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Arte e cultura
Marche. Luigi Vanvitelli

Architettura del ‘700: Luigi Vanvitelli nelle Marche

Tipologia
Percorso in auto
Durata
4 giorni
Numero Tappe
6
Difficoltà
Facile

Grande architetto ed estroso disegnatore, Luigi Vanvitelli (1700-1773) visse anni importanti della sua carriera nelle Marche. Inviato dai papi in qualità di “architetto di S. Pietro”, Vanvitelli avrebbe costruito, abbellito e rinnovato palazzi e chiese tra Ancona e dintorni.
Cresciuto nello stile del tardo barocco romano, il Vanvitelli introdusse in Italia lo sfarzoso stile rococò, molto in voga in Francia a metà ‘700, anticipando al tempo stesso elementi del neoclassico, soprattutto nella progettazione di chiese e santuari dall’aspetto essenziale, sobrio ed elegante. Per la varietà di influenze e per la versatilità dei suoi disegni, è difficile inquadrare il lascito del Vanvitelli in uno specifico stile architettonico.
Il suo insolito cognome altro non è che una italianizzazione di un cognome olandese: suo padre, Caspar van Wittel, passò gran parte della sua vita a Roma come pittore stipendiato dal Vaticano, e insegnò a dipingere al figlio ancora giovanissimo.
E proprio a Roma Luigi Vanvitelli mostrò i primi segni della sua prodigiosa creatività, prima di essere scelto da papa Clemente XII come architetto pontificio nelle Marche a partire dal 1732.
Da allora per circa 15 anni l’architetto avviò progetti più o meno grandi in quasi tutte le città di questa parte di Adriatico. Ad Ancona, soprattutto, dove la Mole Vanvitelliana e l’arco Clementino figurano ancora tra i principali monumenti cittadini, ma anche in altri luoghi emblematici dell’identità marchigiana, come Pesaro e Urbino, Loreto, Macerata e Recanati.
Un viaggio nelle Marche è sempre una buona idea, per la varietà di paesaggi condensata in uno spazio piuttosto ristretto ma anche per l’incomparabile spirito di accoglienza dei suoi abitanti. Se poi siete anche curiosi di scoprire alcune opere meno conosciute dell’ideatore della Reggia di Caserta, questo itinerario dedicato al Vanvitelli marchigiano farà certamente al caso vostro.

L’ex chiesa di S. Maria Maddalena a Pesaro

L’ex chiesa di S. Maria Maddalena a Pesaro

Partite dalla provincia più a nord delle Marche, Pesaro Urbino, alla ricerca di chiese, palazzi e monumenti disegnati da Luigi Vanvitelli.
Quello di Pesaro è il primo porto delle Marche che si incontra provenendo dalla Romagna, e al mare questa città è molto legata. A Pesaro si va in spiaggia e si va in barca, si pedala sul lungomare e si mangia anche ottima cucina di pesce.
A Pesaro il Vanvitelli ha lasciato segno del suo estro tra i muri della ex chiesa di S. Maria Maddalena, oggi sede espositiva, a pochi passi dalla centralissima piazza del Popolo.
Sotto queste pietre esisteva già da tempo un complesso monastico, interamente rinnovato dal Vanvitelli seguendo un progetto dal disegno raffinato, essenziale, portato a termine da uno dei suoi migliori allievi, Antonio Rainaldi.
Guardando la facciata della chiesa inizierete a notare alcuni elementi tipici dello stile vanvitelliano. Partendo dalle linee curve, a volte concave, altre volte convesse, tipiche del barocco italiano, l’architetto sceglie di ridurre la presenza di statue e nicchie. Parallelamente il progetto nobilita il ruolo di due materiali costruttivi, il cotto e la pietra d’Istria, i cui diversi colori creano un particolare effetto cromatico. 

Dal palazzo Albani alla cappella omonima di Urbino

La fontana antistante palazzo Albani a Urbino

Dalla piatta e docile costa adriatica risalite verso Urbino, circondata da una cornice di colline fertili e scoscese che anticipano il paesaggio degli Appennini. Interamente protetta dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, Urbino deve gran parte della sua fama e la sua bellezza alla signoria dei Montefeltro. Grazie al loro mecenatismo visionario, il piccolo borgo dell’entroterra marchigiano è diventato culla del rinascimento italiano: Piero della Francesca e Raffaello sono solo due dei nomi più famosi tra quelli che hanno reso Urbino un gioiello di arte e architettura.

Sul solco dei geni rinascimentali, Luigi Vanvitelli passò da Urbino una prima volta nel 1728 su invito della famiglia Albani. All’epoca questa dinastia nobiliare poteva contare su due cardinali, Alessandro e Annibale, ben dentro gli intrecci di potere in Vaticano, e fino a pochi anni prima su un papa, Clemente XI, morto nel 1721, di sangue Albani.

Il cardinale Annibale Albani chiamò Vanvitelli per rinnovare il palazzo di famiglia, il palazzo Albani. L’interno fu decorato con stucchi e affreschi e di fronte alla facciata, interamente ristrutturata, si aggiunse una fontana in pieno stile tardo barocco.

Soddisfatto del lavoro, Annibale Albani affidò a Vanvitelli un altro progetto pochi anni più tardi: la costruzione di una cappella familiare da inserire di fianco alla sacrestia del convento di S. Francesco.

Anche nella cappella Albani Luigi Vanvitelli aggiunse un’elegante decorazione a stucco sulle finestre e sui muri. Annibale Albani fece trasportare da Roma un sarcofago paleocristiano, che è poi diventato l’altare centrale della cappella.

Dall’arco Clementino alla Mole Vanvitelliana sul lungomare di Ancona

Il pentagono regolare della Mole Vanvitelliana dall’alto

Quando nel 1732 Clemente XII decise di inviare Luigi Vanvitelli ad Ancona, in Vaticano forse nessuno si sarebbe aspettato che in pochi anni il nuovo architetto di S. Pietro avrebbe rivoluzionato l’aspetto del capoluogo marchigiano. Oggi il lungomare anconetano è intitolato proprio al grande architetto.
Il compito assegnato al Vanvitelli dai mecenati pontifici era quello di rinnovare il porto della città, al quale il Papa aveva appena concesso lo status di “porto franco” con nuove agevolazioni fiscali. Clemente XII voleva così ricalcare le orme del grande imperatore Traiano, che intorno al 100 d.C. aveva per primo ampliato il porto anconetano.
Rispetto ai primi progetti di ampliamento, il Vanvitelli si spinse oltre, ultimando cantieri sempre più ambiziosi. Un lungo molo a nord, prolungamento dell’antico molo di Traiano, avrebbe chiuso in uno stretto abbraccio la rada di Ancona.
Non solo: ai piedi del molo, un elegante arco trionfale doveva accogliere in città i tanti mercanti e ambasciatori, marinai e militari in arrivo ad Ancona. L’arco Clementino avrebbe così dato al porto un nuovo accesso ufficiale da affiancare al ben più antico arco di Traiano, posizionato a pochi metri di distanza.
Con la costruzione della Mole Vanvitelliana, ex Lazzaretto di Ancona, Luigi Vanvitelli raggiunse uno dei momenti più alti della sua espressione artistica. Il progetto, monumentale per dimensioni e calcoli ingegneristici, prevedeva la realizzazione di un’isola artificiale, da installare nel punto più a sud del porto. Questa gigantesca struttura pentagonale avrebbe accolto i viaggiatori marittimi venuti da località esotiche per un periodo di quarantena.
Dismesso il Lazzaretto, la Mole Vanvitelliana è stata nei secoli caserma, magazzino, carcere e anche zuccherificio. Oggi è uno dei fiori all’occhiello del panorama culturale anconetano: vi si tengono esposizioni ed eventi di musica e letteratura, cinema, teatro e arte di ogni tipo.
Prima di proseguire questo viaggio verso Loreto, potrete risalire qualche metro dal porto in direzione est, per osservare da vicino un Vanvitelli di tutt’altro tipo. La chiesa del Gesù mostra un disegno dalle linee sobrie, essenziali, esempio lampante di un graduale avvicinamento al neoclassicismo.

Dal Santuario della Santa Casa al palazzo apostolico di Loreto

Il palazzo apostolico di Loreto

Costeggiando verso sud il pittoresco promontorio del Conero passerete il borgo di Castelfidardo, famoso in tutto il mondo per la produzione di fisarmoniche, per poi avvicinarvi a Loreto. Il celebre santuario domina il borgo e il paesaggio marchigiano: tutto qui si è sviluppato in funzione di questo grandioso complesso monumentale, meta ogni anno di pellegrinaggio, e anche qui Vanvitelli apportò la sua arte.
Nel corso del ‘500 i migliori creatori del rinascimento passarono da Loreto per progettare chiese, palazzi e luoghi di accoglienza e cura per i pellegrini. Il cantiere del complesso religioso proseguì con ripetute modifiche per oltre tre secoli. Anche Luigi Vanvitelli ebbe modo di dire la sua, aggiungendo il campanile del Santuario della Santa Casa, rifinito con quella bianchissima pietra d’Istria che avete già conosciuto nel centro storico di Pesaro.
Sulla sinistra si allunga poi il porticato del palazzo apostolico. Dopo un lavoro plurisecolare portato avanti da Bramante, Antonio da Sangallo il Giovane e Giovanni Boccalini, il Vanvitelli aggiunse qui una nuova, ultima sezione lungo il lato ovest del palazzo, sede dell’Archivio storico e del Museo Pontificio della Santa Casa

La chiesa di S. Vito a Recanati

La chiesa di S. Vito

Il paesaggio marchigiano intorno a Recanati, croce e delizia del poeta Giacomo Leopardi, che qui scrisse capolavori eterni della nostra letteratura, mostra rilievi più boscosi, punteggiati qua e là da terreni agricoli perfettamente disegnati da secoli di lavoro. Sullo sfondo il mare si allontana mentre si avvicinano all’orizzonte le rocce dei monti Sibillini.
A Recanati, Luigi Vanvitelli lasciò testimonianza della sua visione dell’architettura nella chiesa di S. Vito. Nel 1741 il maceratese era stato colpito da un violento terremoto: durante la sua esperienza marchigiana il nostro architettò trovò il tempo per rimettere a nuovo questa piccola chiesa, nel cuore del borgo leopardiano.
Lo stile della facciata della chiesa di S. Vito potrebbe riportare alla vostra mente quel gioco cromatico tra il cotto e la pietra d’Istria che avete visto sulla ex chiesa di S. Maria Maddalena, a Pesaro. A Recanati però il Vanvitelli aggiunge un ulteriore particolare non da poco: le quattro grandi colonne che incorniciano il portone principale sono composte da mattoni di diversi colori, che creano un effetto visivo raffinato, quasi illusionistico.

La basilica della Santa Divina Misericordia a Macerata

La basilica della Santa Divina Misericordia di Macerata

Eccovi arrivati alla fine di questo viaggio nelle Marche tra palazzi, monumenti e tante chiese firmati da Luigi Vanvitelli, prima di trasferirsi a Caserta per dirigere i lavori della sconfinata reggia borbonica.
Dinamica città universitaria, Macerata vive di arte e cultura, ancor più nel periodo estivo, quando il maestoso spazio teatrale dello Sferisterio si riempie di spettatori e artisti per un festival operistico nato oltre 100 anni fa.
Anche Vanvitelli avrà apprezzato lo spirito libero e pulsante di questa città quando, nel 1734, fu chiamato a Macerata da un ricco e nobile committente, Guarniero Marefoschi.  Lo spazio, piuttosto ridotto per dimensioni, su cui avrebbe dovuto lavorare è quello della basilica della Santa Divina Misericordia.
Vi sarete fatti l’occhio, dopo tanta architettura vanvitelliana, e sarete sicuramente capaci di riconoscere un’ultima volta quelle che anche qui sono le sue caratteristiche più evidenti. Il sapiente uso cromatico del cotto; l’utilizzo di linee architettoniche possenti, monumentali e al contempo delicate; la scelta decorativa curata, minuziosa, mirata al dettaglio più che alle dimensioni, come previsto dalle teorie del rococò francese.

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