Castellaneta
L’itinerario prende il via dalla parte più occidentale dell’entroterra tarantino, dal borgo di Castellaneta, famoso non solo per le spiagge sabbiose che bordano il suo litorale ma anche per le impressionanti insenature di roccia che lo circondano. La gravina di Castellaneta è infatti tra le più profonde della Puglia, se non addirittura la più profonda, e sfiora verticalmente un dislivello di quasi 150 metri.
Il nucleo storico del paese si appoggia lungo i bordi più ripidi di questo vasto cratere calcareo: in piena epoca medievale, quando il mar Ionio era solcato da ciurme di terribili criminali, i contadini di questa zona trovarono tra le cavità della gravina un luogo protetto dove potersi difendere dalle incursioni dei pirati.
Tra le vie di Castellaneta iniziamo subito a parlare di cinema. Pur non essendo apparsa sul grande schermo, Castellaneta deve infatti il successo del suo cittadino più illustre proprio all’industria cinematografica. Qui si trova lo speciale museo Rodolfo Valentino, dedicato proprio a uno dei primi sex symbol dello spettacolo in Italia. L’attore nacque qui nel 1895: uno speciale museo è interamente dedicato alla vita personale e professionale di questo divo del cinema muto.
Non lontano da Castellaneta, procedendo qualche chilometro verso ovest, Laterza e Ginosa vi accoglieranno in uno scenario naturalistico altrettanto aspro e drammatico, disegnato da millenni di processi erosivi sulla roccia delle Murge.
Posizionata in cima a un’immensa gravina, Laterza lega la sua fama principalmente alla produzione delle maioliche, eccellenza dell’artigianato pugliese conosciuta in tutto il mondo. Decine di vere e proprie opere d’arte, decorate dalle sapienti mani degli artisti laertini, colorano le sale del MuMa – Museo della Maiolica di Laterza, una tappa da non perdere nel cuore del centro storico.
Poco oltre Laterza, quasi al confine con la Basilicata, Ginosa appare in alcune clip de “Il vangelo secondo Matteo”, capolavoro cinematografico firmato Pier Paolo Pasolini. Era il 1964 e il regista eroe del Neorealismo scelse queste gravine per ambientare l’improvviso terremoto che secondo la tradizione seguì la morte di Gesù. Da allora prima di ogni Pasqua nel villaggio rupestre del Casale, incastonato nella gravina di Ginosa, si ripercorrono le tappe della Passione di Cristo con una ricostruzione teatrale di grande impatto scenografico.
I villaggi rupestri di Palagianello e Petruscio
Procedendo da Castellaneta verso il borgo di Mottola, attraversato da vicoli e piazzette bianchissime, si aprono all’improvviso spaventosi squarci scavati nella roccia. Tra gli uliveti delle Murge e le pareti calcaree inverdite dal lentisco si svelano cripte sotterranee e grotte che ci raccontano della vita quotidiana delle popolazioni rupestri. Quelli di Palagianello e Petruscio sono tra i villaggi rupestri meglio conservati del circondario e sfoggiano una serie di cavità scavate nella calcarenite, una pietra facilmente scalfibile. In epoca medievale le comunità paleocristiane trovavano qui un luogo dove rifugiarsi e praticare riti religiosi, come ci ricordano i tanti graffiti sparsi lungo i muri di roccia. Tra le grotte di tufo si raccoglievano acqua e cereali e si proteggevano gli animali dalle razzie nemiche.
Un altro suggestivo anfiteatro calcareo abbraccia l’abitato di Mottola. Siamo ormai nel cuore delle gravine pugliesi, incluse dal 2005 nei confini di un ampio parco naturale regionale, e sono tantissime le chiese rupestri scavate attorno al paese nella pietra calcarea.
Mottola spicca su una ripida altura, affacciata sulle acque del mar Ionio; quando il cielo è particolarmente terso da qui si possono intravedere all’orizzonte le montagne della Sila calabrese. Sfruttando la posizione avvantaggiata di Mottola sull’altopiano tarantino, le truppe romane avanzarono da questo altipiano scosceso in direzione di Taranto. Dopo un assedio durato circa 3 anni, nel 272 a.C. la città fino ad allora nell’orbita della Magna Grecia si vide costretta ad accettare la nuova dominazione.
In anni ben più recenti Mottola ha fatto mostra sul grande schermo del suo impressionante paesaggio geologico. Dopo i successi di “Gomorra” e “Reality”, con il film a episodi “Il racconto dei racconti” (2015) il regista Matteo Garrone portò al cinema le fiabe del napoletano Giambattista Basile. Le cosiddette grotte di Casalrotto, nella campagna di Mottola, accolgono la casa di uno spaventoso orco nell’episodio “La pulce”, offrendoci un’idea “fantasy” di come sarebbe vivere tra queste pareti di roccia.
Tra le cavità naturali e artificiali abitate dalle comunità rupestri di Mottola una merita infine un approfondimento a parte. La cripta di S. Nicola, nuovamente in località Casalrotto, conserva un preziosissimo ciclo di dipinti murali, tanto che gli storici dell’arte la chiamano la “cappella Sistina” dell’arte rupestre. La cripta era con ogni probabilità posizionata lungo i principali percorsi di pellegrinaggio tra Roma e la Puglia; ce lo ricordano le immagini austere (anche se splendidamente colorate) di S. Pietro, S. Michele Arcangelo e S. Nicola, venerati rispettivamente a Roma, a Monte S. Angelo e a Bari.
Massafra
Tra i comuni principali del Parco naturale regionale Terra delle Gravine il paese di Massafra è profondamente legato all’aspro paesaggio geologico delle Murge fin dal suo toponimo. È possibile infatti, se non probabile, che il nome della città derivi dal latino “massa fracta”, che significa roccia fratturata, e si lega alle tante e ruvide gravine scavate attorno al borgo.
Una di queste insenature, intitolata a S. Marco, taglia in modo netto il centro storico stesso, separando il rione Terra, disegnato secondo un intricato sistema di viuzze scoscese, dal rione S. Catarina, costruito durante l’800 seguendo un modello ortogonale. Un alto viadotto, conosciuto come ponte Vecchio, unisce i due quartieri offrendo una vista spettacolare sui canyon circostanti.
Decine di chiese rupestri affollano anche a Massafra le cavità delle gravine, popolate durante il Medioevo da comunità di monaci, contadini e pastori. Alcune tra queste cappelle ipogee conservano dipinti murali di grande fascino e valore, come la cripta di S. Leonardo e quella della Candelora. Il modello artistico è tipicamente bizantino, statico e solenne: il pregio di questi affreschi ci lascia intendere che la civiltà rupestre di Massafra era particolarmente colta e avanzata.
Per il suo “Vangelo secondo Matteo”, Pasolini ambientò a Massafra la città di Cafarnao, teatro di diversi miracoli di Gesù; più recentemente il borgo ha ospitato il set di “Amiche da morire” (2012), una colorata commedia con Claudia Gerini, Sabrina Impacciatore e Cristiana Capotondi.
Crispiano
Quest’itinerario storico e cinematografico si chiude a Crispiano, quando siamo ormai alle porte di Taranto, a circa 20 km dal porto mercantile.
Un centinaio di tipiche masserie pugliesi si addensano in questo territorio comunale, costruite nell’arco di oltre quattro secoli, dal ‘400 all’800 circa.
L’origine di Crispiano però è ben più antica: sembra che all’epoca della Magna Grecia ci fosse già una nutrita comunità di abitanti, come testimonia il ritrovamento del corredo di un’antica tomba, oggi conservato nel museo archeologico nazionale di Taranto.
Tra le masserie di Crispiano moltissime offrono ospitalità per tutte le tasche. A volte lo stile è volutamente rustico, altre volte invece le masserie ospitano i clienti in ambienti sapientemente rinnovati con elementi moderni e contemporanei. Alcune di queste strutture ricettive sono immerse nel paesaggio rigoglioso del bosco delle Pianelle, grande riserva naturale, tra i polmoni verdi più estesi d’Italia.
Non mancano poi su questo territorio aziende agricole dedicate ai prodotti tipici della campagna pugliese. Olio e vino la fanno da padroni ma ci sono anche prodotti caseari, miele e una squisita varietà di pomodoro giallo rosso, riconosciuta come presidio Slow Food, in grado di mantenersi fresca anche a distanza di mesi dalla raccolta.
Su questo splendido scenario che mischia storia, natura e tradizioni domina dall’alto la torre Cacace, simbolo di Crispiano. Costruita a fine ‘800 dal ricco ingegnere Carlo Cacace, la torre doveva essere un mausoleo funerario, pronto a ospitare i membri della sua famiglia. Dalla cima della torre si apre un panorama indimenticabile sulle gravine e ancora oltre verso il mar Ionio: cartolina ideale per terminare questo percorso turistico in provincia di Taranto.