San Giovanni Fuorcivitas
Il primo segnale forte del centro storico, per chi scende dal treno alla stazione di Pistoia o lascia l’auto in uno dei parcheggi vicini, è la livrea a strisce bianche e verde scuro di San Giovanni Fuorcivitas: basta seguire via XX Settembre e via Francesco Crispi per imbattersi in questo edificio squadrato che a prima vista non rivela di essere una chiesa. San Giovanni non sembra subito una chiesa perché non ha una facciata nel senso tradizionale del termine: quando si esce da via Francesco Crispi su via Cavour si scopre che il portale d’ingresso si apre con poca spettacolarità su un lato dell’edificio. Soffermiamoci anche sul nome. In latino Fuorcivitas significa “fuori città” ed effettivamente, all’epoca della costruzione originaria nel XII secolo, questo luogo non faceva parte del centro cittadino.
Dalla stazione, prima ancora di andare verso il cuore di Pistoia, si può avere un saggio della città di oggi seguendo sulla sinistra via Sandro Pertini: camminando si incontra la Biblioteca San Giorgio, buon esempio di come su un edificio industriale dismesso si possa intervenire con intelligenza. Un tempo qui c’erano le officine San Giorgio, poi Breda Ferroviaria-Pistoiese, dove venivano realizzati vagoni di treni e autobus. Oggi questo spazio, oltre a essere una delle maggiori biblioteche pubbliche in Toscana, è bello da vedere per le campate architettoniche, che richiamano quelle delle vecchie officine, e le opere d’arte contemporanea che vi sono custodite.
San Leone, l’ex chiesa
Via Cavour è piacevolmente pedonalizzata: certi giorni succede di trovare i tavolini dei caffè ma anche bancarelle di mercato. Poco distante, di sfondo a una piazzetta, si trova l'ex chiesa di San Leone, oggi elegante sede espositiva tra affreschi settecenteschi: al momento della visita in città sarà bene informarsi su quale mostra sia in corso.
Nel 2017, quando Pistoia è stata Capitale Italiana della Cultura, proprio una mostra a San Leone aveva fatto scoprire al largo pubblico che la tecnica della terracotta invetriata messa a punto da Luca della Robbia non si esprimeva soltanto a rilievo né soltanto a colori: la sua commovente Visitazione è una statua a tutto tondo, capolavoro di tenerezza oltre che di sacralità. Ora il gruppo statuario si trova di nuovo nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas. San Leone si trova vicinissima alla piazza del Duomo. Il consiglio è di non andarci subito, ma di svoltare a sinistra per via San Matteo, attraversare via Roma e arrivare in pochissimo tempo nella raccolta piazza della Sala: il Leoncino posto nel ’500 sopra il Pozzo tardo-medievale ricorda che allora Pistoia faceva parte dello Stato mediceo fiorentino.
Piazza del Duomo
Il cuore di Pistoia è in questa piazza e davanti alla Cattedrale di San Zeno con il suo Campanile, di fronte al Battistero di San Giovanni in Corte con l’Antico Palazzo dei Vescovi all’angolo. Le suggestioni sono diverse: fra il tono rinascimentale della facciata della chiesa, il gotico del Battistero e il medioevo ripristinato della ex sede vescovile, è difficile decidere quale attragga e affascini di più.
La sintesi che si realizza nella piazza è insieme architettonica, storica e d’ambiente, anche se si tratta in realtà della combinazione di due piazze confinanti: la minore ecclesiastica e la maggiore, alla sinistra della chiesa, invece laica.
Lo spazio più ampio è caratterizzato dal Palazzo del Comune con il suo Museo Civico di Arte Antica, e da altre sedi di funzioni civili come il Tribunale e l’ufficio del turismo.
Cattedrale di San Zeno
Davvero la Cattedrale o Duomo di Pistoia, costruito nell’XI secolo, si presenta come una miscela su grande scala del meglio disponibile in città: bianco e verde scuro all’esterno, come a San Giovanni Fuorcivitas, e terracotta invetriata nella volta e nelle lunette del portale, come all’Ospedale del Ceppo.
C’è anche molto altro. Ci sono l’eleganza dell’architettura romanica alla pisana e l’altezza del Campanile, completato con la sua cuspide molto più tardi. C’è l’interno solenne nella sua semplicità, dove splendono il quattrocentesco Reliquiario di San Jacopo, di raffinata scuola fiorentina e l’Altare, anch’esso dedicato a San Jacopo, che è un capolavoro di oreficeria gotica. Chiese come la Cattedrale di Pistoia sono così complesse e ricche da raccontare, spiegare e sintetizzare che, forse, l’unico consiglio da dare è quello di fermarsi davanti alla facciata a guardare da fuori, poi entrare e respirare l’ambiente, meditando con calma e liberamente su singole statue, singoli affreschi, un singolo candelabro. È qualcosa di più grande di noi, e tutto ciò senza parlare del Battistero che sta a parte.
Ospedale del Ceppo
Dalla piazza del Duomo si può seguire la via che costeggia sulla sinistra il Palazzo del Comune, poi prendere verso sinistra via Filippo Pacini e trovarsi in piazza Giovanni XXIII. Qui non si possono non notare il fregio e i tondi in terracotta invetriata sulla facciata dell’edificio storico, l’Ospedale del Ceppo.
In realtà l’ospedale non è soltanto storico: un presidio medico è ancora in funzione. Il nome informale e il simbolo risalgono, invece, davvero a secoli fa. La tradizione vuole che quando si cominciò la raccolta di fondi per istituire il ricovero, alla fine del ’200, le monete fossero accumulate in un ceppo. C’è anche un’altra versione, quella che un ceppo di castagno fiorisse inaspettato a indicare il sito da scegliere per l’ospedale.
Il fascino del luogo non sta soltanto nello spettacolare fregio esterno. Si tratta di una lunghissima vicenda fatta di cure e di ricerca, che ha toccato nei secoli vertici elevati di qualità, e che oggi è testimoniata non soltanto dal nuovo grande ospedale in periferia ma anche dal Museo dello Spedale del Ceppo che è qui allestito. Di più: nel sottosuolo del complesso ci si può far accompagnare in una visita molto suggestiva grazie alle guide di Pistoia Sotterranea.
Pistoia Sotterranea
Un’apposita scala moderna aiuta a penetrare sotto l’Ospedale del Ceppo in una piccola avventura che la segnaletica giustamente chiama “viaggio nel labirinto della storia”. Una guida accompagna per oltre 600 metri alla scoperta di come un torrente vitale per Pistoia sia stato a più riprese deviato e trasformato in una larga galleria sotterranea attorno a un canale. Ora la galleria è tenuta asciutta e il corso d’acqua sostituito da un camminamento.
Si procede sotto le arcate comodamente ma al centro del percorso, perché ai lati di certi tratti anche un bimbo sarebbe troppo alto. Era un ambiente vissuto, come dimostra l’incontro con quanto resta di mulini, ferriere e lavatoi, tutte attività dipendenti dall’acqua.
La bonifica che ha reso possibile l’accesso ha naturalmente fatto piazza pulita del passato uso del canale anche come fognatura, e ha rivelato stratificazioni costruttive che testimoniano di qualcosa come otto secoli di successivi interventi. I ciottoli di fiume dell’antico letto di torrente erano apparsi nelle prime ricerche disordinatamente scomposti da vasti allagamenti, ma sono stati ricollocati a mano uno per uno.
Fattoria di Celle
Per arrivare alla Fattoria di Celle serve l’auto: la campagna attorno alla villa dei coniugi Gori si trova accanto alla Via Montalese a più di cinque chilometri dal centro storico di Pistoia. La si può raggiungere anche in autobus, ma ci si mette una buona mezz’ora. Per visitarla occorre prenotare in anticipo perché è una proprietà privata e si accettano solo gruppi. Ne vale la pena, però. Le installazioni di artisti contemporanei internazionali distribuite fra campi, alberi, giardini e anche in alcuni affascinanti edifici storici nel verde sono altrettante tracce di una camminata a saliscendi che può durare ben più di un paio d’ore e richiede di rimanere, dall’inizio alla fine, assieme alla guida che conosce il luogo e introduce ciascuna delle soste. L’unico handicap possibile è che piova, perché purtroppo nel caso si deve sospendere la visita. Come è nata questa esperienza del tutto eccezionale? Già poco dopo metà del ’900 Giuliano e Pina Gori avevano cominciato a collezionare arte contemporanea ad alto livello nella loro Prato. Nel 1970 la parte storica della raccolta è stata trasferita qui, e qui si è avviato un programma di arte ambientale che ha coinvolto e ancora coinvolge nomi di primissimo piano spesso in interventi site specific, cioè creati e realizzati sul posto e per il posto. Fra gli artisti che hanno condiviso il progetto fin dagli anni ’80 ci sono stati Fausto Melotti, Dennis Oppenheim, Richard Serra, Mauro Staccioli, Nicola De Maria, Luciano Fabro, Mimmo Paladino, Giuseppe Penone e Michelangelo Pistoletto. Chi apprezza l’arte contemporanea va, insomma, nel proverbiale brodo di giuggiole.