Lodi Vecchio
Lodi Vecchio dista appena una decina di chilometri dalla barriera Milano Sud dell’Autostrada del Sole. Eppure siamo in un altro mondo rispetto alla metropoli, quello ovattato della “Bassa”, come lo chiamano in Lombardia. “Nebbia in Valpadana” cantavano anni fa Cochi e Renato: oggi anche qui la nebbia si vede di rado, ma è rimasta invariata la tradizione casearia. Nelle vetrine delle gastronomie, passeggiando per le vie del centro, è impossibile non notare la raspadüra, sfoglie sottili di formaggio Grana Padano giovane (o Granone Lodigiano) ideali, ad esempio, per arricchire il risotto alla milanese. Da piazza Vittorio Emanuele II, dove affaccia la chiesa di S. Pietro, seguendo via della Libertà arriviamo, quasi ai bordi del paese, alla basilica dei XII Apostoli, aperta solitamente di pomeriggio (meglio, in ogni caso, contattare il parroco). Usciti da Lodi Vecchio, per strade provinciali andiamo in cerca del Lambro, che scorre un paio di chilometri a ovest. Attorno a noi, un panorama pianeggiante e uniforme fatto di campi coltivati, cascine e moderne aziende agricole. Il fiume scivola verso Sant’Angelo Lodigiano, dove meritano una visita il Castello Bolognini, nel centro storico, che ospita ben tre musei, e la Casa natale di Santa Francesca Cabrini, fondatrice della congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. A nord del castello, il corso d’acqua che taglia in due Sant’Angelo non è il Lambro ma un canale artificiale suo affluente, il Lambro Meridionale, che nasce a Milano.
San Colombano al Lambro
Seguendo la riva destra del Lambro – quello vero, non il Lambro Meridionale – usciamo da Sant’Angelo in direzione sud. All’altezza di Graffignana una deviazione porta a Borghetto Lodigiano, dove il Piccolo Museo dei Lavori umili, all’ultimo piano di palazzo Rho, raccoglie attrezzi e utensili di attività agricole e artigianali scomparse. Un interessante tuffo nel passato quando qui si coltivavano campi e si allevavano animali e c’era poco altro. Con portata sempre maggiore, il fiume prosegue lambendo il colle dove sorge San Colombano al Lambro, segnando per un breve tratto il confine fra le province di Lodi e Pavia. San Colombano non appartiene né all’una né all’altra: è un’exclave della città metropolitana di Milano, cui è legata da profonde ragioni storiche. A presidio della zona già ai tempi di Federico Barbarossa fu costruito il castello, maniero in cui nel 1353 “ebbe stanza regale” Francesco Petrarca, come si legge sulla targa commemorativa. A San Colombano nacque il beato don Carlo Gnocchi, presbitero che si prodigò per la cura degli orfani e dei piccoli invalidi della seconda guerra mondiale. In via Vittoria, una lapide indica la sua casa natale. Sulle pendici del colle di San Colombano si stendono vigneti di Croatina, Barbera e Chardonnay da cui si ricava il vino San Colombano Doc.
Orio Litta
A poco meno di 10 km da San Colombano, ecco Orio Litta. Ci si arriva attraversando il Lambro un’ultima volta, all’altezza di Lambrinia, prima che le sue acque si uniscano a quelle del Po e corrano insieme verso l’Adriatico. Il campanile che si vede da lontano è quello della chiesa di S. Giovanni Battista, che svetta sui tetti del paese dall’inizio del ’600. Per secoli l’agricoltura è stata l’asse portante dell’economia locale (Orio deriverebbe dalla parola latina horreum, granaio), grazie anche alle bonifiche medievali dei monaci benedettini. Poi, con la ferrovia inaugurata a fine ’800, arrivò l’industria, oggi ridimensionata. Ai margini meridionali del centro abitato, Villa Litta Carini è un’elegante residenza della metà del ’600. Per salutare il Lambro, meglio se al tramonto, il consiglio è salire sulla torre panoramica della Grangia Benedettina, a due passi dalla chiesa: questo antico complesso monastico, oggi trasformato in ostello, da secoli è un punto di sosta per i viandanti che transitano da qui. Sì, perché Orio Litta è una tappa della Via Francigena, l’antica strada di pellegrinaggio che da Canterbury porta verso Roma. Prenotando per tempo, si può pernottare proprio nella torre.
Codogno
Usciamo da Orio Litta costeggiando il campo sportivo comunale e in poco più di 2 km arriviamo a Ospedaletto Lodigiano, centro agricolo che, lo si intuisce dal nome, sorse intorno a un ospedale, inteso nel senso di luogo di accoglienza per viandanti e pellegrini. Uno dopo l’altro sfilano veloci i capannoni industriali e, superata la ferrovia, la provinciale 234 conduce a Casalpusterlengo: più distanti dalla strada, spuntano qualche cascina e qualche casolare abbandonato. Ancora 5 minuti e siete a Codogno, meta finale del nostro itinerario nonché comune di riferimento per tutto il Basso Lodigiano, un centro agricolo cresciuto con lo sviluppo economico. Fu qui che Francesca Cabrini fondò la congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, come racconta il Museo Cabriniano, nei locali della prima Casa fondata dalla futura santa. Per le vie della cittadina, palazzi neoclassici e ville in stile liberty, come Villa Biancardi costruita su progetto di Gino Coppedè. Qualche chilometro a ovest il Lambro si è già tuffato nel Po, il Grande Fiume, che in questo tratto procede ad anse tortuose tra le campagne: quale occasione migliore per raggiungerne l’argine e assaggiare, in una delle tante trattorie, pisarei e fasò e rane fritte...