Casa Museo Boschi di Stefano
Siete nel quartiere di corso Buenos Aires, oggi un distretto molto denso e commerciale ma che all’inizio degli Anni ‘30 era ancora una zona ricca di aree verdi. In via Giorgio Jan 15, la palazzina dalla caratteristica struttura ad angolo fu progettata da Portaluppi tra il 1929 e il 1931. Nelle sue linee pulite, il tocco dell’architetto si riconosce subito dai balconi e dai bow-window, oltre che dalla sobria decorazione su tre fasce della facciata. Anche gli interni della casa incarnano perfettamente lo stile che Portaluppi elabora negli Anni ‘20, unendo funzionalità e grazia art déco. Ne sono un esempio le decorazioni geometriche dei pavimenti, le linee delle ringhiere delle scale e dei cancelli dell'ascensore, giocate tra il liberty e il razionalismo, come i decori di porte e finestre. Quello che rende questa casa ancora più speciale è lo splendido appartamento del secondo piano, una dimora altoborghese, trasformata in un museo e visitabile grazie ai volontari che partecipano all’iniziativa Aperti per Voi del Touring Club Italiano. Oltre agli arredi originali, vi sono esposte circa 300 delle opere della collezione dei due proprietari, Antonio Boschi e Marieda Di Stafano, mecenati del ‘900. Tra queste opere brillano quelle di Mario Sironi, Lucio Fontana, Carrà, Morandi, Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, a cui si deve l’opera simbolo del museo, la surreale e perturbante Annunciazione.
Civico Planetario “Ulrico Hoepli”
A due passi dai bastioni di Porta Venezia, nel rilassante contesto dei giardini Indro Montanelli, spunta il classicheggiante, ottagonale edificio del Civico Planetario “Ulrico Hoepli”, realizzato da Portaluppi tra il 1929 e il 1930, in collaborazione con Emilio Bianchi, l’allora direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera. Fu commissionato dall’italo-svizzero Ulrico Hoepli (dell’omonima casa editrice), il quale a sua volta lo ha donato alla città: “Alla Generosa Milano, mia patria d’adozione, dono, con animo riconoscente, il Planetario”. Il nastro di inaugurazione fu tagliato il 20 maggio 1930.
Si presenta come un tempietto neoclassico, con una grande cupola che, all’interno, è occupata dallo spazio della volta celeste su cui un grande strumento planetario con lenti Zeiss proietta l’immagine degli astri e i loro movimenti. Nel 1969, in un clima di generalizzata passione per l’astronomia da parte del pubblico, fu trasmesso il primo sbarco dell’uomo sulla luna in diretta.
Quasi di fronte al planetario, sul lato opposto della strada di corso Venezia si vedono altri due celebri edifici residenziali di Portaluppi, tra loro diversi: ai numeri 60-64 c’è il palazzo Buonarroti-Carpaccio-Giotto con l’inconfondibile e monumentale arco che cattura subito lo sguardo; ai numeri 20/22 si trova Casa Crespi, una palazzina donata dai due proprietari in comodato d’uso al FAI, che la apre per le visite: se ne ammirano ancora intatti gli arredi, i pavimenti e le suppellettili degli Anni ‘30.
Non molto distante è il palazzo Crespi che si staglia nella sua classica eleganza sull’angolo piazza Meda-corso Matteotti, infondendo un effetto di dinamismo architettonico al contesto.
Villa Necchi Campiglio
I coniugi Necchi Campiglio, industriali lombardi dell’alta società, commissionarono questa villa a Portaluppi senza porgli limitazioni di budget. L’architetto la realizzò tra il 1932 e il 1935 seguendo i canoni del razionalismo italiano, con gli interni caratterizzati da elementi déco. Gli arredi e le decorazioni sono di rara raffinatezza e impreziositi da capolavori d’arte che portano il nome di Canaletto, Tiepolo, De Chirico, Arturo Martini, Picasso, Modigliani, solo per citarne alcuni. Il giardino con rare essenze botaniche circonda una piscina classicheggiante e riscaldata, la prima realizzata in una dimora privata milanese. A colpire è l’armonico insieme che rivela lo stile di vita e il gusto della famiglia proprietaria, da un lato, e l’assoluto genio artistico di Portaluppi, dall’altro. Grazie al restauro eseguito nel 2008, la villa è aperta al pubblico e ospita anche manifestazioni dedicate alla floricoltura. Nel 2009, Luca Guadagnino vi girò il film Io sono l'amore con protagonista Tilda Swinton.
In uno stile diverso ma altrettanto pregiata, seppur attualmente non visitabile, è la Casa degli Atellani, in corso Magenta 65: prezioso esempio rinascimentale, fu restaurata negli Anni ‘20 da Portaluppi che ha dato libero spazio al suo genio architettonico e decorativo negli interni e nei giardini.
Arengario e la pavimentazione di piazza del Duomo
Arengario ha la stessa etimologia della parola “arringa” e, infatti, era l’edificio da cui si tenevano i discorsi rivolti al popolo. La sua costruzione cominciò nel 1939 ad opera di una squadra di architetti tra cui Portaluppi, parallelamente all’edificazione del suo edificio gemello. Al suo interno, oggi, è allestito il Museo del Novecento. L’edificio si affaccia sulla piazza del Duomo. Per osservare l’elegante pavimentazione della piazza l’ideale è la prospettiva dall’alto, affacciandosi dalle terrazze del Duomo o dalla torre dell’Arengario, occupata dalla sala con il Soffitto spaziale e la Struttura al neon entrambe di Lucio Fontana. Da qui la piazza, realizzata nel 1929 proprio su disegno di Portaluppi, appare disegnata a motivi regolari in pietra e marmi.
Con pochi passi si raggiunge via Festa del Perdono su cui si affaccia la prestigiosa sede quattrocentesca della Ca’ Granda-Università degli Studi di Milano.edificata in origine come Ospedale Maggiore e al cui progetto di trasformazione e restauro dopo la guerra partecipò dal 1951 anche Portaluppi, insieme a un’équipe di tecnici. Sua è la realizzazione di un riuscito accostamento di moderno e antico e un grande lavoro di recupero del materiale autentico. La nuova sede fu inaugurata nel 1958.