Dal Colosseo alla basilica di S. Sabina all’Aventino
Le suggestioni classiche pervadono l’intero film di Paolo Sorrentino, a cominciare dal Colosseo che si staglia davanti alla terrazza di Jep Gambardella. L’attico con quella meravigliosa vista esiste davvero: si trova al civico 7 di piazza del Colosseo e oggi accoglie una lussuosa struttura ricettiva, ma si racconta che quando il film fu girato era un edificio fatiscente.
Nelle sue stranianti passeggiate romane Jep si reca anche alle Terme di Caracalla, scenografica quinta di uno dei vari giochi illusionistici che Sorrentino dissemina nel film.
Un’altra immersione nella Roma classica è fra i marmi dei Musei Capitolini a palazzo Nuovo, al Campidoglio, dove il misterioso Stefano (Giorgio Pasotti), custode delle chiavi dei palazzi romani, conduce Jep e Ramona (Sabrina Ferilli), in una delle sequenze più memorabili del film, con i volti bianchi delle statue antiche che emergono come fugaci bagliori nel buio del palazzo.
Diverse scene, belle come dipinti, sono girate sull’Aventino, intorno alla basilica paleocristiana di S. Sabina: qui, affacciate al cancello della chiesa, sono le giovani novizie che ridono dei passanti; e qui, nell’adiacente Giardino storico di S. Alessio, è la suora che coglie le arance con la testa immersa nella chioma dell’albero. A pochi passi lungo la stessa via della basilica di S. Sabina si trova anche il Gran Priorato dell’Ordine dei Cavalieri di Malta dal cui buco della serratura si vede la basilica di S. Pietro. Un altro gioco illusionistico creato stavolta non da Sorrentino ma da Giovanni Battista Piranesi, autore del complesso del Gran Priorato nel 1756.
Intorno al Tridente
Ambientato nel mondo dell’aristocrazia romana, “La grande bellezza” fa ampio uso di palazzi aristocratici, e una passeggiata fra le eleganti vie del Tridente consente di individuare parecchie location.
In viale Trinità dei Monti c’è villa Medici, dove Jep, Ramona e l’amico Stefano approdano all’alba dopo la nottata tra palazzi e musei. Sede dell’Accademia di Francia, la villa è visitabile insieme al giardino che si estende per oltre 7 ettari e che conserva in gran parte l’aspetto cinquecentesco originario.
Un’altra scena vede Jep Gambardella accompagnare a casa la bella Orietta, interpretata da Isabella Ferrari, che abita nientemeno che a palazzo Pamphilj, il sontuoso edificio di piazza Navona che si allunga accanto alla chiesa di S. Agnese in Agone: oggi sede dell’Ambasciata del Brasile, il palazzo venne costruito per volontà di Giovanni Battista Pamphilj (1574-1655) che nel 1644 divenne Papa col nome di Innocenzo X. A lui si deve anche la sistemazione della piazza e la realizzazione della Fontana dei Quattro Fiumi.
A pochi passi da piazza Navona, in via di Monte Giordano, palazzo Orsini Taverna compare nel film in due occasioni: nel suo giardino va in scena la ricerca della Santa (Giusi Merli) mentre nei suoi interni abitano i conti Colonna, caduti in disgrazia. Anche il vicino palazzo Sacchetti, in via Giulia 66, è impiegato in più scene: il portone identifica la dimora dei conti Colonna, gli interni sono utilizzati per la casa di Viola (Pamela Villoresi) e del figlio Andrea (Luca Marinelli), mentre il giardino accoglie le corse e i giochi di alcuni bambini insieme a una giovane suora.
In piazza Capo di Ferro, palazzo Spada racchiude la galleria prospettica del Borromini, una delle tappe clou del vagabondaggio notturno fra i palazzi romani; un’altra tappa è palazzo Barberini, sede della Galleria nazionale di Arte antica. Sempre in centro si trova, infine, la bella chiesa dei SS. Domenico e Sisto, dove vengono celebrate le esequie del giovane Andrea.
Villa Giulia e l’ETRU - Museo Nazionale Etrusco
Immersa nel verde fra i giardini di Villa Borghese e la collina dei Parioli, è la villa extraurbana che papa Giulio III si fece costruire nel XVI secolo impiegando fior di architetti, da Jacopo Barozzi da Vignola a Bartolomeo Ammannati, da Giorgio Vasari a Michelangelo Buonarroti.
Oggi è sede dell’ETRU - Museo Nazionale Etrusco ma Paolo Sorrentino non ne sfrutta gli interni bensì il giardino coronato dalla bella loggia a emiciclo disegnata dal Vignola: sulle sue pareti è allestita, infatti, la mostra fotografica dell’artista (fittizio) Ron Sweet che commuove Jep Gambardella. Questa scena è uno dei rari casi di ricostruzione virtuale in post produzione perché non sarebbe stato possibile effettuare un intervento così invasivo sulle logge cinquecentesche di Villa Giulia.
Villa Giulia è stata più volte utilizzata come set cinematografico: da Alberto Sordi per “Amore mio aiutami” (1969) con Monica Vitti, da Dario Argento per “La sindrome di Stendhal” (1996) e più di recente da Gianni Amelio per “Il signore delle formiche” (2022). Oltre che come location cinematografica, Villa Giulia vanta anche un pedigree letterario: qui si tiene infatti la serata celebrativa del Premio Strega, prestigioso riconoscimento letterario italiano.
Gianicolo
È con un colpo di cannone sparato a salve dal colle del Gianicolo che inizia il film di Paolo Sorrentino. Poi, per qualche minuto, la macchina da presa staziona sulla terrazza belvedere alla sommità del colle, aggregandosi a un gruppo di turisti giapponesi che ammirano la fontana dell’Acqua Paola, mentre un uomo si rinfresca il viso, l’autista del bus discute al telefono e un melodioso coro femminile intona il brano “I lie” del compositore statunitense David Lang, che tornerà anche nei titoli di coda. Presenza assidua nel cinema, da “Stasera a casa di Alice” (1990) di Carlo Verdone a “Spectre! (2015) di Sam Mendes della saga di “007”, la monumentale fontana del Gianicolo è anche cantata da Antonello Venditti in “Roma capoccia”. Di fronte alla fontana si apre un panorama mozzafiato sulla Città Eterna, come “testimonia” il turista giapponese che nel film di Sorrentino viene colto dalla sindrome di Stendhal.
Il colle del Gianicolo torna più avanti nel film: alle pendici del colle verso Trastevere sorge infatti il tempietto di S. Pietro in Montorio, capolavoro del Bramante che compare in sogno a Jep Gambardella.
Eur
In una scena de “La grande bellezza” Jep Gambardella spiega con decadente amarezza che un funerale è un evento mondano. Anzi, è l’evento mondano par excellence. Dove ambientare, dunque, il luogo in cui avviene la vestizione per tale evento? Nel suo sublime talento per l’immagine, Sorrentino sceglie le linee nude e solenni dell’architettura razionalista e allestisce la casa di moda nella quale Jep e Ramona acquistano l’abito nero nel Salone delle Fontane dell’Eur, il “quartiere modello” costruito a partire dagli Anni ‘30 in occasione dell’Esposizione Universale di Roma del 1942 (progettata ma mai inaugurata) e che ha nella sua icona il palazzo della Civiltà italiana, chiamato anche “Colosseo quadrato”.
Così diverso dal resto di Roma, l’Eur è una presenza assidua nel cinema italiano. Anche Federico Fellini, che malvolentieri usciva dagli studi di Cinecittà, adoperò per diverse scene di “La dolce vita” le ambientazioni del quartiere razionalista romano, che con le sue atmosfere metafisiche e le sue architetture versatili considerava alla stregua di un teatro di posa. E si può pensare che, girando qui una scena del suo film, Paolo Sorrentino abbia voluto anche rendere omaggio al maestro riminese, da lui menzionato fra i numi tutelari anche nel discorso di ringraziamento per l’Oscar.