Castello Sforzesco
Leonardo arriva a Milano nel 1482 e subito prende dimestichezza con il Castello Sforzesco, sede della corte sfarzosissima di Ludovico il Moro, il suo nuovo signore. Senza dubbio già ne ha sentito parlare: i rapporti tra Milano e Firenze sono stretti e, una trentina d’anni prima, qui hanno lavorato Jacopo da Cortona e soprattutto Filarete, due architetti toscani come lui. Ai suoi occhi si presenta un edificio imponente ma un po’ diverso da quello attuale, nel quale spiccano i due alti torrioni bugnati di S. Spirito e del Carmine.
Leonardo non vive nel Castello Sforzesco, la sua bottega si trova presso la Corte Vecchia, dove oggi sorge Palazzo reale, in cui lavora insieme ad aiutanti e allievi: i più illustri tra loro gli tengono tuttora compagnia nel monumento che domina piazza della Scala. Tuttavia, nel castello Leonardo frequenta i banchetti e i ricevimenti di Ludovico il Moro. Probabilmente è proprio in queste occasioni che incontra le fascinose amanti del signore di Milano, su tutte Cecilia Gallerani e Lucrezia Crivelli. Sarebbero queste donne, secondo la maggior parte dei critici, i soggetti di due tra i più celebri ritratti del maestro, rispettivamente la Dama con l’ermellino e la Belle Ferronnière. Ma Leonardo non si limita a frequentare il castello, vi lascia anche un segno importante della sua presenza. Accade nel 1498, quando il duca di Milano gli affida la decorazione di una camera al piano terra, in corrispondenza della torre Falconiera. È la sala delle Asse: il nome si deve al rivestimento in legno della parte inferiore delle pareti, utile a isolarle termicamente. Leonardo si inventa una soluzione rivoluzionaria. Anziché raffigurare stemmi o scene narrative, dipinge 16 piante di gelso sulle pareti e un pergolato sulla volta: prende così vita una verde illusione di frescura, formata dall’intreccio delle chiome degli alberi. I gelsi, in milanese “moroni”, alludono al soprannome di Ludovico il Moro. Nel tempo, con l’abbandono del castello, la preziosa decorazione venne dimenticata, nascosta sotto vari strati di imbiancatura. Solo nel 1893 furono rinvenute tracce di pittura. Una serie di restauri, non ancora conclusi, ha riportato alla luce non solo il pergolato dipinto da Leonardo ma anche un affascinante disegno monocromo sulle pareti, di mano del maestro: raffigura radici, pietre e un paesaggio.
Museo del Cenacolo Vinciano
Dietro una lunga tavola imbandita, coperta da una tovaglia immacolata, i 12 apostoli si interrogano su chi abbia tradito Gesù, in un dialogo muto che esprime un ventaglio di emozioni. Incredulità, indignazione, dolore: Leonardo li chiama “moti dell’animo”. Non c’è bisogno di altre parole, tutti abbiamo già visualizzato l”Ultima Cena” o “Cenacolo”, forse il dipinto murale più celebre al mondo. È una di quelle opere d’arte che è impossibile non aver visto almeno una volta, replicata da artisti più o meno celebri, riprodotta in un milione di libri e su gadget di ogni genere, ripresa in documentari e film: “Non è esagerato affermare che la sua realizzazione ha aperto una era nuova nella storia dell’arte”, recita la motivazione del suo inserimento nella lista UNESCO dei patrimoni dell’Umanità.
La parete che accoglie questo grande dipinto, ben 460 x 880 centimetri, appartiene all’antico refettorio del Convento domenicano di S. Maria delle Grazie di Milano, collegato alla basilica omonima. Leonardo è chiamato a decorarlo tra la fine del 1494 e il 1497-98, nell’ultima fase della sua permanenza a Milano: ha appena concluso la realizzazione del gigantesco modello in creta per il monumento equestre a Francesco Sforza, il cosiddetto “Cavallo di Leonardo”. Sappiamo da testimonianze d’epoca che si dedica anima e corpo a questa nuova impresa, rimanendo per intere giornate sui ponteggi: Ludovico il Moro lo ricompensa donandogli anche una vigna nel quartiere di Porta Vercellina, nel quale probabilmente Leonardo risiedeva. Ben presto Leonardo si rende conto che il dipinto presenta problemi di conservazione. Ha infatti realizzato l”Ultima Cena” con una tecnica sperimentale, dipingendo a secco, anziché con la tradizionale tecnica dell’affresco, e l’opera si deteriora rapidamente. Fin dal ’500 si sono susseguiti restauri e ridipinture che avevano stravolto il dipinto, recuperato nel suo aspetto originario solo al termine di un lungo restauro alla fine degli Anni ’90.
Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci
Non è solo il nome ufficiale a legare il Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano a Leonardo da Vinci. Al grande scienziato e artista, questo museo dedica la più grande esposizione permanente al mondo, allestita nei 1300 metri quadrati delle Gallerie Leonardo. Visitandole si ripercorre la vita di Leonardo fin dagli esordi fiorentini, ma con un focus particolare proprio sul periodo trascorso a Milano, alla corte di Ludovico il Moro. Ci sono molti modelli, anche d’epoca, che ricostruiscono le macchine di sua invenzione, antichi volumi e opere d’arte, coinvolgenti riproduzioni dei disegni leonardeschi dedicati a fenomeni naturali e allo studio della fisica e della meccanica, e spazi nei quali la figura di Leonardo viene contestualizzata nel Rinascimento, nella Milano degli Sforza e nella cultura del suo tempo.
Visitando poi il resto del museo, dalla sezione dedicata ai trasporti a quelle riservate alle esplorazioni spaziali e alle nuove tecnologie, si capisce che questa gloriosa istituzione milanese e Leonardo condividono lo stesso spirito, curioso e moderno: osservare, sperimentare, pensare in modo trasversale erano i concetti chiave alla fine del ’400 e rimangono tali anche oggi.
Veneranda Biblioteca Ambrosiana
Nel cuore di Milano, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana custodisce la più ricca raccolta al mondo di disegni e scritti di Leonardo da Vinci: è il Codex Atlanticus, per tutti Codice Atlantico. Una selezione degli oltre 1100 fogli che lo compongono è infatti esposta nella Sala Federiciana, che della biblioteca è lo spazio più illustre e suggestivo, mentre l’intera opera oggi è consultabile on line. I manoscritti e i disegni erano stati raccolti da Francesco Melzi, allievo di Leonardo, nella villa Melzi d’Eril di Vaprio d’Adda e poi erano passati per le mani dello scultore Pompeo Leoni. Questi li aveva incollati su fogli più grandi, simili a quelli usati per gli atlanti geografici… ed ecco spiegato l’aggettivo “atlantico”. Nel 1637 il conte Galeazzo Arconati donò il codice alla Biblioteca Ambrosiana, che era stata aperta al pubblico dal cardinale Federico Borromeo, suo caro amico.
Le pagine del Codice comprendono studi fatti da Leonardo nel periodo compreso tra il 1478 e il 1519 su argomenti molto vari, dall’anatomia alla botanica, dalla matematica alla meccanica e agli studi dei fenomeni naturali. Alcune di esse sono dedicate a Milano e alla Lombardia: tra le altre, si segnalano quelle in cui Leonardo progetta il monumento equestre a Francesco Sforza e studia i Navigli, in particolare la conca dell’Incoronata, per collegare il Naviglio della Martesana alla rete degli altri canali cittadini. Ma la presenza di Leonardo si estende anche a un’altra gloriosa istituzione ospitata nello stesso palazzo della Biblioteca Ambrosiana: la Pinacoteca Ambrosiana, grande museo nato anch’esso grazie a Federico Borromeo, con capolavori, tra gli altri, di Caravaggio e Raffaello. Qui è esposto lo splendido Ritratto di musico dipinto da Leonardo attorno al 1485, sulla cui identità ancora ci si interroga. In passato si ipotizzava raffigurasse Ludovico il Moro, più probabilmente si tratta di Franchino Gaffurio, maestro di cappella del Duomo di Milano dal 1484.
Fin da 1467 tempi di Francesco Sforza, il Naviglio della Martesana porta a Milano le acque dell’Adda, fiume che scorre poco meno di 40 km a est della città. I milanesi lo chiamano anche Naviglio piccolo e lo frequentano soprattutto nelle belle giornate estive, pedalando lungo la ciclovia che lo segue da via Melchiorre Gioia, presso la Cassina de Pomm, fino a Trezzo sull’Adda, dove in frazione Concesa si trova la derivazione dal fiume. Quando Leonardo arriva a Milano, però, il Naviglio della Martesana non è un luogo di relax ma una importante via di collegamento, utile all’irrigazione dei campi e per i trasporti. E ha un grosso problema: corre su un livello diverso rispetto al resto del sistema dei Navigli e, dunque, non può essere collegato alla rete dei canali cittadini. Ludovico il Moro fa appello alle capacità ingegneristiche di Leonardo per superare quel dislivello, e il genio toscano risponde progettando la chiusa della conca dell’Incoronata. Ma gli studi si estendono a tutto il corso del Martesana e soprattutto all’Adda.
Leonardo nei suoi soggiorni lombardi osserva più volte il canale e il fiume da vicino, soprattutto negli anni 1511-13, quando è ospite del suo allievo Francesco Melzi nella villa Melzi d’Eril a Vaprio d’Adda. Lo raccontano vari disegni del Codice Atlantico e del Codice Windsor, ma anche alcuni dei dipinti leonardeschi più noti: il paesaggio roccioso della zona compresa tra Brivio e Vaprio d’Adda si riconosce, ad esempio, nello sfondo di entrambe le versioni della Vergine delle rocce.
Oggi il tratto del fiume compreso tra il comune di Imbersago a nord e quello di Cassano d’Adda a sud, insieme alle bellezze delle sue sponde, rientra nell’Ecomuseo Adda di Leonardo.