, la più famosa tra tutte le vie consolari romane e oggi Patrimonio UNESCO, collegava la capitale alla Campania, spingendosi poi ancora oltre, fino a Brindisi, porto di partenza delle crociate in direzione di Gerusalemme. Oggi l'Appia Antica merita un itinerario turistico a sé stante. Prima di tutto perché, a differenza di molti altri siti culturali romani, questo percorso è decentrato rispetto al centro storico: l’Appia Antica è il primissimo tratto della via consolare che si incontra, uscendo dalla città, superando porta S. Sebastiano. Grazie alla posizione leggermente periferica dell’itinerario, a sud della città, potrete immergervi in un contesto di rigogliosa campagna, dominato dai tipici pini laziali e da ampi prati e colli alberati. L’Appia Antica è, poi, conosciuta per l’incredibile varietà dei suoi resti archeologici (come le catacombe di Domitilla e di S. Callisto) e dei suoi monumenti religiosi. Lungo un breve tratto di strada, ideale da percorrere a piedi o in bicicletta in una giornata di sole o anche protetti da qualche nuvoletta, spiccano antiche strutture di epoca imperiale, affiancate da chiese cattoliche di cruciale importanza storica, come quella di S. Sebastiano fuori le mura. Insieme alle altre sei principali basiliche romane, questa chiesa aspetta di accogliere migliaia di fedeli in occasione del Giubileo 2025. Non solo natura, fede e archeologia: l’Appia Antica conserva viva la memoria di un evento di storia recente: stiamo parlando dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, del 24 marzo 1944, commemorato da un toccante mausoleo.
Teatro Filarmonico

Teatro Filarmonico

3 ordini di palchi sovrapposti, ognuno con una decorazione dorata differente, una balconata, una galleria e una vasta platea: il Teatro Filarmonico di Verona è il principale teatro d'opera della città, ma ospita spettacoli di generi diversi. La stagione musicale si apre tradizionalmente con il Settembre dell'Accademia, una rassegna sinfonica dell'Accademia filarmonica di Verona, che ospita orchestre, direttori e solisti di fama internazionale. Dal mese di ottobre, poi, seguono le stagioni di opera, balletto e sinfonica della Fondazione Arena di Verona, che usa il Teatro Filarmonico come sede della stagione lirica invernale. Il teatro è di proprietà dell'Accademia filarmonica di Verona, la più antica accademia musicale europea, le cui prime notizie risalgono al 1543. All’inizio del ‘700 la città non aveva un teatro lirico, così si decise di costruirne uno. Il marchese Scipione Maffei presentò la richiesta al Senato veneto. Fu quindi chiamato l'architetto teatrale al tempo più celebre, Francesco Galli da Bibbiena e i lavori iniziarono nel 1716. Per realizzarlo, arrivarono incisori e pittori da tutta Europa. Ci vollero 13 anni per terminarlo, ma il risultato fu uno degli edifici teatrali più moderni e innovativi dell’epoca. La sera del 6 gennaio 1732 fu inaugurato, con il dramma pastorale “La Fida Ninfa” di Antonio Vivaldi, su libretto di Scipione Maffei. Il teatro fu distrutto 2 volte: da un incendio nel 1749 e dai bombardamenti della seconda guerra mondiale nel 1945. L'architettura originaria del teatro, quindi, è andata persa. La struttura attuale è il risultato della ristrutturazione avvenuta dopo il secondo conflitto mondiale, che ha permesso di recuperare gli elementi principali del Bibbiena. La sala Maffeiana è l’unica parte intatta dell’originario Teatro Filarmonico. È in questa celebre sala che il 5 gennaio 1770 si esibì Wolfgang Amadeus Mozart, in un concerto memorabile. Tra il 1777 e il 1779, la sala fu abbellita con l'affresco e le decorazioni del pittore bolognese Filippo Maccari (1725-1800) e, nell'800, furono aggiunti il pavimento in legno e il lampadario. Originariamente si chiamava "Gran Sala", per poi cambiare nome in onore di Scipione Maffei, per merito del quale venne costruito il teatro.
Italia

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Puglia, la regione del sole tra due mari e una calda ospitalità in luoghi ricchi di storia Posta nel cuore del Mediterraneo, è un magico insieme di reperti, storia, arte e natura incontaminata, tra meravigliose coste e paesaggi da cartolina. È la Puglia, regione dalle spiagge dorate e acque cristalline, dai sapori intensi e dalle mete di gran fascino: Castel del Monte, i trulli, le isole passando per le città baciate da una luce unica e indimenticabile.

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Matera Chiese Rupestri Parco Nazionale del Pollino PZ Castelmezzano MT Nova Siri Escursione a cavallo
Basilicata

Basilicata, una regione dalle antichissime origini, sospesa fra due mari e con montagne di grande bellezza La Basilicata è una regione in cui il passaggio dell'uomo ha lasciato importanti impronte sin dalla preistoria. Con la denominazione antica di “Lucania”, è arricchita da un incredibile patrimonio artistico. Per non parlare del suo panorama mai noioso che spazia dalle Dolomiti Lucane al Parco del Pollino passando per due mari.

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VV Capo vaticano Tropea Parco Nazionale della Sila Spiaggia di Arcomagno - Scalea
Calabria

La Calabria è la regione del mare cristallino, dei Bronzi di Riace, di Reggio Calabria e Capo Vaticano, un mix che conquista tra storia e bellezza La Calabria, nota anche come punta dello stivale italiano, è una Regione dell'Italia Meridionale caratterizzata dall'incredibile diversità dei suoi paesaggi, con la vicinanza delle montagne a uno splendido mare che richiama turisti da tutto il mondo.

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Agrigento - Valle dei Templi Isole Eolie - Vulcano Noto Etna
Sicilia

Un tuffo in Sicilia, dove un mare d’arte, cultura e natura ve ne faranno innamorare perdutamente Un territorio variegato che conquista il cuore dei turisti di tutto il mondo con il suo meraviglioso mare e le città ricche di un fascino tutto loro. La Sicilia è un'isola da cartolina caratterizzata dai segni indelebili dei popoli che l'hanno vissuta e resa unica, tra testimonianze artistiche e culturali di enorme valore.

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