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Idea Viaggio
La Sicilia di Verga

La Sicilia che ha ispirato Giovanni Verga e Pietro Mascagni: un itinerario letterario

Tipologia
Percorso in auto
Durata
5 giorni
Numero Tappe
5
Difficoltà
Facile

Pochi scrittori hanno saputo raccontare la realtà e i paesaggi di Sicilia con il rigore e la partecipazione di Giovanni Verga. Unendo biografia e letteratura, potete tracciare un itinerario con il quale riscoprire gli scenari immortalati dalla sua prosa incisiva ed essenziale. Percorrendo i colli attorno a Vizzini, tra campi bruciati dal sole e infinite distese di stoppie, ritroverete le ambientazioni contadine dei racconti verghiani.

Il paesino e i suoi palazzi signorili fanno da sfondo all’infelice unione tra mastro-don Gesualdo e Bianca Trao; tra i fichi d’India della vicina Cunziria si consuma invece il dramma di “Cavalleria rusticana”, poi diventato un’opera in un unico atto e di grande successo del celebre compositore livornese Pietro Mascagni, interpretato dall’amatissima Eleonora Duse. Il libretto ebbe così tanta fortuna che venne trasposto cinematograficamente prima da Carmine Gallone e poi da Franco Zeffirelli, il quale decise di girarlo proprio a Vizzini.

Ci troviamo in Val di Noto, approfittatene per visitare due perle del barocco isolano. La prima è Caltagirone, città della ceramica da cui prende avvio la novella “Cos’è il re”, la seconda è Catania, patria dello scrittore. Proseguendo lungo la costa, in breve arriverete al borgo peschereccio di Aci Trezza, casa dei Malavoglia. Da ultimo, “scavallando” l’Etna si raggiunge Bronte, dove fortunatamente il tragico episodio narrato in “Libertà” è solo un triste ricordo: oggi potete godervi qualche specialità a base di pistacchio con vista sulla sagoma inconfondibile del vulcano.

Vizzini e la Cunziria: “Cavalleria rusticana” e “Mastro-don Gesualdo”

Vizzini e la Cunziria

Vizzini risuona di echi verghiani. Qui lo scrittore trascorse parte della propria giovinezza e, forse, venne al mondo: il paese contende infatti a Catania il titolo di luogo natio dell’autore, che fu però registrato nel capoluogo etneo. Vizzini mantiene con Verga un legame strettissimo: a questi luoghi egli s’ispirò per l’ambientazione del “Ma­stro-don Gesualdo” e di alcune tra le sue novelle più lette. Inoltrandovi nel labirinto di vicoli del centro storico, costellato da dimore signorili e chiese barocche, vi ritroverete più volte all’incontro tra realtà e finzione letteraria. Per esempio presso il Museo dell’immaginario Verghiano, mostra permanente allestita presso il palazzo che Verga immaginò abitato dai nobili Trao, ma che all’epoca era invece la dimora di un’altra famiglia illustre, i Ventimiglia. L’esposizione comprende una selezione di documenti e cimeli originali, tra cui un’inaspettata raccolta di dagherrotipi originali scattati dallo scrittore, appassionato di fotografia, e una sezione dedicata a pellicole, sceneggiati televisivi e riduzioni teatrali ispirati alle sue opere.

Nelle immediate vicinanze, il lato nord della centrale piazza Umberto I è occupato da palazzo Verga, residenza di famiglia dello scrittore. Sul muro dell’edificio attiguo una targa segnala palazzo Sgan­ci, dove durante la processione della festa patronale viene combinato l’incontro tra Mastro-don Gesualdo e l’aristocratica Bianca Trao; poco lontano, affacciato su via Vittorio Emanuele si trova invece palazzo La Gurna, scenario del banchetto che segue al matrimonio dei due. Di fronte, la chiesa di S. Sebastiano comunicava un tempo con il monastero delle suore benedettine, dove il quindicenne Verga conobbe, innamorandosene, la giovane novizia che gli avrebbe ispirato “Storia di una capinera”.

A Vizzini è ambientata anche “Cavalleria rusticana”, novella da cui è tratta l’omonima opera lirica di Pietro Mascagni. Il melodramma in un unico atto vide calcare il palco la stella Eleonora Duse, a interpretare il personaggio di Santuzza. L’opera ebbe subito un successo immenso e si qualificò come la migliore fra quelle del compositore livornese. Nel 1982 Franco Zeffirelli decise di riprendere cinematograficamente la lirica di Mascagni, ma rendendo al contempo omaggio a Verga ambientando le scene della pellicola proprio a Vizzini, per far rivivere al meglio la novella. Inerpicatevi per le strette viuzze che fanno da sfondo alla drammatica vicenda, per poi puntare verso il luogo del duello fatale tra compare Turiddu e Alfio, la Cunziria, antico borgo disabitato dove case in pietra e opifici in rovina sprigionano un fascino decadente ed evocativo.

Caltagirone: “Cos’è il re”

Balcone di palazzo Ventimiglia

Caltagirone è una meta atipica all’interno di un itinerario verghiano: nota soprattutto per gli eleganti edifici e la tradizione artigianale, appare raramente nell’opera del maestro verista, spesso nominata di sfuggita. Tranne in un caso: la novella “Cos’è il re”, dov’è riportato il gran fermento per l’attesa visita dei Borboni in città, mentre con la consueta acutezza l’autore descrive le preoccupazioni del lettighiere Cosimo, incaricato di trasportare la coppia reale. Alla descrizione delle bellezze cittadine è concesso poco spazio, ma potete comunque scoprirle di vostra iniziativa, partendo da piazza del Municipio o dalla limitrofa piazza Umberto I, su cui affaccia la basilica cattedrale di S. Giuliano. Da qui si prosegue alla ricerca delle realizzazioni che fanno di Caltagirone un museo a cielo aperto del barocco siciliano. Non farete fatica a trovarle: appaiono quasi per magia a ogni svolta, talora in posizione scenografica, come la chiesa di S. Maria del Monte, al termine dell’omonima scalinata monumentale decorata con mattonelle maiolicate, oppure più defilate, come la chiesa del Gesù e il suo splendido prospetto popolato da statue di santi. Presso il margine occidentale della città vecchia sorge la chiesa di S. Giacomo, dove l’umile lettighiere della novella attende l’arrivo del re; la bellezza della facciata e degli interni dissimulano una storia travagliata, fu infatti la prima chiesa a essere ricostruita in seguito al terremoto del 1693, ma venne danneggiata da un altro sisma circa 5 anni dopo e, da ultimo, persino colpita da bombardamenti alleati nel 1943.

Se desiderate portare a casa un frammento di Sicilia siete nel posto giusto: Caltagirone è la città della ceramica, arte ereditata da greci e arabi in cui i calatini sono diventati maestri. Chiese e palazzi sono rivestiti di maioliche dalle vivaci tonalità, e tanto nelle vie principali quanto nei vicoletti laterali v’imbatterete in botteghe artigiane dove scegliere pregiati manufatti per la vostra collezione. Per omaggiare quest’antica tradizione, nel 1965 è stato inaugurato il Museo regionale della Ceramica, coloratissima panoramica sulla produzione storica sicula dalla Preistoria fino agli inizi del ’900.

Tornando a Verga, nella novella Cosimo arriva a Caltagirone dalla vicina Grammichele; approfittando della prossimità tra le due cittadine, potete compiere l’itinerario inverso e visitare la visionaria città esagonale, costruita dalle fondamenta pochi mesi dopo il grande sisma del 1693.

Catania: “Storia di una capinera” e “Una peccatrice”

Cantoria della chiesa di S. Benedetto

Catania, la “figlia nera dell’Etna”, disseminata di edifici storici in pietra lavica, vi conquisterà al primo sguardo, svelando tutto lo splendore di palazzi nobiliari e chiese dalle sfarzose e dettagliate facciate. Scorci ben noti al padre del verismo, che in città trascorse gran parte della sua giovinezza e che qui riposa ormai da un secolo, sepolto sotto una disadorna lastra di marmo nel Cimitero monumentale. Per immergervi nella sua quotidianità dirigetevi in via S. Anna, nel cuore del centro storico, dove nella casa museo Giovanni Verga, si conservano ancora gli interni originali e la ricchissima biblioteca privata. Siete a due passi dal Teatro Antico greco-romano e da via Crociferi, uno dei siti più significativi del barocco catanese. All’imbocco della via passerete sotto un possente arco: è il collegamento tra la Badia Grande e la Badia Piccola, che assieme alla chiesa compongono il convento di S. Be­nedetto, monastero femminile in cui lo scrittore ambientò “Storia di una ca­pinera”, e che fu poi scelto da Zeffirelli come sce­nografia per l’omonimo film. Entrate nel suggestivo parlatorio, dove le monache potevano incontrare i parenti nascoste dietro spesse grate, e luogo del toccante colloquio tra la protagonista Maria e il padre.

La passeggiata letteraria prosegue a Villa Bellini, polmone verde cittadino e sfondo al tragico amore raccontato dallo scrittore nell’opera giovanile “Una peccatrice”; immaginate il giovane Pietro Brusio vagare lungo i vialetti alberati struggendosi di passione per l’affascinante Narcisa. Una curiosità: nel testo il parco è ancora chiamato con l’epiteto popolare di “Laberinto”, l’intitolazione ufficiale al compositore catanese sarebbe avvenuta proprio nel 1866, anno di pubblicazione del romanzo.

Circa 1 km vi separa da piazza Verga, riconoscibile per la fontana dei Malavoglia, dedicata a un celebre episodio del romanzo, il naufragio della Provvidenza, il peschereccio da cui dipendono le fortune dei Toscano. Inaugurata nel 1975, è firmata dallo scultore catanese Carmelo Mendola, abile a fissare la scena nel bronzo con effetti di grande pathos e dinamismo, resi ancora più realistici dai getti d’acqua che sprizzano verso l’alto. Se volete unire alla visita della città anche un’escursione in ambiente incontaminato, la Riserva naturale Oasi del Simeto ha di recente omaggiato lo scrittore con un percorso naturalistico ispirato alla sua novella “Vagabondaggio”, in parte ambientata tra i canneti e le dune ora tutelati dall’area protetta.

Aci Castello e Aci Trezza: “I Malavoglia”

Porticciolo di Aci Castello

Aci Trezza è un nome che risveglia reminiscenze di studio. Chi sui banchi di scuola non ha mai letto almeno qualche pagina di “Fantasticheria” o de “I Malavoglia”? La fama del borgo è indissolubilmente legata al celebre romanzo e all’epopea degli sventurati protagonisti, poveri pescatori “con la pelle più dura del pane che mangiano”, destinati a guadagnarsi da vivere sfidando le onde del “mare bello e traditore”.

Lo scorrere del tempo ha in parte modificato il volto del placido paesino marittimo, ma alcuni angoli di Aci Trezza e della vicina Aci Castello preservano lo spirito degli scenari tratteggiati dal caposcuola del verismo. Passeggiando sul lungomare, vedrete ancora modesti natanti in legno ormeggiati alle banchine e, antistanti alla rada, i faraglioni che affiorano dai flutti in attesa della Provvidenza. Risalendo le viuzze alle spalle del porticciolo di Trezza ecco comparire la Casa del Nespolo, un’umile abitazione ottocentesca che vi proietterà immediatamente tra le pagine del romanzo, in compagnia di padron ’Ntoni, della Longa, di Mena e di Alessi. Tutt’altra atmosfera si respira ai piedi del castello di Aci, massiccia rupe fortificata che incombe sull’abitato. Le murature nerastre sembrano emergere dalla roccia vulcanica e conferiscono alla rocca medievale un aspetto al contempo maestoso e tetro: non a caso scelto da Verga per ambientarvi le leggende gotiche de “Le storie del castello di Trezza”.

Bronte: “Libertà”

Panoramica su Bronte e l’Etna innevato

L’ultima tappa vi porta nuovamente nell’entroterra, alle falde occidentali dell’Etna, dove si adagia Bronte, la città dell’“oro verde” che germoglia dalla nera roccia lavica. Alle falde orientali dell’Etna, invece, una distesa di nero le si contrappone: è la cosiddetta valle del Bove, un’enorme conca di lava che ricopre le pareti del vulcano.

L’oro verde di Bronte è ovviamente il pistacchio, celebrata specialità locale. In ottobre, alla fine del periodo di raccolta, da più di 30 anni la Sagra del pistacchio verde invade le strade cittadine con chioschi e bancarelle: dai primi agli insaccati, ai dolci, re del menu è naturalmente il saporito frutto. La kermesse è l’occasione ideale per scoprire le eccellenze della gastronomia siciliana, ma anche per addentrarvi nel cuore antico dell’abitato, in un dedalo di tortuosi vicoletti, cortili nascosti e sottopassaggi eredità della dominazione moresca.

Sono i luoghi percorsi dalla folla inferocita in “Libertà”, la novella in cui Verga rappresenta (senza risparmiare i particolari macabri) un episodio storico realmente avvenuto, i cosiddetti “fatti di Bronte”, una violenta insurrezione contro i “galantuomini” (i ricchi possidenti) prontamente punita dai garibaldini in concomitanza con la spedizione dei Mille. Curiosamente, la furia dei rivoltosi lasciò indenne uno dei principali feudi della zona, il castello Nelson, all’epoca posseduto dagli eredi dell’ammiraglio britannico Horatio Nelson e oggi museo civico. Se vi appassiona la storia dedicategli una visita: oltre ai lussuosi ambienti signorili ottocenteschi il complesso comprende anche i resti di un’antica abbazia normanna.

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