Chiesa S. Luca Evangelista
Si parte da Città Studi, il quartiere universitario con i palazzi in stile neoclassico e neogotico che ha il suo centro gravitazionale nel Politecnico di Milano, costellato dagli atenei delle varie facoltà scientifiche. Qui, tra i boulevard alberati e gli isolati composti da schiere di casette multicromatiche, si trova anche la chiesa di S. Luca Evangelista, progettata da Gio Ponti nel 1957. Ha una facciata austera leggermente inclinata verso l’interno, ricoperta di mattonelline grigie a diamante, con un pattern di motivi a croce, fatte di piastrelle lisce. Ha il tetto sporgente e due porte laterali finestrate. Anche il portone d’ingresso è leggermente piegato verso l’interno, con il sottile taglio che segna l’asse di simmetria della facciata. Dall’interno, il portale in legno riprende la forma della capanna, mentre di fronte ad esso si apre la navata centrale, con tetto spiovente, fiancheggiata da due piccole navate laterali; in fondo, l’abside dalla forma trapezoidale. Tre file di pilastri in cemento armato lasciati a vista si susseguono allargandosi verso l’alto dove vanno a convergere con le travi. Lungo i fianchi della chiesa sono dislocate numerose finestrelle colorate di blu, che insieme al sottile inserto di vetrocemento che separa la facciata verticale dal tetto a sbalzo, fanno filtrare la luce naturale.
S. Nicolao della Flue
Nella prima periferia milanese, tra i condomini alberati del quartiere Forlanini, spunta una forma strana: sembra un attrezzo nella fucina di un fabbro o un ferro da stiro in ghisa di quelli che avevano le nonne e che andavano scaldati senza corrente. È la chiesa di S. Nicolao della Flue. L’ha disegnata l’architetto Ignazio Gardella nel 1970, pensandola innalzata su un sagrato sopraelevato rispetto alla strada e appoggiata su un basamento che contiene i locali della parrocchia e il Cinema Teatro Delfino, con corsi per bambini e una programmazione da piccolo cineforum. Ciò che colpisce esternamente è la copertura a vela, anche se il vero shock ottico lo si ha all’interno, dove la copertura esplode in un dinamismo verticale scandito da una serie di telai curvilinei in cemento, a forma di calice, che dividono l’ambiente in 3 navate. La più suggestiva, quella centrale, è molto più alta e crea l’effetto di slancio, illuminata dai fasci che penetrano dalle finestre a feritoia e dalla piccola croce blu sopra l’altare. La sagoma interna ricorda la nervatura di una immensa foglia che si ripiega, suddivisa in elementi strutturali che poggiano su telai curvilinei in cemento armato e tutta rivestita in un materiale che vira su un grigio scuro monocromatico ottenuto dal mix di rame catramato e foglie di caucciù. Questi telai sagomati a calice sottolineano ancor più la spinta verso l’altro.
Chiesa di S. Maria Annunciata in Chiesa Rossa
Giovanni Muzio, l’architetto della celebre Ca’ Brüta, pur non essendo tra i nomi più amati dell’epoca, ha lasciato un’impronta forte sulla città, più di quanto si tende a riconoscere. La chiesa di S. Maria Annunciata nel quartiere Chiesa Rossa è una delle sue opere di maggior fortuna. Conclusa nel 1932, è stata oggetto di un’installazione site specific contemporanea da parte dell’artista newyorkese Dan Flavin. Grazie al suo intervento, con un semplice sistema di neon che illumina in modo permanente l’intero volume di luce verde, blu, rosa e ultravioletta, dall’abside, alla navata principale al transetto, la chiesa ha assunto un volto completamente alterato ed è avvolta da un’atmosfera rockeggiante. La successione cromatica sembra suggerire la progressione della luce che dall’alba sfuma al tramonto, in un percorso molto suggestivo che accompagna il visitatore dall’ingresso all’altare.
Ne scaturisce un Muzio psichedelico, che va visto all’ora del crepuscolo.
Chiesa di S. Giovanni Bono
La chiesa di S. Giovanni Bono vista di lato ricorda l’iconica cappella di Ronchamp di Le Corbusier, per il tetto a rampa curvilinea come fosse una tenda e per il gran numero di finestrelle. Vista di fronte, invece, appare come una piramide acuta e vertiginosa, anticipata dalla vasca slanciata di una fontana. Una piramide in mezzo Milano.
È una forma dinamica e cuspidata realizzata su progetto di Arrigo Arrighetti, lo stesso che negli Anni ‘70 ha disegnato il quartiere Sant’Ambrogio, costituito dalle case popolari che circondano la chiesa, tra le zone di Famagosta e della Barona. Le pareti, sia all’esterno sia all’interno, sono in calcestruzzo a vista, traforate dalle tante finestrelle colorate che sembrano un cielo stellato. Il tetto è una struttura metallica a vista e con copertura a vela, che si inerpica in un vertice in corrispondenza della facciata e poi si abbassa bruscamente nell’area del presbiterio. L’interno è composto di 3 spazi, la navata principale triangolare, la raccolta cappella feriale e una navata laterale con la fonte battesimale: tutti si compenetrano dinamicamente in una visibile asimmetria d’insieme che crea uno spazio mosso e dall’illuminazione variegata.
Chiesa di S. Francesco in Fopponino
Chiesa di S. Francesco in Fopponino è la famosissima chiesa di Gio Ponti degli Anni ‘60, caratterizzata da una facciata che si spalma oltre i confini della chiesa stessa coinvolgendo anche gli edifici parrocchiali confinanti, come le quinte di un grande palcoscenico urbano. L’insieme ricorda quasi una minacciosa astronave con degli occhi sinistri creati dalle aperture a diamante sulla facciata, alcune delle quali bucate a mostrare il cielo dietro: una quinta retroilluminata. La pianta è a esagono irregolare, la forma prediletta da Ponti, un concetto formale già usato anche per il Pirellone. All’interno, la chiesa ha un’enorme navata centrale separata dalle due laterali da pilastri in cemento che vanno a saldarsi con le travi del tetto a capanna. Gli spazi parrocchiali sono ospitati nel seminterrato e tutti gli arredi, le suppellettili sacre e persino le vesti liturgiche sono disegnate da Ponti, che ha anche realizzato in prima persona una Via Crucis in ferro battuto.