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Arte e cultura
Lombardia. Lodi

Piazze, chiese, palazzi: il fascino discreto della Lodi medievale e rinascimentale

Durata
1 giorno
Numero Tappe
5
Difficoltà
Facile

Lodi oggi è una cittadina tranquilla che osserva la frenesia di Milano da 40 km di distanza, quanto basta per conservare la propria autonomia e i propri ritmi di vita, legati alle tradizioni agricole della Bassa lombarda. Alle spalle, però, ha almeno 400 anni vissuti da vera città, 4 secoli a cavallo tra Medioevo e Rinascimento dai quali ha ereditato una delle piazze più belle e accoglienti d’Italia e una serie di monumenti d’inattesa ricchezza: luoghi che si possono visitare anche in una sola giornata con una passeggiata che parte proprio dall’antica piazza Maggiore, oggi piazza della Vittoria.

Signore e signori, benvenuti nella città che per ben due volte fu grande protagonista della storia italiana, e di entrambi quegli episodi conserva memorie tutte da scoprire. La prima volta fu al tempo del leggendario scontro tra Federico Barbarossa e i Comuni lombardi capeggiati da Milano, momento-chiave per le vicende dell’Italia medievale. Lodi, città che avrebbe sempre conservato una vocazione ghibellina, stava dalla parte dell’imperatore e per questo venne rasa al suolo dei milanesi. Fu il Barbarossa in persona a rifondarla sul colle Eghezzone, pochi chilometri a est delle rovine di Lodi Vecchio, nell’estate del 1158. Per la sua fedeltà, l’imperatore ricoprì di privilegi la nuova Lodi e pose le fondamenta di due edifici-simbolo, il Duomo in centro e il Castello a difesa delle mura e della Porta Regale. La seconda volta che Lodi si rese protagonista correva l’anno 1454: la città era ormai caduta sotto il dominio milanese, ma il suo vescovo e il suo comune conservavano una certa autonomia. Qui il 9 aprile, forse nel castello o forse nel palazzo del Broletto, il ducato di Milano, la Serenissima Repubblica di Venezia e i rispettivi alleati firmarono la Pace di Lodi, un trattato fondamentale che garantì 40 anni di pace tra gli Stati italiani, rendendo possibile la fioritura economica e culturale del Rinascimento. I due volti diversi della Lodi rinascimentale, laico e religioso, sono testimoniati dallo sfarzoso Tempio civico della Beata Vergine dell’Incoronata e dal complesso dell’ex Ospedale maggiore. Passeggiando tra un monumento e l’altro capita di incrociare storie affascinanti di bellicosi condottieri rinascimentali e di tesori scomparsi, di antipapi e imperatori, frati arsi sul rogo e perfino di uno scienziato imbalsamatore che, in tempi ben più recenti, assemblò una collezione didattica di veri elementi anatomici umani... 

Piazza della Vittoria

Piazza della Vittoria, cuore di Lodi

Cuore della Lodi medievale era la piazza Maggiore, ribattezzata nel corso del ’900 piazza della Vittoria. Qui si affacciano gli edifici che storicamente simboleggiano il potere religioso e quello politico, ossia il palazzo del Broletto, ancora oggi sede del Comune, e la cattedrale di S. Maria Assunta, il Duomo cittadino. A vederli l’uno accanto all’altro, si ha la netta impressione che a Lodi il potere del vescovo offuscasse quello del Comune, che nel Broletto aveva sede… In effetti per lunghi periodi furono proprio i vescovi a guidare di fatto la città, e per avere conferma del loro prestigio basta guardare le dimensioni e l’eleganza del Palazzo vescovile, che si sviluppa verso via Cavour. Ma torniamo sulla vecchia piazza Maggiore, resa bella e accogliente dagli eleganti porticati che corrono tutt’intorno, tipici delle piazze delle città padane. Osservando le case si può notare che molte di esse hanno la facciata particolarmente stretta. È un’eredità della fitta urbanistica medievale, che qui è rimasta pressoché invariata nei secoli: all’epoca si cercava di condensare sulle piazze il più alto numero possibile di botteghe e abitazioni, dunque si privilegiava lo sviluppo degli edifici in altezza e in profondità, e il tipico appezzamento di terreno edificabile, il cosiddetto lotto gotico, era stretto e lungo. Sotto i portici si muovevano mercanti, comuni cittadini e soldati a cavallo, che potevano restare tranquillamente in sella grazie a una legge che fissava l’altezza minima delle volte. È facile immaginare che i soldati gravitassero soprattutto attorno a palazzo Vistarini, l’edificio gotico all’angolo con corso Vittorio Emanuele II. I Vistarini, infatti, nel ’200 e agli inizi del ’300 erano il casato più illustre di Lodi, bellicosamente schierati sul fronte ghibellino, ma pronti a qualche voltafaccia per conservare il potere… Il popolo non li amava particolarmente e nel 1325 insorse per scacciarli. Ma i Vistarini rimasero comunque una potente famiglia di magistrati e militari, legandosi ai Visconti e agli Sforza: il più illustre fu Lodovico Vistarini, importante condottiero della prima metà del ’500 che si rese protagonista di un duello leggendario con Sigismondo Malatesta a colpi di lancia e mazza ferrata: dopo 3 ore di assalti, il lodigiano ne uscì vincitore.

Cattedrale di S. Maria Assunta

La facciata della cattedrale di S. Maria Assunta a Lodi

La passeggiata sotto i portici di piazza della Vittoria culmina nella visita alla cattedrale di S. Maria Assunta, il Duomo, capolavoro del Romanico padano che con la sua imponenza evoca tutto il prestigio della Lodi medievale. La sua storia è tutt’uno con quella della città: secondo la tradizione, la prima pietra sarebbe stata posata nello stesso anno della fondazione di Lodi, il 1158, dall’imperatore Federico Barbarossa in persona. Più probabilmente i lavori iniziarono nel 1160, ma cambia poco. Sicuramente già nel 1163 furono traslate qui da Lodi Vecchio le reliquie del patrono san Bassiano. Il Barbarossa offrì allora alla cattedrale 35 libbre d’oro, forse anche per accontentare la devota moglie Beatrice di Borgogna, e quel capitale dev’essersi rivelato utile per la conclusione della facciata, avvenuta nel 1284.
Varcato il portale, scolpito da maestranze piacentine, nel Duomo si scoprono capolavori che spaziano dalla scultura romanica a un Giudizio universale tardogotico e alla raffinata pittura della scuola lodigiana del ’500, fino ad arrivare all’arte del secondo ’900 con il mosaico absidale realizzato da Aligi Sassu. La vera epoca d’oro di questa cattedrale fu però il ’400. Immaginate un imperatore e un antipapa che proprio tra queste mura indicono un concilio, un vescovo umanista che riscopre negli archivi capitolari nientemeno che un codice con opere ignote di Cicerone, e un suo successore che qui accoglie musicisti, artisti, architetti d’avanguardia e accumula un vero tesoro. Intanto, dal vicino Broletto arriva l’eco delle trattative tra gli emissari degli Stati italiani che stanno negoziando la Pace di Lodi: un accordo datato 1454, fondamentale per la fioritura culturale della Penisola nella seconda metà del secolo. Tutto questo è accaduto davvero, a opera dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, dell’antipapa Giovanni XXIII e dei vescovi Gerardo Landriani Capitani e Carlo Pallavicino. Purtroppo, buona parte del tesoro del vescovo Pallavicino, il cosiddetto tesoro di S. Bassiano, andò perduta nel 1527, predata dai lanzichenecchi o forse, si dice, nascosta così bene da non essere più ritrovata... Ciò che sopravvisse fu razziato da Napoleone, eppure una parte del tesoro è arrivata fino a noi: la si ammira nel Museo diocesano di Arte sacra, nell’adiacente Palazzo vescovile. Proprio tra il Duomo e il Palazzo vescovile sopravvive un angolo di ’400: è il cortile dei Canonici, un chiostro di misurata eleganza rinascimentale realizzato 1484 da Giovanni Battagio da Lodi.

Tempio civico della Beata Vergine dell’Incoronata

La cupola del Tempio civico della Beata Vergine dell’Incoronata di Lodi

Nemmeno 100 metri separano il Duomo dal Tempio civico della Beata Vergine dell’Incoronata, l’altro monumento imperdibile del centro storico. Si percorre un breve tratto di via dell’Incoronata e ci si ritrova all’ombra dell’unico campanile di questa chiesa tanto splendida quanto insolita, che secondo il progetto iniziale avrebbe dovuto averne due. Via dell’Incoronata, però, è così stretta che si corre quasi il rischio di non vederlo, così come non si vede il monumentale tiburio ottagonale che avvolge la cupola. Per avere un buon colpo d’occhio occorre svoltare in via Solferino e infilarsi nel chiostro alle spalle della chiesa, dove ha sede una scuola di musica. E anche la facciata gioca a nascondino, celandosi dietro un loggiato chiuso da grate. Se l’esterno del Tempio civico appare ritroso, l’interno ha un carattere opposto, quasi sfacciato. All’improvviso, infatti, ci si ritrova in un ambiente ottagonale luminoso e interamente ricoperto di affreschi, ori e altre decorazioni pittoriche, vera summa dell’arte lodigiana (e non solo) del Rinascimento, con capolavori di Bergognone, Callisto Piazza e di molti altri pittori. Tanto splendore è il riflesso della stagione di prosperità vissuta da Lodi tra ’400 e ’500, in particolare sotto il vescovo Carlo Pallavicino, uomo coltissimo e abile politico. Questo strano edificio consacrato alla Vergine venne infatti fondato durante il suo episcopato, nel 1488, per onorare un’immagine della Madonna dipinta all’ingresso di un lupanare, che avrebbe lacrimato e compiuto miracoli. Le povere prostitute che lì abitavano e lavoravano furono scacciate e le loro case abbattute. Al loro posto, Giovanni Battagio da Lodi, allievo di Bramante, progettò questo edificio a pianta centrale, un ottagono sviluppato su due piani e incastonato quasi a forza in un quartiere fittamente abitato. In realtà non fu il vescovo a imporre l’abbattimento del bordello bensì le autorità civili spinte dalla volontà della popolazione, che intese le lacrime della Madonna come ammonimenti contro il vizio. Il vescovo si aggregò, ma fu l’intera cittadinanza a sostenere le spese, con generosi contributi delle famiglie più illustri. Si spiegano così il nome di “tempio civico” e la ricchezza delle suppellettili preziose e degli oggetti devozionali custoditi nel Museo del Tesoro del Tempio dell’Incoronata, ricavato nei sotterranei della sacrestia: solo qui rimane qualche traccia della prima vita di questo luogo, quando sorgevano abitazioni e botteghe, per quanto un po’ particolari…

Tempio civico della Beata Vergine dell’Incoronata
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Maggiori Informazioni

Chiesa di S. Francesco

L’affaccio della chiesa di S. Francesco su piazza Ospitale

Da piazza della Vittoria una passeggiata di 10 minuti lungo via Gaffurio e via Fissiraga conduce alla chiesa di S. Francesco, capolavoro medievale di sobrie forme gotiche rimasto incompiuto nella facciata. La sua fondazione, nel 1280, segnò la fine di decenni di conflitti tra le autorità civili di Lodi, fieramente ghibellina, e i Francescani, che consideravano l’imperatore Federico II una sorta di Anticristo: basti sapere che il Comune, qualche decennio prima, aveva malamente scacciato dalla città l’Ordine fondato da san Francesco e mandato al rogo un frate, subendo per questo l’interdetto papale… All’interno si ammirano splendidi affreschi del ’300 e del ’400 che alternano l’eleganza e la leggerezza del tardogotico alla solidità della pittura del Rinascimento.
La chiesa è il fulcro di un quartiere che racconta anche altri aspetti della Lodi medievale e rinascimentale. A due passi sorge il più grande complesso architettonico a uso civile che il Rinascimento ha lasciato in eredità alla città: l’ex Ospedale maggiore, fondato dal vescovo Carlo Pallavicino per dare assistenza ai malati della città in un unico complesso ospedaliero organizzato in modo razionale, ampliato e modificato nei secoli e tuttora sede del più importante presidio dell’ASST di Lodi. Curiosando all’interno, si possono visitare lo splendido chiostro della Farmacia e l’antica sala capitolare, oggi sede della Collezione anatomica Gorini, che espone numerosi elementi anatomici umani conservati a scopo didattico dallo scienziato Paolo Gorini. La visita è consigliata a chi non si lascia impressionare dai dettagli macabri… Tornando verso il centro, vale la pena prendere via XX Settembre per ammirare, all’altezza dell’incrocio con via Volturno, la facciata in cotto di palazzo Varesi Mozzanica o più semplicemente palazzo Mozzanica. È indubbiamente la più bella dimora rinascimentale della città: fu costruito alla fine del ’400 da Giovanni Battagio da Lodi, lo stesso architetto di formazione bramantesca che progettò il Tempio civico dell’Incoronata.

Castello Visconteo

La Porta Regale e, sullo sfondo, il torrione del Castello Visconteo di Lodi

Il castello di Lodi non sorge nel cuore della città ma in posizione più defilata, a sud ovest del centro, dove un tempo passava la cerchia delle mura. Da piazza della Vittoria ci si arriva con una breve passeggiata lungo corso Vittorio Emanuele II, che sbocca alla vasta spianata di piazza Castello. Questa localizzazione ha una precisa ragione storica. Proprio lì, infatti, ai tempi di Federico Barbarossa si apriva la porta più esposta al rischio di attacchi: la Porta Regale (o Imperiale), che presidiava la strada per Milano, città nemica per antonomasia. Proprio per garantire la difesa della porta, l’imperatore diede ordine di costruirvi accanto il primo nucleo della fortezza. Ironia della sorte, furono i Visconti, signori del capoluogo lombardo, a rendere quella struttura militare un castello a tutti gli effetti, dopo aver conquistato Lodi nel 1335. E furono gli Sforza, successori dei Visconti, a rendere quel castello degno di una grande corte e a dotarlo del suo possente torrione circolare, divenuto simbolo della città. Quasi tutto, però, fu smantellato sotto la dominazione austriaca, quando vennero abbattute anche le mura cittadine. Oggi ciò che resta del Castello Visconteo è sede della Questura di Lodi. Non è facile immaginare quale potesse essere il suo aspetto durante il Rinascimento, quando accolse i delegati degli Stati italiani impegnati nelle trattative per la Pace di Lodi, che secondo la tradizione sarebbe stata stipulata proprio in questo edificio (ma studi recenti spostano la firma ufficiale dell’accordo nel Broletto). È però possibile farsene un’idea guardando, insieme al torrione, i vicini resti della Porta Regale. A lungo la porta è stata ritenuta un “falso storico” ricostruito nel ’900, ma studi del 2021, effettuati durante un restauro, hanno dimostrato l’autenticità del suo nucleo architettonico, strettamente correlato al rifacimento sforzesco del castello: l’ennesima dimostrazione dell’identità medievale e rinascimentale di questa città. 

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