Palazzo Chiericati e la Vicenza palladiana
Se volete capire come l’architettura rinascimentale abbia trasformato gli abitati medievali della Penisola, Vicenza è una meta imperdibile. Grazie all’instancabile ingegno di Andrea Palladio, a partire dal ’500 la città a piedi dei Colli Berici si è trasformata in un gioiello architettonico dalle forme classicheggianti. Eleganti facciate simmetriche e candidi colonnati sono alcuni degli indizi per riconoscere la mano del maestro padovano e caratterizzano per esempio il solenne palazzo Chiericati, dal 1855 sede del Museo civico. Dovrete cercare con più attenzione per scovare un altro celebre capolavoro palladiano, il Teatro Olimpico, a pochi passi dal palazzo ma nascosto all’interno di un austero complesso medievale, di cui occupa l’area adibita un tempo a prigione. Una volta dentro verrete proiettati direttamente in una polis greca, precisamente a Tebe, grazie allo straordinario frontescena ideato da Palladio, arricchito dalle scenografie del discepolo Vincenzo Scamozzi. Al contrario, anche il visitatore più distratto non può farsi sfuggire l’imponente Basilica palladiana, colosso marmoreo che da più di 4 secoli veglia sull’animata piazza dei Signori. La ricerca prosegue a sud del centro, dove villa Almerico Capra, detta la Rotonda, è Rinascimento in purezza, un tempio dell’antica Roma nel cuore della pianura padana. Potrebbe apparirvi familiare, e non a caso: per la sua perfezione vanta innumerevoli tentativi di imitazione, soprattutto nel mondo anglosassone, ed è stata d’ispirazione per la Casa Bianca e per la tenuta di Monticello, residenza disegnata da Thomas Jefferson, grande ammiratore di Palladio.
Palazzo Te: l’impronta di Giulio Romano a Mantova
Nel 1524 il marchese Federico II Gonzaga commissionò al giovane pittore e architetto Giulio Romano il restauro delle scuderie di famiglia, situate allora su un’isoletta a sud di Mantova, per ricavarne una residenza di campagna. L’artista, che era stato allievo prediletto di Raffaello, con il progetto di palazzo Te ricreò un angolo della Roma rinascimentale nel cuore della pianura padana, modellato però secondo il proprio personale estro e con diverse trasgressioni agli ideali di equilibrio e armonia dell’architettura classica. Lungo il perimetro esterno dell’edificio noterete per esempio che le facciate sono tutte diverse tra loro. Ma le licenze poetiche alle regole formali del Rinascimento non si limitano a questo: una volta arrivati nel cortile interno del palazzo, osservate con quale libertà variano gli elementi ornamentali, che alternano vivacemente pieni e vuoti, bugnati lisci e rustici, linee dritte e curve, facendo emergere dalle pareti colossali colonne doriche, spezzando la continuità del fregio, i cui pannelli scanalati (triglifi) sembrano quasi scivolare verso il basso. Ancora più scenografici gli interni, che dopo cinque secoli sanno ancora sbalordire, come accadde a Giorgio Vasari, non certo digiuno di capolavori, che definì i progetti di Giulio Romano “non abitazioni di uomini, ma case degli dei”. Federico II Gonzaga ne fu soddisfatto al punto da ospitarvi Carlo V. Grazie al successo di palazzo Te, Giulio Romano venne nominato responsabile dei lavori di Palazzo Ducale, preludio agli splendori di una città che fin dagli inizi del ’400, grazie alla lungimirante politica culturale della famiglia Gonzaga, ha sviluppato un profondo legame con la cultura classica e umanistica, diventando il contesto ideale per accogliere i fermenti rinascimentali. La più ardita impresa urbanistica dei Gonzaga si trova però qualche chilometro a sud-ovest: è Sabbioneta, realizzazione dell’utopia rinascimentale di città ideale voluta da Vespasiano I Gonzaga.
Palazzo dei Diamanti: il Rinascimento estense a Ferrara
Nomen omen, “il destino è nel nome” dicevano i romani, e palazzo dei Diamanti non fa eccezione. Gioiello di nome e di fatto, deve l’enfatico appellativo alle espressive facciate in bugnato piramidale che richiamano la forma del prezioso minerale. Ora sede museale, è uno dei capolavori rinascimentali di Ferrara a opera di Biagio Rossetti, architetto al servizio degli Este incaricato della cosiddetta Addizione Erculea, l’ampliamento urbanistico voluto dal duca Ercole I che tra ’400 e ’500 raddoppiò l’abitato medievale. Per esplorarla partite dal Castello Estense percorrendo la spina dorsale del quartiere, corso Ercole I d’Este. Passeggerete sulle orme di Giorgio Bassani e del suo alter ego, il protagonista de “Il giardino dei Finzi-Contini”, fiancheggiando residenze aristocratiche dall’eleganza discreta. Lungo tutto il tragitto sarete avvolti dal verde dei parchi, accostato alle calde tonalità mattone degli edifici e al rosso ferrarese dei tendaggi. Il palazzo dei Diamanti s’incontra a metà strada, affacciato sul quadrivio degli Angeli assieme ad altre due antiche dimore nobiliari, palazzo Turchi di Bagno e palazzo Prosperi-Sacrati. Poco distante sorge il palazzo un tempo abitato dallo sventurato Giulio d’Este, che venne parzialmente accecato dagli sgherri del fratellastro Ippolito in seguito a una disputa amorosa, poi incarcerato per più di 5 anni dopo aver partecipato a una congiura ai danni dell’altro fratello, il duca Alfonso I. Proseguendo lungo il corso, sulla destra un vialetto alberato conduce al monumentale complesso della Certosa di Ferrara: prendetevi il tempo per passeggiare nei giardini o lungo i porticati, immergendovi nella quieta atmosfera di raccoglimento.