Marsala
“Indiana Jones e il quadrante del destino”, quinto e ultimo film dell’omonima saga hollywoodiana, è ambientato nel 1969. Dopo una introduzione ricca di colpi di scena tra New York e il Marocco, nella seconda parte della pellicola, Indy e la figlioccia archeologa Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge) iniziano a girovagare tra Grecia e Italia.
Il loro obiettivo è recuperare i resti del quadrante del destino, un miracoloso strumento (di fantasia), ideato dal geniale matematico siracusano Archimede. Se ricomposto interamente, il quadrante sarebbe in grado di far viaggiare nel tempo il suo possessore.
La prima tappa delle peripezie mediterranee di Indiana Jones è ad Atene, dove l’archeologo incontra un suo vecchio amico marinaio, Renaldo (Antonio Banderas) che lo aiuterà a esplorare i fondali dell’Egeo.
Anche le scene greche del film sono però state girate in Sicilia: quello che dovrebbe sembrare un porticciolo greco è in realtà il porto di Marsala. Ed è da qui che iniziamo il nostro itinerario siciliano con Indiana Jones. La cosiddetta Porta Nuova di Marsala, uno dei 4 storici accessi alla città, compare in una sequenza di “Indiana Jones e il quadrante del destino”. L’archeologo più famoso del grande schermo, e la collega archeologa Helena Shaw, sbucano da questa porta a bordo di una camionetta. Da qui si affacciano poi verso il mare, dove intravedono la barca del loro nuovo complice, il marinaio Renaldo.
Marsala, fondata dai superstiti della fenicia isola di Mozia, condivide con gran parte della Sicilia un destino travagliato di dominazioni straniere. Anche in tempi più recenti la città è stata al centro di memorabili vicende storiche, con l’intuizione commerciale delle cantine Florio e lo sbarco dei Mille guidati da Garibaldi.
Castellammare del Golfo
Alcuni scorci di mare e vita marinara utilizzati nell’ultimo film della saga di Indiana Jones sono ripresi dal borgo di Castellammare del Golfo, perla della costa trapanese. Il set è stato allestito tra viale Zangara, la cala Marina e il quartiere S. Giuseppe, ed è rimasto dal 16 al 25 ottobre 2021, riportando Castellammare al 1969. Davanti alla chiesa di S. Giuseppe è stata girata la scena di un matrimonio e il parroco per l’occasione ha rimontato le luminarie della festa rionale fortemente volute dalla produzione sulla facciata.
Bordata da spiagge e acque cristalline, la cittadina si sviluppa su un piccolo promontorio dominato da una fortezza medievale che ha dato il nome alla località. Castellammare del Golfo è conosciutissima dai turisti italiani e stranieri, ed era già stata scelta come set per alcune riprese di “Ocean’s Twelve” e per una puntata de “Il commissario Montalbano”.
I cittadini di Erice e Segesta, le più antiche località dell’entroterra trapanese, scendevano a Castellammare del Golfo già oltre 2000 anni fa per fare affari con marinai e mercanti venuti da lontano. Passata in mano araba e poi aragonese tra Medioevo e Rinascimento, la città seppe mantenere il suo ruolo commerciale, grazie specialmente alla pesca di tonno e alla produzione cerealicola.
Oggi bar e ristoranti si affollano attorno al porticciolo turistico; da qui partono tour guidati alla scoperta del magnifico litorale. Per gli amanti di tradizioni popolari, il 21 agosto di ogni anno una effige della Madonna del Soccorso, patrona di Castellammare del Golfo, viene portata in processione tra le vie del paese, accompagnata dai canti dei fedeli.
Parco archeologico di Segesta
Nel film “Indiana Jones e il quadrante del destino” il parco archeologico di Segesta è inserito fittiziamente tra le rovine della Neapolis siracusana, nonostante i due siti siano distanti tra loro circa 300 km. Il grande frontone del tempio di Segesta appare infatti sullo sfondo mentre Indy e Helena Shaw cercano di avvicinarsi all’orecchio di Dionisio di Siracusa, convinti di trovare in quella cavità la leggendaria tomba di Archimede.
Licenze geografiche a parte, le massicce e liscissime colonne doriche, assottigliate verso l’alto e rimaste intatte dal 420 a.C. circa, incorniciano magnificamente i concitati inseguimenti del film.
A pochi passi dal tempio sorge anche un teatro in stile greco, costruito nel III secolo a.C. La cavea composta di bianchissimi massi bianchi si apre a conchiglia sul panorama dell’entroterra siciliano: un piccolo spicchio di mare spunta in lontananza tra i monti e i campi.
Duomo di Cefalù
Il duomo di Cefalù appare ben visibile in una lunga sequenza di “Indiana Jones e il quadrante del destino”. Approdati in Sicilia, Indy e la collega archeologa Helena Shaw si ritrovano immersi in una processione popolare, in transito davanti alla grande cattedrale cittadina.
Non dimenticatevi che l’anno di ambientazione del film è il 1969: nella folla di fedeli che segue la celebrazione si intravedono coppole e vestiti floreali, coni gelato e turisti con antiquate macchine fotografiche analogiche.
Sul set non mancano anche un paio di pubblicità d’epoca, appese davanti a un improvvisato chiosco di limonate, oltre a diversi scorci rubati delle tipiche case di pescatori che si arrampicano in direzione della rocca di Cefalù e del parco delle Madonie.
Su questo caotico via vai in stile Anni ‘60 vigila immobile la facciata monumentale del duomo, invidiabile quinta cinematografica. L’interno della cattedrale merita una visita approfondita, specialmente per l’abside: da questo spazio scavato in fondo alla navata della chiesa si affaccia un immenso mosaico medievale del Cristo Pantocratore, e cioè “dominatore di ogni cosa”.
Parco archeologico della Neapolis
Anche se tutte le scene siciliane del quinto film di Indiana Jones aspirano a essere ambientate a Siracusa, solo quelle girate al parco archeologico della Neapolis mostrano un’effettiva corrispondenza tra luogo reale e immaginario.
Durante il film, l’archeologo scopre che il quadrante del destino, leggendaria macchina del tempo inventata da Archimede, è conservato all’interno della tomba del suo creatore, nascosta a sua volta nell’orecchio di Dionisio. Un inequivocabile indizio rivela infatti a Indiana Jones di cercare il sepolcro del matematico siracusano “dove Dionisio sente ogni sospiro come un uragano”: troverà qui, tra le cave siracusane, la segretissima tomba di Archimede.
La tradizione racconta che l’orecchio di Dionisio, grotta artificiale alta 23 metri, fu scavata appositamente seguendo una forma che ricorda quella di un orecchio umano. L’eco che si sprigiona nell’aria a ogni sussurro è impressionante: i prigionieri reclusi in questa caverna non avrebbero mai potuto pianificare un’evasione senza che Dionisio I, feroce tiranno di Siracusa, li sentisse confabulare.
Ci vorrebbe almeno una giornata intera per visitare tutto il parco archeologico. Ci sono ad esempio diverse altre caverne scavate nella bianca roccia siracusana, le cosiddette latomie, il cui esempio più imponente è quello della grotta dei Cordari.
Come in tutte le città dell’antichità che si rispettino poi non potevano mancare nella Neapolis un teatro e un anfiteatro, circondati da templi e altari devozionali: forse nessun altro luogo quanto questo sito archeologico sa darci una visione completa della cultura greco-romana in Sicilia.
Ortigia
Recuperato il quadrante del destino nelle latomie della Neapolis, Harrison Ford e Phoebe Waller-Bridge vengono trasportati indietro nel tempo al 212 a.C., epoca dell’assedio di Siracusa. Le truppe romane stanno cercando di conquistare la città di Archimede ma le ingegnose macchine belliche e le strategie difensive ideate dal matematico siracusano respingono i ripetuti attacchi nemici.
I protagonisti del film scoprono che il quadrante del destino è sì una macchina del tempo, ma unicamente impostata da Archimede per cercare aiuto nel futuro. Indiana Jones si ritrova così catapultato nel mezzo di una battaglia con tanto di triremi romane e dardi infuocati.
L’isola di Ortigia, il nucleo originario di Siracusa, circondato su ogni lato dal Mediterraneo, è servita come ispirazione per ricreare geograficamente l’assedio in versione cinematografica. Al centro della scena spicca in particolare il castello Maniace, a difesa del porto siracusano: tra i bastioni di questa fortezza lottano i soldati, grazie a una ricostruzione che, pur ampiamente digitalizzata, dà a Siracusa uno splendido aspetto anticheggiante.