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Meta turistica
Lazio. La Sabina e la via dell’Olio

Rieti e l’oro della Sabina

Tipologia
Percorso in auto
Durata
3 giorni
Numero Tappe
4
Difficoltà
Facile

La Sabina è un lembo di terra più o meno ampio, che coinvolge parte dell’Umbria appenninica, l’alto Lazio e il cui capoluogo è Rieti. Montuosa ma con cime poco elevate, fuori dalla rete viaria principale e poco popolosa: tutte caratteristiche che hanno preservato un ambiente per ampi tratti ancora intatto, incontaminato e non affollato dai flussi turistici. Eppure questo pezzo di Lazio, il cui nome deriva dall’antichissimo popolo dei sabini che lo occuparono giungendo vicinissimi al luogo dove sorse Roma, è ricco di tesori.

Da Rieti verso sud, in direzione della via Salaria, sono molteplici gli spunti paesaggistici e panoramici, per la bellezza di una terra per lo più montuosa, coltivata a grano, a ulivi da cui si produce il celebre olio extravergine, a viti scendendo di quota, con antichi borghi come Casperia, Fara in Sabina o Poggio Mirteto, e con angoli densi di spiritualità e cultura, come tra i chiostri dell’abbazia di Fara. Questa, insieme a quattro santuari negli immediati dintorni di Rieti, fanno parte del “Cammino di S. Francesco”, il percorso intrapreso a piedi da Francesco da Labro  fino a Roma lungo la Valle Santa Francescana.

Giorno 1

Rieti

Rieti

Il centro di Rieti si esplora a piedi con piacevoli scoperte: offre, in poco più di mezz’ora, un viaggio nella storia e nel tempo, dall’epoca romana al Rinascimento. Tutta la città è chiusa tra il fiume Velino e le mura medievali ancora oggi in piedi e più volte modificate nei secoli. Capoluogo della Sabina, Rieti è identificata come l’Umbelicus Italiae, l’ombelico d’Italia, da Marco Terenzio Varrone, come testimonia il monumento circolare con il profilo della penisola italiana realizzata negli anni Ottanta in piazza San Rufo. I reatini in realtà lo chiamano caciotta o caciottone, a dimostrazione anche del legame affettivo che intercorre con l’enogastronomia. Girovagando per il centro, nel raggio di pochi passi si possono ammirare la piazza Vittorio Emanuele II, nel punto più alto e centrale della città, con la fontana dei Delfini e il neoclassico palazzo comunale, e poi il rinascimentale palazzo del Governo, la Cattedrale con il campanile romanico, il palazzo Papale con il suo inconfondibile loggiato di arcate gotiche e il teatro Flavio Vespasiano di fine Ottocento. Immancabile la passeggiata lungofiume e una sosta sul ponte Velino che conduce all’imbocco della centrale via Roma, ricostruito dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale e dal quale si scorgono i resti del ponte romano in travertino. Dal ponte potrete guardare l’orizzonte fino ad ammirare il monte Terminillo, dove vanno a sciare i romani.

Con un percorso di soli 48 km circa fuori Rieti vi troverete di fronte a due colpi d’occhio di impatto e suggestione: il primo, in direzione est, è l’eremo di S. Cataldo a Cottanello, e il secondo verso nord-ovest è il santuario di Greccio, letteralmente aggrappato alla roccia e circondato da un bosco di lecci. Quest’ultimo fa parte del percorso della “Valle Santa Francescana” insieme ai santuari di Fonte Colombo, Poggio Bustone e la Foresta.

Giorno 2

Casperia

Casperia

Case e torri in pietra, viuzze e scalinate in un borgo nel quale si entra a piedi attraversando una porta. Così si presenta Casperia, acciambellato su un colle con un panorama che si apre sulla valle del Tevere, il monte Soratte e la bellezza selvaggia dei monti Sabini. Borgo antichissimo citato da Virgilio nell’Eneide, oggi certificato Bandiera Arancione daL Touring Club Italiano. Il suo nome rimanda a un insediamento romano con un nucleo storico medievale che si è mantenuto omogeneo fin dall’antichità, e in cui si sono integrati servizi ricettivi per accogliere i turisti, con negozietti e ristoranti che lo rendono particolarmente piacevole e godibile. Il centro è fatto di giri concentrici, che si stringono fino a culminare nella piazza dedicata a San Giovanni Battista con la chiesa parrocchiale di origini medievali, poi ampliata nel Cinquecento, e che conserva il campanile del 1200. A circa un chilometro, la chiesa di S. Maria di Legarano sorge sui resti di una villa romana.

Abbazia di Farfa

Abbazia di Farfa

Incantevole abbazia, uno dei centri monastici più importanti del Medioevo, talmente importante che arrivò a controllare vaste zone dell’Italia centrale. E anche da un punto di vista culturale ebbe un ruolo prestigioso grazie alla qualità dei codici che produceva nel suo scriptorium. Questo merita sicuramente una visita insieme all’antica biblioteca che conserva oltre 50.000 volumi oltre a manoscritti originali medievali miniati. L’intero complesso è stato dichiarato nel 1928 monumento nazionale. Si rimane colpiti dalla quantità di stili che rispecchiano i diversi periodi della sua realizzazione. In particolare, affascina il chiostrino longobardo con elementi romanici, dal quale si ammira lo scorcio con il campanile decorato da quattro piani di bifore. Dal chiostro grande, seicentesco, si accede invece alla cripta carolingia che conserva un sarcofago romano e pitture murali. E infine, attiguo al grande chiostro, nel Museo civico sono raccolti reperti archeologici e una scenografica installazione dell’illustratore Emanuele Luzzati che racconta la storia dell’abbazia. Oltre l’abbazia, a breve distanza sorge il borgo medievale di Farfa, costruito su un’unica strada con piccoli edifici e basse casette restaurate all’inizio del ‘900, che oggi accolgono botteghe artigiane dove far scorta di prodotti genuini come lo squisito olio di oliva della Sabina ricavato dagli oliveti secolari di questa terra.

Fara in Sabina e la Strada dell’olio

Fara in Sabina e la Strada dell’olio

In Sabina tutto ci parla di olio, del resto è da sempre considerata il regno degli oliveti, rappresentati da una leggenda che ha come protagonista un mastodontico esemplare di ulivo. Lo si può vedere nella tenuta dei fratelli Bertini a Canneto, una frazione di Fara in Sabina, borgo arroccato di origine longobarda, oggi elegantemente ristrutturato. Pare che lo avesse piantato Numa Pompilio, il secondo re di Roma che proveniva da queste zone. Se fosse vero, l’albero dovrebbe avere 2700 anni ma è abbastanza improbabile. È invece più ragionevole supporre che sia stato piantato dai monaci dell’abbazia di Farfa che diffusero la coltura dell’olivo intorno all’anno Mille. In ogni caso l’esemplare ha più di mille anni il che lo annovera tra gli alberi più antichi d’Europa. E le dimensioni sono commisurate all’età: con i suoi circa 30 metri di altezza e 7 di circonferenza - per abbracciarlo non bastano quattro persone - produce fino a 12 quintali di olive con una resa di olio pari a circa 150 chili. Ed è un olio, quello della Sabina, celebrato per la sua bontà, di colore giallo oro dai riflessi verdi, dal profumo fruttato il tutto grazie a terreni poco profondi, ricchi di calcio e riparati dal vento. Per assaggiarlo e scoprirne i luoghi di produzione più significativi basta seguire la Strada dell’olio della Sabina, che offre diversi itinerari uno dei quali passa per Fara in Sabina e l’ulivo millenario. Anche il Museo dell’olio di Castelnuovo di Farfa, a breve distanza dall’abbazia omonima, è uno spaccato della civiltà dell’olio e dell’olivo, che illustra con un itinerario unico oggetti e luoghi più rappresentativi del suo territorio.

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