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Arte e cultura
Lombardia: il Liberty a Milano

Una passeggiata nei luoghi del Liberty milanese

Tipologia
Percorso a piedi
Durata
2 giorni
Numero Tappe
5
Difficoltà
Facile

Lo sappiamo tutti, Milano è sinonimo di moda e design, una città creativa e attentissima alle nuove tendenze, anche quelle in arrivo dall’estero: una vera trend setter aperta all’innovazione, sempre pronta a rinnovarsi. Forse, però, non tutti sanno che Milano era così già 120 anni fa… All’inizio del ’900, infatti, la città abbracciò con grande entusiasmo il nuovo stile floreale che furoreggiava nel resto d’Europa. In Francia lo chiamavano Art Nouveau, a Vienna Jugendstil, da noi prese il nome di Liberty. Sbarcò in Italia con l’Esposizione di Torino del 1902 ed ebbe la sua consacrazione proprio a Milano con l’Expo del 1906. Esprimeva la ribellione delle anime più sensibili all’appiattimento estetico portato dalla rivoluzione industriale. La produzione meccanizzata degli oggetti aveva dimenticato la bellezza, e lo stesso stava accadendo all’architettura. Il Liberty recupera invece la cura del dettaglio tipica dell’artigianato, grande eccellenza italiana. Anziché alla meccanica si ispira alla natura, riproducendone le forme organiche, i colori vivi, le asimmetrie e le linee sinuose. Può sembrare paradossale che questo stile abbia preso piede proprio a Milano, capitale industriale d’Italia, ma l’obiettivo dei profeti del Liberty era riformare la produzione dell’industria, rendendola elegante e creativa… Nasceva così il concetto di design, unione proficua di funzionalità e bellezza.
In realtà, già prima del 1906 Milano aveva manifestato interesse per il nuovo stile. Palazzo Castiglioni in corso Venezia (1901-04) ne è considerato il manifesto: fu il primo edificio a introdurre caratteristiche ricorrenti come le decorazioni sinuose in ferro battuto, le sculture in cemento sulla facciata, la valorizzazione delle arti applicate nelle vetrate e negli interni. Proprio la zona di corso Venezia e Porta Venezia fu la culla del Liberty milanese: passeggiando per il quartiere si ammirano le luminose piastrelle di casa Galimberti, le ringhiere di casa Guazzoni e la facciata “floreale” dell’ex cinema Dumont. Tra corso Venezia e l’asse di viale Majno e viale Bianca Maria si sviluppa il Quadrilatero del Silenzio, quartiere dove tra finezze e bizzarrie liberty si incontrano anche architetture art déco. Passando per villa Necchi Campiglio si arriva fino a casa Campanini, in via Bellini. Non lontano, nel parco Vittorio Formentano, si trova la Palazzina Liberty amata dal premio Nobel Dario Fo. Ci spostiamo poi in centro. Vicino al Castello, nel parco Sempione, si incontra l’Acquario Civico, unica testimonianza rimasta dell’Expo del 1906. A due passi dal Duomo si visita infine la piazza del Liberty, dove lo stile floreale convive con l’architettura contemporanea. È la Milano che si rinnova rimanendo se stessa: siamo sotto la Madonnina, nella città dove “se viv la vita e se sta mai coi man in man”.

Corso Venezia

Il Museo civico di Storia naturale in corso Venezia

Partiamo per la nostra passeggiata nel Liberty milanese da corso Venezia, l’antico corso di Porta Orientale: si allungava dal centro verso la porta omonima, a nord est del Duomo, da cui si potevano raggiungere Bergamo e Monza. Da oltre un secolo è uno dei “salotti buoni” della città, un viale fiancheggiato dalle sedi di banche, grandi aziende, marchi della moda e prestigiose istituzioni culturali immerse nel verde, come il Planetario Ulrico Hoepli e il Museo civico di Storia naturale, con la sua fiabesca architettura in stile eclettico. Percorrerlo significa entrare in un trattato di storia dell’architettura otto-novecentesca, tra facciate neoclassiche, eclettiche e liberty: i confini tra gli stili si rivelano spesso molto sottili, i palazzi dialogano armoniosamente tra loro. Qui il Liberty fece il suo ingresso trionfale a Milano grazie a Giuseppe Sommaruga, che nel 1901-04 progettò il sontuoso palazzo Castiglioni per accontentare un ricchissimo imprenditore di cultura cosmopolita. Il giovane architetto viaggiò tra Londra e Parigi per documentarsi sullo stile Art Nouveau e il risultato finale lo proiettò verso la fama, tra entusiasmi e scandali per le statue troppo “discinte”, poi pudicamente spostate a villa Faccanoni (altro bel progetto liberty del Sommaruga, in via Buonarroti). Una volta raggiunti i caselli neoclassici di Porta Venezia, antica Porta Orientale, basta proseguire per pochi passi verso via Malpighi e via Frisi per scoprire altri gioielli del Liberty: la coloratissima casa Galimberti, l’elegante casa Guazzoni e l’ex cinema Dumont.

Quadrilatero del Silenzio

Palazzo Berri-Meregalli di Ulisse Arata tra via Cappuccini e via Vivaio

Da corso Venezia, passando sotto l’arco monumentale del palazzo della Società Buonarroti-Carpaccio-Giotto si entra nel cosiddetto Quadrilatero del Silenzio, un condensato di gioielli d’architettura immerso in una dimensione di calma irreale, soprattutto in una città frenetica come Milano. Già l’arco merita attenzione, fu progettato da Piero Portaluppi negli Anni ’20. Poi si passeggia attorno alla riservata piazza Eleonora Duse, tra via Serbelloni, via Mozart, via Cappuccini e via Vivaio, dove l’urbanistica ricorda gli angoli più eleganti della Vienna di fine ’800 o della Barcellona del Modernismo. Palazzi elegantissimi, riccamente decorati eppure mai eccessivi, con le loro facciate eclettiche, in stile Liberty o Art Déco, rievocano le atmosfere della Milano fin de siècle, ricca e colta, aristocratica e altoborghese. Tra ’800 e inizio ’900 la città era in piena espansione e qui, in terreni periferici ancora semi-rurali, ai migliori architetti fu permesso di esprimere tutto il loro genio e di abbracciare la modernità, senza dover rispettare vincoli preesistenti. Non perdete una visita a villa Necchi Campiglio, capolavoro art déco di Piero Portaluppi che conserva ancora tutti gli arredi originali. Una volta usciti, divertitevi a cercare la facciata completamente “verde” di rampicanti di villa Zanoletti (via Mozart 9), i bizzarri volumi in mattoni rossi di palazzo Fidia (via Melegari 2) e i fenicotteri rosa che popolano il giardino di villa Invernizzi (via Cappuccini 7). A due passi, al civico 8, se trovate aperto, affacciatevi nell’atrio dell’eclettico palazzo Berri-Meregalli per vedere la Vittoria alata scolpita da Adolfo Wildt, lo stesso autore dello straniante citofono-orecchio di casa Sola-Busca, in via Serbelloni 10. Si dice che basti sussurrare un desiderio per vederlo realizzato! Uscendo dal Quadrilatero del Silenzio in direzione del Conservatorio Giuseppe Verdi, in via Bellini 11 si incontra una delle più leggiadre architetture milanesi in stile Liberty, casa Campanini.

Palazzina Liberty Dario Fo e Franca Rame

La Palazzina Liberty Dario Fo e Franca Rame nel parco Vittorio Formentano

Da via Bellini, dove sorge la casa Campanini, una bella camminata lunga poco più di 1 km conduce al parco Vittorio Formentano di largo Marinai d’Italia, forse la tappa più inattesa del nostro viaggio nella Belle Époque milanese. Per raggiungerlo si attraversa piazza 5 Giornate, dominata dal monumento-simbolo della Milano di fine ’800: il grande obelisco che celebra le 5 Giornate di Milano, opera in stile eclettico di Giuseppe Grandi che anticipa la sensibilità del Liberty. Nel parco Formentano sorge la cosiddetta Palazzina Liberty, che già dal nome spiega la ragione di questa passeggiata. È un elegante edificio bianco dalle ampie vetrate costruito nel 1908 su progetto dell’architetto Alberto Migliorini, come caffè-ristorante e punto d’incontro per i nuovi mercati ortofrutticoli milanesi, effettivamente inaugurati nel 1911 e rimasti qui fino al 1965. Dello storico mercato è sopravvissuta solo la palazzina, con la sua raffinata struttura rettangolare dotata due absidi sui lati corti, impreziosita da motivi decorativi floreali piastrellati nella fascia più alta e capitelli con musi di leone. Nonostante il suo indubbio valore storico e artistico, la Palazzina Liberty ha vissuto alterne fortune. Abbandonata all’incuria fino al 1974, fu occupata dal collettivo teatrale di Dario Fo e Franca Rame, ai quali è ufficialmente intitolata. In seguito fu destinata a diverse attività ricreative, musicali e culturali, per poi cadere nuovamente nel degrado. Dopo vari episodi di vandalismo, il vento sta cambiando: a fine 2023 sono stati finalmente affidati i lavori per il maxi-restauro di esterni e interni, che dovrebbero concludersi nel 2026 (ma l’edificio sarà fruibile già prima della fine del restauro), per riportare questo luogo emblematico della storia milanese ai fasti del passato.

Palazzina Liberty Dario Fo e Franca Rame
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Maggiori Informazioni

Acquario Civico di Milano

La facciata dell’Acquario Civico di Milano

Lasciamo ora la zona di Porta Venezia per fare due passi nel verde di parco Sempione, in cerca di tracce dell’Expo milanese del 1906, allestita proprio qui per celebrare le nuove tecnologie dei trasporti e l’apertura del traforo del Sempione. L’unica testimonianza rimasta di questo grande evento della Belle Époque è l’Acquario Civico di Milano, un’elegante palazzina in stile Liberty viennese progettata dall’architetto Sebastiano Locati e restaurata tra il 2003 e il 2006. La struttura è chiusa sul retro da un portico semicircolare e presenta un’architettura piuttosto semplice, bilanciata però da una grande esuberanza decorativa. Le facciate, infatti, fanno da “spoiler” ai contenuti dell’edificio: qui e là spuntano bizzarre sculture di animali marini (dai tratti esagerati per renderli ancora più esotici) e tondi a rilievo di pesci, crostacei, tartarughe e ippopotami. Tra le finestre del primo piano spiccano anche le raffinate maioliche realizzate dalla ditta Richard Ginori, che rappresentano ecosistemi e piante d’acqua dolce. La facciata principale, poi, è dominata da uno spavaldo Nettuno con tanto di tridente, che sembra quasi sfidarci a entrare.

Piazza del Liberty

Un dettaglio della facciata del palazzo della Società Reale Mutua di Assicurazioni in piazza del Liberty

Il nostro percorso si conclude nel centro che più centro non si può, giusto a 400 metri dal Duomo. Siamo in piazza del Liberty, uno spazio che prende nome dalla facciata del palazzo della Fondiaria Assicurazioni (oggi Società Reale Mutua di Assicurazioni). La facciata fu progettata nel 1905 dagli architetti Angelo Cattaneo e Giacomo Santamaria: rivestita in marmo persichino e botticino, è decorata in uno stile Liberty spiccatamente floreale, che strizza l’occhio al neo-Barocco con una serie di sculture, rilievi e decorazioni ispirate al mondo vegetale che collegano balconi e finestre. Dettaglio non trascurabile: il palazzo introdotto da questa facciata ha un aspetto decisamente moderno… e infatti fu costruito nel secondo Dopoguerra. La contraddizione si spiega facilmente. Un tempo, infatti, la facciata in stile Liberty decorava un edificio poco distante, l’Hotel Corso al n. 15 di corso Vittorio Emanuele II, che fu gravemente danneggiato dai bombardamenti dell’ultima guerra. Quell’hotel, al piano terra, ospitava il celebre Teatro Trianon, dove pare sia stata cantata per la prima volta “O mia bela Madunina” (fun fact: la canzone divenuta inno non ufficiale di Milano fu scritta dal figlio di due immigrati meridionali, Giovanni D’Anzi). L’hotel era ormai perduto ma la facciata poteva essere salvata. L’amministrazione comunale si ritrovò così di fronte a una scelta difficile: anziché abbatterla, decise di recuperarla, spostarla di pochi passi e applicarla al nuovo palazzo della Fondiaria Assicurazioni. È un bell’esempio di riuso e valorizzazione, che ha contribuito a ricaratterizzare un angolo di città che la guerra aveva devastato. Camaleontica, piazza del Liberty recentemente ha cambiato di nuovo volto su progetto del grande architetto Norman Foster, cui si deve l’Apple Store Piazza Liberty, forse il più famoso d’Italia... 

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