Piazza Armerina
Potrebbe sembrare strano che Leonardo Sciascia, uno dei maggiori scrittori del ’900 italiano mettesse Piazza Armerina fra “i paesi lombardi della Sicilia” accanto a “Enna col suo Castello di Lombardia”, e a “Caltagirone, che segna il suo municipio con lo stemma di Genova”, ma effettivamente il secolo di dominazione normanna aveva trasferito qui numerosi coloni dal nord Italia e qualche traccia di questo processo può ancora essere riconosciuta.
Oggi è, comunque, vivacemente siciliano il cuore della città ai piedi dei monti Erei: vie da percorrere senza meta fra quartieri medievali e belle chiese, assaporare ogni passo per scoprire la vita e la storia scolpita in ogni pietra e giungere, salendo, fino al Duomo che, posto nella zona più elevata della città, domina tutto l’abitato. Erede dell’antica chiesa trecentesca, la cattedrale venne riedificata, tra Seicento e Settecento, per volontà del barone Marco Trigona proprietario di Palazzo Trigona, attualmente Museo della Città e del Territorio. Merita di certo una visita anche il castello Aragonese, costruito sul finire del XIV secolo a protezione di un centro storico ricco di fascino e impreziosito dalla presenza di ordini militari medievali, come i Cavalieri di Malta e i mitici Templari.
Inevitabile è una visita alla Villa romana del Casale, con i suoi splendidi mosaici e le sue strutture immerse nel silenzio delle campagne. A poca distanza, ma ancora più circondato dalla natura, si trova il Parco Minerario Floristella Grottacalda, testimone dalla fervente attività estrattiva delle grandi miniere di zolfo otto-novecentesche.
Villa romana del Casale
“Eccezionale qualità, magnificenza e perfetto stato di conservazione”: queste sono le motivazioni che hanno portato l’Unesco a riconoscere il ciclo di mosaici della Villa del Casale, come Patrimonio dell’Umanità, nel 1997.
Stupende scene di caccia si affiancano a scene di vita quotidiana e a decorazioni vegetali in un unicum che stupisce per la sua completezza e evidenzia l’importanza del proprietario che seppe chiamare artisti dal Nord Africa per curare la decorazione della sua villa.
Sicuramente nota è l’immagine delle “dieci fanciulle in bikini”, ossia le dieci atlete, intente per lo più a sollevare pesi, lanciare un disco o a giocare a palla.
La villa rustica del Casale, costruita sul finire del IV secolo d. C., testimonia l’importanza di questi territori in ambito agricolo e pastorale. Una tradizione che nei secoli si è arricchita anche grazie alle numerose sovrapposizioni di popoli e culture donando, anche alla cucina, quelle caratteristiche di mediterraneità tipicamente siciliana.
Non si può certo lasciare Piazza Armerina senza aver gustato un buon aperitivo, magari seduti in uno dei tanti locali del centro storico e assaporando un Piacentinu Ennese accompagnato da un buon calice di vino rosso Sicilia DOC.
Caltagirone
I circa trenta chilometri che separano Piazza Armerina da Caltagirone attraversano caratteristiche distese di fichi d’india presso San Michele di Ganzaria. Si incontrano, poi, agavi, muretti a secco, casali e masserie non sempre ancora in uso, palme, pini ed eucalipti, ma soprattutto ulivi, le piante che più parlano di questa Sicilia d’Oriente. Gli ulivi grandi, quelli contorti e nodosi sopravvissuti alla storia, qui vengono definiti “saraceni” e raccontano, nel nome, un altro tassello dello splendido mosaico che è la Sicilia: greci, fenici, romani, bizantini, arabi, normanni, genovesi, piemontesi, spagnoli…
Caltagirone è un centro storico protetto dall’Unesco per la qualità delle sue architetture barocche, sorte con la ricostruzione dopo il terremoto del 1693. Soprattutto, però, è la città delle ceramiche: la maiolica colorata impera tra sfilate di botteghe con piatti, vasi, portalampade, posaceneri, candelabri, portafrutta, saliere, angioletti e gattini. Tutto è ceramica, dalle piccole edicole votive fino alle alzate della vertiginosa scala di S. Maria del Monte.
Soltanto una quindicina di chilometri più a est, la piazza di Grammichele non è soltanto un esagono perfetto: è anche un’area chiusa al traffico, dove passeggiare vuol davvero dire respirare.
Ci siamo ormai lasciati alle spalle gli Erei di Piazza Armerina, per entrare fra i monti Iblei. Dopo aver preso la strada per Vizzini, la città di Giovanni Verga e cuore letterario di questa Sicilia, si prosegue per Palazzolo Acreide.
Palazzolo Acreide
A sud di Vizzini il percorso rende evidenti i monti Iblei, con altipiani boschivi, massi, antichi uliveti, pascoli spazzati dai venti, pale eoliche che si stagliano all’orizzonte e creano un armonico contrappunto con i dammusi, le tipiche costruzioni in pietra che punteggiano il paesaggio di un sapore arabeggiante. Si può decidere se prendere la deviazione a sinistra per Buscemi, cittadina sospesa e quasi paese museo, oppure proseguire nel silenzio irreale di una Sicilia che scivola verso Palazzolo Acreide.
Anche a Palazzolo, terzo luogo Unesco di questo lembo di Sicilia, il sisma di fine Seicento favorì una fioritura del barocco, come testimoniano la chiesa principale di S. Sebastiano e la basilica di S. Paolo. Fra edifici, strade e ceramiche c’è molto da vedere, ma se si vuole cogliere un po’ più di Sicilia non si può non passare alla casa museo che Antonino Uccello, antropologo italiano del Novecento, volle creare come vero e proprio luogo della memoria etnografica dell’isola, per recuperare il patrimonio culturale della Sicilia contadina e rurale minacciato dalla dispersione derivante da un sempre maggiore flusso migratorio verso le regioni del nord.
Noto
Guidando da Palazzolo Acreide verso Noto, una quarantina di chilometri in tutto, si lascia il paesaggio montuoso per incontrare una piana, un grande pascolo, animali che brucano, casolari rurali, muretti in pietra infiniti. La strada si stringe di nuovo, introducendo un altro paesaggio caratterizzato dalla rigogliosa vegetazione che circonda il torrente Manghisi, habitat ideale della trota macrostigma, l’antico salmonide mediterraneo.
Si può deviare per la provinciale che porta in breve alla Noto Antica, in vita fino al sisma del 1693 che costrinse a rifondare la città più a sud. Nel silenzio delle rovine, si scorgono i resti di un monastero cistercense: era l’antica abbazia di S. Maria dell’Arco ricostruita secondo nuove forme, nella Noto moderna. La statale segue i contorni rocciosi e, attraversando un grande canyon, porta fino al ponte S. Chiara. L’occhio si perde lungo la carreggiata, tra i muri a secco e le ville affacciate sullo strapiombo.
L’itinerario ha attraversato le province di Enna, di Catania e di Siracusa, passando dai monti Erei agli Iblei e oltre. Ora si tira il fiato di fronte allo splendore della Cattedrale di Noto e al respiro lento, profumato, infinito, del centro storico, di questa magnifica città, cuore del barocco siciliano e Patrimonio dell’Umanità Unesco.
Portopalo di Capo Passero
Da Noto verso il capo più meridionale della Sicilia il paesaggio cambia un’ennesima volta: spuntano all’improvviso il giallo e l’arancione degli agrumeti che fanno giardino insieme agli ulivi e ci raccontano una poesia che, più che italiana, è intensamente mediterranea. Lungo il tragitto incontriamo la vecchia ferrovia Noto-Pachino, da tempo dismessa, ora oggetto di un importante progetto di recupero a scopo turistico. La linea, che un tempo serviva al trasporto di vino dal pachinese e di pesce dal porticciolo di Marzamemi, diventerà una vera attrazione turistica: il suo tratto intermedio, infatti, addentrandosi nella Riserva naturale orientata Oasi Faunistica di Vendicari permetterà al visitatore di godere, in modo unico, dell’area protetta. Non possiamo lasciare questo angolo di Sicilia senza aver visitato la città di Pachino e il borgo marinaro di Marzamemi.
Luoghi incantati di arte, cultura e tradizioni: siti archeologici, antiche torri di avvistamento e monumentali tonnare. Terra bramata e abitata fin dall’antichità, che ha sentito parlare sul suo suolo ogni lingua del nostro splendido Mediterraneo. Tanti popoli e tante culture che hanno lasciato, anche nella cucina locale, le influenze più varie di cui il pomodoro Pachino IGP è solo una delle ultime.
Volgiamoci alla costa per raggiungere Portopalo e il suo magnifico mare.
Lo sguardo sul Mediterraneo è un tuffo al cuore, che racconta i sogni delle vite perdute dei migranti ma anche delle fortune oramai terminate dell’aristocrazia locale: il cosiddetto castello Tafuri, una costruzione liberty voluta ai primi del ’900 dai proprietari della tonnara di Capo Passero, è oggi un bed & breakfast.
Spiagge, escursioni in barca, noleggio di maschere e boccagli, il mare di Capo Passero resta comunque un vero sogno, che non è retorica turistica definire cristallino.
Il nostro cammino sta per volgere al termine. Ci dirigiamo verso la punta più meridionale della Sicilia e iniziamo a scorgere in lontananza il mare. Avvicinandoci alla meta, si vede infine affiorare dal mar Ionio l’isola delle Correnti con il suo faro. Il piccolo fazzoletto di terra con la bassa marea si lega alla terraferma e rappresenta il punto più meridionale dell'isola siciliana, geograficamente più a sud di Tunisi e più a nord di Hammamet.