Serravalle Scrivia
L’autostrada che collega Milano a Genova lambisce l’abitato di Serravalle Scrivia, pochi minuti prima di varcare le montagne dell’Appennino ligure. Molto frequentato come mecca dello shopping, per via del suo outlet che ospita negozi di grandi marche, questo piccolo paese sulle rive del fiume Scrivia è un ottimo punto di partenza per un percorso cicloturistico dell’Alto Monferrato. Da qui si può infatti facilmente procedere verso ovest, allontanandosi dalla pianura in direzione delle rigogliose campagne di Gavi, Ovada e Acqui Terme.
Anche Serravalle Scrivia, come gran parte dell’Alto Monferrato, restò per lungo tempo in mano alla Repubblica di Genova, che ne affidò il possesso alle famiglie aristocratiche degli Spinola e, più tardi, dei Doria.
Questo territorio era però molto conosciuto già in epoca romana, collocato com’è lungo la via Postumia che, orizzontalmente, univa il mar Ligure alla laguna veneta. Per approfondire come dovevano apparire le sponde del fiume Scrivia nell’antichità, non resta che pedalare verso l’Area archeologica di Libarna, poco più a sud del centro storico di Serravalle Scrivia.
Tra i quartieri dell’antica città di Libarna spiccavano un teatro, un foro e un grande anfiteatro: dello splendore del passato sono rimaste poche tracce, ma una visita all’area archeologica aiuta il viaggiatore a immaginare il tipico aspetto di una città di epoca romana.
Gavi
Dall’Area archeologica di Libarna bastano pochi minuti di bicicletta per ritrovarsi a Gavi, circondati da filari di viti a perdita d’occhio: i vitigni Cortese a bacca bianca di questa località regalano a ogni vendemmia un vino fresco e delicato, apprezzato ed esportato in tutto il mondo, insaporito dal vento marittimo, il marin, che dalla Liguria soffia oltre le valli appenniniche.
Allungando la pedalata da piazza Dante, principale luogo di ritrovo cittadino, in direzione dei vicoli del centro storico di Gavi, si ritrovano case e piazze plasmate secondo uno stile decisamente genovese: le tinte solitamente tenui degli edifici piemontesi sono qui sostituite da un mosaico di colori accesi, che alternano diverse sfumature di verde, rosso, giallo e rosa. Quando si scorge ormai la riva del torrente Lemme, splende davanti agli occhi il portale romanico della chiesa di S. Giacomo Maggiore, abbellito da sculture sacre e affiancato da un imponente campanile.
Difficile che il viaggiatore, avvicinandosi a Gavi, non si sorprenda di fronte all’immensa mole del forte sovrastante l’insediamento. Le vicende che hanno portato alla costruzione del Forte di Gavi si ricollegano alle secolari tensioni militari tra Genova, Milano e Torino. Una volta occupato il passaggio delle vie commerciali tra il mare e il fiume Po, i genovesi costruirono, tra il Cinquecento e il Seicento, questa minacciosa e inespugnabile struttura difensiva. Le ciclopiche dimensioni del Forte di Gavi, confrontate con il bucolico e dolce paesaggio circostante, creano un’immagine discorde e contrastante, che resta impressa nella memoria.
Ovada
La strada che da Gavi raggiunge Ovada, passando attraverso i borghi di Mornese e Tagliolo Monferrato lungo un tratto di circa venti chilometri, disegna dislivelli collinari piuttosto pronunciati. Si pedala qui in salita ma anche in discesa, sulle orme dei grandi ciclisti del passato, come Costante Girardengo e Fausto Coppi, nativi di queste terre.
La facciata bianca e maestosa del Santuario di Nostra Signora della Guardia, appena superato il centro storico di Gavi, indica che la direzione è giusta.
Lungo il tragitto, si potrebbe erroneamente pensare di essere davanti a una magistrale illusione ottica quando, in cima ai rilievi più alti, si mostreranno agli occhi delle panchine di dimensioni smisurate. Queste massicce e colorate costruzioni in legno fanno parte del Big Bench Community Project, un’iniziativa di valorizzazione territoriale che da alcuni anni posiziona in giro per l’Italia panchine giganti in luoghi fortemente panoramici.
Superato il villaggio di Bosio, tra un tornante e l’altro, si trovano le indicazioni che conducono al Parco naturale delle Capanne di Marcarolo. I più instancabili potrebbero seguire questa deviazione, per ritrovarsi immersi in un paesaggio punteggiato da laghi artificiali e boschi, le stesse foreste usate per rifornire di legname i cantieri navali genovesi.
Ovada si staglia all’orizzonte lungo tutto il percorso, e attende impaziente il viaggiatore per raccontarsi. Il suo centro storico si inserisce, con la sua forma triangolare, lì dove il torrente Stura si unisce al torrente Orba. Una passeggiata in città potrebbe cominciare proprio da piazza Castello, ultimo avamposto prima della confluenza dei due fiumi. Da qui risalgono le bianche gradinate di via Roma, che si arrampicano verso la chiesa di Nostra Signora Assunta, parrocchiale cittadina.
Avvolte da un dedalo di viottoli, che ricorda nuovamente lo stile architettonico dei borghi liguri, le botteghe e i negozietti del centro ovadese mantengono viva l’anima autentica del paese, da assaporare nelle sue specialità gastronomiche. Protagonisti del panorama culinario sono gli agnolotti in brodo di carne, da sfumare rigorosamente con un calice di Dolcetto d’Ovada, delizioso vino rosso vanto di un’intera comunità.
Trisobbio
Oltrepassati i diversi corsi d’acqua che abbracciano il centro storico di Ovada, è ora il momento di pedalare in salita, per un breve tratto di sette chilometri, verso i 341 metri di quota di Trisobbio, perla medievale dell’Alto Monferrato.
Il centro storico del borgo sfoggia la sua particolare struttura a tre cerchi concentrici: dalle vie più basse del paese si seguono scoscesi vicoli, contornati da piccoli palazzi dell’aristocrazia locale, come il palazzo De Rossi-Dogliotti, che ospita l’amministrazione comunale. In cima si staglia infine la suggestiva forma merlata del castello, simbolo cittadino. Dai punti panoramici di Trisobbio la vista, nelle giornate più limpide, si allunga fino a comprendere le vette alpine.
Attorno al nucleo antico del borgo, i vitigni di produzione del Dolcetto d’Ovada si alternano ai noccioleti e ai boschi che rinverdiscono il paesaggio. Nella stagione autunnale, abbondano nel suolo i pregiati tartufi bianchi, protagonisti di ricette piemontesi a base di tagliolini e risotti.
Acqui Terme
Un paesaggio nuovamente dominato dai vigneti, dalle fortezze medievali e dalle panchine giganti del Big Bench Community Project, accompagna il viaggiatore attraverso gli ultimi quindici chilometri di questo itinerario cicloturistico.
Oltre i borghi di Morsasco e Visone, la strada procede lungo un tratto pianeggiante fino alla città di Acqui Terme. Le massicce arcate delle rovine dell’acquedotto romano affiancano le campate del ponte Carlo Alberto che, superato il corso del fiume Bormida, conduce verso il centro storico del paese.
Acqui Terme, come già indica evidentemente il suo nome, ha da sempre un rapporto privilegiato con le acque dell’Alto Monferrato. Intorno a fine Ottocento le acque curative delle risorgive cittadine cominciarono ad attirare visitatori e villeggianti, ma la città era già molto conosciuta in epoca romana per le sue splendide terme. Pare inoltre che la regina Cleopatra apprezzasse particolarmente l’afrodisiaco vinum acquense, un vino leggero e aromatico, antenato di quello che oggi si chiama Brachetto d’Acqui.
Le strade della città sembrano convergere verso i due monumenti più simbolici dell’identità cittadina: la risorgiva della Bollente, da cui sgorgano vivaci acque a circa settantacinque gradi di temperatura, e la cattedrale di S. Maria Assunta, adagiata al centro di una affascinante salita prospettica. Nella sacrestia della chiesa si svela un sensazionale capolavoro artistico, un dipinto del maestro quattrocentesco Bartolomé Bermejo. Viene spontaneo chiedersi quale fosse il legame tra un pittore spagnolo e l’Alto Monferrato: sembra che un mercante locale fosse talmente ricco da aver commissionato quest’opera a uno dei maggiori artisti dell’epoca, donandola successivamente alla città.
Ma il maggiore centro dell’Alto Monferrato non smette di regalare altri spunti di visita: come il Museo archeologico di Acqui Terme ospitato nelle sale del castello dei Paleologi, o la fontana delle ninfee, scultura piuttosto recente che testimonia efficacemente il legame tra Acqui Terme e le sue acque anche ora. In alternativa, una buona idea è di dedicare anima e corpo a una rilassante sessione di cure termali: tanto più valida dopo i molti chilometri in sella trascorsi in Alto Monferrato.