Stadio “Giuseppe Meazza” San Siro
Questione di colori. Provate a chiedere a un tifoso milanese se preferisce il rosso o il blu, e saprete subito se tiene al Milan o all’Inter. Provate a chiedere a un milanese se la linea 5 del metrò è viola o lilla, e vi risponderà viola. Eppure la denominazione ufficiale della linea 5 è “lilla”. Perché? Sarà forse perché a suo tempo l’ATM (Azienda Trasporti Milanesi) ha pensato che il viola è il colore dei paramenti in un periodo triste come la Quaresima? Chissà… Forse la preferenza dipende soltanto dal vecchio affetto per Beppe Viola, grande cronista sportivo, umorista controcorrente, e molto milanese.
Di San Siro, pochi purtroppo sanno in che giorno lo festeggi il calendario ecclesiastico ma tutti sanno – magari perché ci si è andati a sentire Bruce Springsteen o Vasco Rossi – che è lo stadio di Milano. L’importante è che non ci si dimentichi dell’intitolazione a Giuseppe Meazza (Milano, 1910-1979), in milanese Peppìn, due titoli mondiali e 242 gol in 365 partite, spesso considerato uno dei migliori personaggi nella storia del calcio e in assoluto il migliore nella storia del calcio italiano.
Andare al Meazza in un giorno come un altro, senza partite cui assistere, vuol dire visitare il suo Museum & Tour – non per caso con un nome internazionale – che dà anche accesso alle tribune.
Entrambi vicini allo stadio, si intitolano a San Siro l’Ippodromo, che è oggi preceduto da una ricostruzione ipotetica del colossale cavallo statuario inventato a fine ’400 da Leonardo da Vinci per il duca Ludovico il Moro, ma mai realizzato, e l’Ippodromo Maura per il trotto.
La stazione del Metrò 5 più vicina, distante poche centinaia di metri, è San Siro Stadio.
CityLife
C’era una volta la Fiera di Milano. C’era una volta, cioè, la vecchia “Fiera Campionaria”, il vasto conglomerato di padiglioni dove nel secondo ’900 del boom economico le aziende italiane esponevano al mondo i loro “campioni”: i prodotti più significativi, i meglio venduti, a volte soltanto gli speranzosi prototipi per il futuro. C’era una volta, e non c’è più.
Fiera Milano è stata reinventata nel 2005 in ben altre dimensioni, su progetto di Massimiliano Fuksas, nel vicino comune di Rho. Qui in città sopravvivono aggiunte del passato millennio verso le autostrade per i Laghi – tuttora utilizzate per fiere minori sotto il nome di Fiera Milano City – e qualche vecchio padiglione architettonicamente troppo notevole per demolirlo. Al posto della “Campionaria” ci sono invece un centro commerciale, il destrutturato MiCo (Milano Congressi), una serie di bellissimi e invidiabilissimi complessi residenziali, le tre torri polimorfe finanziate da Assicurazioni Generali (il grattacielo “Storto”, su progetto di Zaha Hadid), Allianz (il “Dritto”, di Arata Isozaki) e Price Waterhouse Cooper (il “Curvo”, di Daniel Libeskind), ma soprattutto un vasto e sereno Parco, degno erede delle storie di una volta.
E tutto è a libero accesso, salvo naturalmente gli uffici delle compagnie proprietarie e gli appartamenti residenziali privati. Ci si possono passare ore.
La stazione del Metrò 5 più vicina è Tre Torri, con accesso diretto al quartiere attraverso il CityLife Shopping District: la fermata è semisotterranea – con accanto la serie di vetrine di un centro commerciale quasi esclusivo – ma sbuca sul parco. Il progetto di riqualificazione di CityLife aveva il vincolo di prevedere molto verde, e lo ha rispettato.
Cimitero Monumentale
Milano era appena diventata italiana – con il compimento dell’Unità nel 1861 – che prendeva avvio effettivo il vecchio proposito di offrire un degno luogo di sepoltura centrale alla città in sviluppo. Il concorso pubblico indetto dal Comune fu vinto dal progetto di Carlo Maciachini, un intagliatore della valle dell’Olona, poi formatosi come architetto all’Accademia di Brera. Cominciava a crearsi una vasta articolazione di campi ortogonali, simmetrici rispetto alla forma centrale del cortile d'ingresso, che oggi si estende per circa 250mila metri quadrati. La vocazione laica di Milano – dove venti secoli di Cristianesimo di rito ambrosiano non hanno mai ceduto a forme di integralismo –, è confermata dalla presenza di due riparti con spazi e ingressi autonomi: a ponente per la popolazione cattolica e a levante per la popolazione ebraica.
Il Monumentale gode di fama su scala internazionale. Non è soltanto noto come una meta eminente del cosiddetto “turismo cimiteriale” – qui sono sepolti illustri cittadini come Alessandro Manzoni, Salvatore Quasimodo, ma anche Dario Fo e Franca Rame, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Alda Merini e Arturo Toscanini per citarne alcune –, che in Italia conta corrispettivi altrettanto illustri almeno a Venezia, a Genova e a Roma. Il cimitero è vissuto anche da chi semplicemente apprezza l’arte e la scultura italiane dall’800 a oggi. Le visite, da prenotare, guidano in un vero museo a cielo aperto dove si passano in rassegna piccole e grandi opere a partire dal realismo e dall’eclettismo di fine ’800, poi all’Art Nouveau e al simbolismo del primo ’900, fino agli anni ’30 e ai linguaggi contemporanei, richiedendo soltanto di indossare abiti che non urtino il clima del luogo.
La stazione del Metrò 5 più vicina, direttamente di fronte al cimitero, è Monumentale, perfetta anche per entrare in Piazza Compasso d’Oro a visitare l’ADI Design Museum. Al di là di Via Luigi Nono si estende il vasto centro culturale cui è stato dato il nome di Fabbrica del Vapore.
ADI Design Museum
L’anno fatidico è stato il 1972. Il 26 maggio il MOMA (il Museum of Modern Art di New York) inaugurava la mostra “Italy. The New Domestic Landscape”, un clamoroso successo internazionale di critica e di pubblico i cui effetti durano ancora. Già allora le anagrafiche delle aziende produttrici chiarivano che la capitale globale del design sarebbe stata per un bel po’ – sono passati più di cinquant’anni – Milano.
Due precisazioni. La prima è che in questo caso la parola design indica il progetto per l’architettura d’interni (il “domestic landscape”) e non tutti i campi multiformi del progetto industriale. La seconda precisazione è che la storia dei cinque decenni trascorsi dal 1972 non è stata una strada in discesa, quanto invece una lunga battaglia da parte del Made in Italy – vittoriosa – per tenersi sempre un passo avanti rispetto alla concorrenza internazionale.
Una delle iniziative che, fin da prima della mostra newyorkese, Milano ha organizzato per sostenere questa battaglia è il premio Compasso d’Oro, assegnato ai progetti migliori secondo le decisioni di ampie giurie internazionali di valore indiscutibile. Il museo espone gran parte di questi progetti, molto spesso esibendo gli originali dell’epoca, sempre dandone spiegazione, e organizzando mostre temporanee. Ci si imbatte in macchine da scrivere, automobili, giochi, televisori, manifesti, scritte, insegne. Un vero e proprio viaggio nei ricordi.
La stazione del Metrò 5 più vicina è Monumentale: non occorre nemmeno attraversare la strada.
Porta Nuova
A Milano ci sono tre “Porta Nuova”: gli arconi medievali di fianco al Quadrilatero della Moda di Via Monte Napoleone, i caselli napoleonici lungo i cosiddetti “Bastioni” dove una volta c’erano le mura spagnole, e l’ultima, un intero quartiere più esterno e – questo sì – nuovo. Per i milanesi di oggi, non occorre dirlo, Porta Nuova è la terza.
La selva di grattacieli comincia di fronte alla Stazione di Porta Garibaldi, con lo svettare della torre UniCredit, su progetto di César Pelli, popolarmente detta l’“ago” per il culmine appuntatissimo. Scale mobili salgono (o scendono) in comunicazione con una grande piazza sopraelevata: è la Piazza Gae Aulenti che i “raga” (ragazzi nel gergo giovanile) abbreviano in “piazza Gae” forse ignari dell’intitolazione a una grande architetto friulana che a Milano aveva lavorato molto. Tutta la nuova Porta Nuova è in realtà una spettacolare festa di architettura contemporanea, movimentata e inusuale perfino nei nomi delle strade (un giardino è meritoriamente intitolato alla giornalista russa Anna Politkovskaja), nelle vetrate dei negozi molto più ampie delle normali vetrine e nei dislivelli degli amplissimi passaggi ciclopedonali verso l’Isola o verso il verde parco a gradoni, con altri grattacieli del terziario e parcheggi, che scende pacifico fin quasi a Piazza della Repubblica.
Verso il centro storico, Porta Nuova si fonde con il vecchio Corso Como, che ha risposto alla modernità pedonalizzandosi e trasformandosi di giorno in passeggio anche colto – la Fondazione Sozzani è in sé un’attrazione internazionale – e di notte in fulcro della movida.
La stazione del Metrò 5 più vicina è Garibaldi FS, proprio sul posto.
Isola
La parziale incorporazione del vecchio quartiere Isola nella complessiva Porta Nuova del terzo millennio è particolarmente visibile e vivibile quando da Piazza Gae Aulenti si punta – lasciando sulla destra l’ampia fascia verde della Biblioteca degli Alberi – verso il Bosco Verticale. Quest’ultimo, un noto progetto dell’architetto milanese Stefano Boeri, è in realtà una coppia di grattacieli la cui sostenibilità ambientale urbana è garantita dalla popolazione di piante organizzate su ogni singola apertura all’aria degli edifici.
Anche la Biblioteca degli Alberi, piatta distesa di nove ettari e 135mila piante a parco pubblico fra Porta Nuova e l’Isola, appare impostata a una filosofia del verde urbano. La Casa della Memoria accanto al Bosco Verticale è stata invece voluta dal Comune di Milano per sostenere l’idea che le comunità senza memoria di se stesse sono destinate a non avere futuro.
Di certo vale un passeggio senza fretta lo storico quartiere Isola vero e proprio, un po’ più a nord, un tempo un po’ malfamato, tutto fabbriche, botteghe di artigiani e abitazioni popolari. Oggi è ambito per la sua vivacità un po’ da tutti, giovani, creativi, manager, famiglie: ci sono belle case d’epoca, studi e gallerie d’arte, ristoranti e localini. È servito dai mezzi pubblici, si può andare in bici, e c’è anche del verde, come quello del giardino Isola del Pepe Verde, aperto in base alla disponibilità degli abitanti del quartiere che lo autogestiscono.
La stazione del Metrò 5 più vicina è Isola, quasi al centro del quartiere, verso la Casa della Memoria.
Pirelli HangarBicocca
La direttrice di viale Zara e del parallelo viale Sarca congiunge Milano con quella sua sorta di dépendance industriale che era Sesto San Giovanni, dominata dai giganteschi impianti metallurgici della Falck, oramai dismessi. In maggior parte dismessi sono anche gli enormi stabilimenti Pirelli, che si allineavano qui avendo preso soprannome dalla rinascimentale Bicocca degli Arcimboldi, tuttora compresa accanto al viale nell’area rimasta di proprietà del marchio milanese di pneumatici. Appartenevano, invece, in origine all’elettromeccanica Ernesto Breda – fucina di locomotori, costruzioni ferroviarie, aerei civili e militari, autocarri, motociclette, macchine utensili, agricole e per l’edilizia, chiusa negli anni ’90 del ’900 – i capannoni che sono ora sede dell’Hangar.
Fin qui la storia. Ma oggi l’HangarBicocca, ultima tappa di questo itinerario in “lilla”, è stabilmente risorto come luogo di un’arte contemporanea di livello elevatissimo eppure , non cerebrale e – per chiarire quanto sia davvero accessibile non soltanto in termini di raffinatezza culturale – a libero accesso. Ci sono in pianta stabile imponenti installazioni di Anselm Kiefer (i magici Sette Palazzi Celesti nel buio delle Navate) e di Fausto Melotti (La Sequenza alla soglia da via Chiese) e notevolissime esposizioni di artisti internazionali, in regolare successione nelle diverse stagioni dell’anno. Per dirla in una parola, è un posto dove si sta bene, magari con stupore ma immancabilmente con ammirazione.
La stazione del Metrò 5 più vicina è Ponale: per arrivare all’Hangar si può prendere il bus 51 oppure accettare l’idea di un breve percorso a piedi lungo via Chiese.