La Pinacoteca di Brera a Milano
Una tavola imbandita, un’osteria, due commensali e altre due figure in piedi che guardano con grande attenzione un uomo, seduto, che, con la mano, benedice il pane: se siete di fronte a questa scena state ammirando la “Cena in Emmaus”, uno dei dipinti più celebri di Caravaggio. È conservato alla Pinacoteca di Brera di Milano, città in cui nel 1571 nacque il pittore e dunque luogo ideale per iniziare un itinerario sulle sue tracce.
Il quadro, dipinto nel 1606, rappresenta il momento in cui Gesù risorto si unisce a Cleopa e ad un altro discepolo durante la cena a Emmaus. Ne esistono due versioni: oltre a quella che potete ammirare nel capoluogo lombardo, ce ne è un’altra esposta alla National Gallery di Londra, realizzata in precedenza, intorno al 1601. La scena raffigurata è la stessa, ma le due opere hanno molte differenze: quella in mostra alla Pinacoteca di Brera è più scarna, ha colori più cupi e contrasti di luci e ombre più intensi. Probabilmente l’atmosfera raffigurata è stata influenzata dallo stato d’animo di Caravaggio, che la dipinse dopo il tragico omicidio di Ranuccio Tomassoni, commesso dall’artista stesso, per cui fu condannato al bando capitale.
Per ammirare altre opere di Caravaggio a Milano, potete spostarvi nella Pinacoteca Ambrosiana, dove è esposta “La canestra di frutta”, realizzata dall’artista tra il 1597 e il 1600, è una natura morta dipinta in modo talmente realistico, da sembrare vera.
Museo civico Ala Ponzone a Cremona
Un san Francesco disperato e solo che medita in un bosco è il protagonista dell’opera “San Francesco in meditazione”, che Caravaggio dipinse in un periodo particolarmente buio della sua vita, quando, dopo aver ucciso Ranuccio Tomassoni (il 28 maggio 1606), era soggetto a un ossessivo desiderio di espiazione. L’opera è conservata nel Museo civico Ala Ponzone, ospitato all’interno del Palazzo degli Affaitati di Cremona. La scena raffigurata fa riferimento a quando il Santo, tornato sul monte della Verna nel 1224, dopo aver aperto per tre volte a caso il Vangelo sempre nel punto del racconto della Passione, meditò sul suo destino, pensando al martirio di Cristo. Ha un forte valore autobiografico per il pittore, che dipinse il volto del santo con tratti propri. L’opera fu commissionata al Caravaggio da monsignor Benedetto Ala, cremonese, governatore di Roma dal 1604 al 1610. Si pensa che il dipinto fosse anche un messaggio con cui Caravaggio sperava di ottenere la revoca della condanna a morte che subì dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni.
Oltre all’interessante tela del Caravaggio, il Museo civico Ala Ponzone ospita circa 2000 opere, dal Medioevo al ‘900, che raccontano l’evoluzione dell’arte cremonese e italiana in generale. Da qui, potete poi visitare Cremona: la Cattedrale, con la sua arcata rinascimentale; il Battistero a 8 facciate; il campanile del Torrazzo, con il suo splendido orologio astronomico e la collezione Stradivari presso il Museo Violino.
Musei di Strada Nuova, a Genova
“Ecce homo!”, cioè “Ecco l’uomo”: secondo il Vangelo di Giovanni è la frase che avrebbe pronunciato Ponzio Pilato, all’epoca governatore romano della Giudea, mostrando alla folla Gesù flagellato. Molti artisti, tra il ‘400 e l’800, hanno catturato sulle loro tele questo momento storico: Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Tintoretto, Rubens, Van Dyck, Rembrandt e molti altri, tra cui il Caravaggio. Il suo celebre “Ecce homo” raffigura proprio il momento in cui Ponzio Pilato mostra Cristo al popolo, pronunciando le parole “Ecce homo”, intendendo “Ecco l’uomo che volete crocifiggere”. Secondo i Vangeli, infatti, Gesù, al momento dell'arresto, fu giudicato innocente da Pilato, ma il popolo voleva vederlo giustiziato. Così il governatore lo fece flagellare, pensando di soddisfare la folla, e lo mostrò coperto di piaghe e ferite sanguinanti, con una corona di spine, un mantello purpureo e uno scettro di canna tra le mani. Ma, come sappiamo, non bastò, e Gesù fu crocifisso. Il Caravaggio racchiude tutta questa drammaticità nelle sue pennellate e dipinge un quadro tormentato, dove il contrasto di luci e ombre, tipico del pittore, è carico di significati: al chiarore, luminoso, del corpo di Cristo, si contrappone il nero dell’abito di Pilato.
Il dipinto è conservato a Genova nel Palazzo Bianco dei Musei di Strada Nuova. Il Caravaggio trascorse a Genova tre settimane, nell’agosto del 1605. La città ligure all’epoca era un importantissimo centro commerciale, fulcro di arte e cultura dove il pittore trasse grande ispirazione dalle frequentazioni che ebbe, oltre a intercettare committenze e contatti con collezionisti e artisti.
Gli Uffizi a Firenze
Uno sguardo folle, puntato verso il basso; la bocca aperta in un grido di dolore e di sorpresa; una fila di denti bianchi su un fondo scuro; al posto dei capelli delle serpi che sembrano vive, il sangue che schizza dal capo appena decapitato: la “testa di Medusa”, dipinta da Caravaggio sullo scudo conservato agli Uffizi di Firenze è un vero capolavoro, drammatico, emozionante, coinvolgente, come sono le opere di questo genio dell’arte. È un olio su tela riportato su uno scudo di legno, del diametro di 55 centimetri. Dipinto tra il 1596 e il 1598, fa parte della produzione giovanile di Caravaggio. Gli fu commissionato dal cardinale Francesco Maria Del Monte, protettore del pittore a Roma, che voleva regalarlo a un amico: Ferdinando I de’ Medici, granduca di Toscana. Il dipinto riproduce un tema tratto dalla mitologia antica: la decapitazione di Medusa da parte di Perseo. Lo scudo non è l’unica opera di Caravaggio che potrete vedere a Firenze: non è certo sapere se e quando il pittore abbia vissuto nel capoluogo toscano, ma la città è, dopo Roma, il luogo che conserva più opere dell’artista. Continuando la vostra visita agli Uffizi, potrete ammirare il “Sacrificio d’Isacco” e il “Bacco”. Per ammirare altre opere di Caravaggio dovete spostarvi nella Galleria Palatina a Palazzo Pitti. Qui troverete il “Ritratto di Antonio Martelli”, “Amorino dormiente” e “Il Cavadenti”. Infine, potete recarvi alla Fondazione Longhi, dove ammirerete una delle due versioni del “Ragazzo morso da un ramarro” e la copia di quella che è considerata la prima opera dell’artista: “Ragazzo che monda un frutto”, andata perduta.
La Galleria di Palazzo degli Alberti a Prato
Il viaggio alla scoperta del genio e delle opere del Caravaggio continua a Prato, dove potrete ammirare una controversa opera del Caravaggio. Oggetto del contendere è proprio l’attribuzione del quadro al maestro. Stiamo parlando dell’“Incoronazione di spine”: un dipinto a olio su tela, conservato nella galleria di Palazzo degli Alberti a Prato. Fino al 1974 si riteneva fosse una copia di un dipinto del celebre pittore, andato perso. Quell’anno il quadro fu restaurato ed emersero delle caratteristiche fino ad allora celate: una materia pittorica che mostrava una qualità superiore a quanto era apparso in precedenza. Sebbene alcuni storici dell’arte non siano ancora del tutto convinti, oggi si ritiene che il dipinto sia proprio del Caravaggio, realizzato tra il 1602 e il 1603. Il Cristo rappresentato ha un’espressione intensa, le braccia incrociate all’altezza del polso, la mano che sporge come se uscisse dal limite della tela. Sono tutti elementi tipici del grande pittore. Esiste una seconda versione dello stesso soggetto, dipinta dal Caravaggio e conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
La Galleria Borghese di Roma
Roma è probabilmente la tappa più importante di questo viaggio per conoscere da vicino il genio di Caravaggio. Qui potete trovare il maggior numero di opere dell’artista, perché questa è la città dove Michelangelo Merisi ebbe il suo lampo di genio creativo nell’ultimo decennio del ‘500. Nella capitale dipinse al servizio di ricchi committenti, come i Mattei, Vincenzo Giustiniani, i cardinali Francesco Maria Del Monte, Scipione Borghese e Maffeo Barberini. Erano mecenati che amavano le opere del Caravaggio, ma ne disprezzavano il carattere arrogante e ribelle. La Galleria Borghese ospita la maggior parte delle opere dell’artista. Potrete ammirare il “David con la testa di Golia”, un quadro di incredibile forza, ma anche delicatezza e umanità, che l’artista dipinse a Napoli, dove si era rifugiato, scappando da Roma nel 1606 con l'accusa di omicidio sulle spalle. Si crede che la scelta del soggetto sia stata effettuata dallo stesso Caravaggio e che il suo stato d’animo del momento, in fuga e in pericolo di vita, lo abbia notevolmente influenzato. Il David raffigurato nell’opera, infatti, pur avendo vinto sul gigante filisteo Golia, non mostra un atteggiamento di trionfo, ma appare triste e malinconico e regge commosso il capo mozzato di Golia, il cui viso è un autoritratto del Caravaggio. In tutto sono sei le opere dell’artista milanese ospitate nella Galleria Borghese: oltre al “David con la testa di Golia”, ci sono il “Bacchino malato”, il “Giovane con canestra di frutta”, la “Madonna dei Palafrenieri”, il “San Girolamo”, il “San Giovanni Battista”. Le opere di Caravaggio a Roma sono molte altre, sparse per tutta la città: nella Pinacoteca Capitolina potrete ammirare il “San Giovannino” e “La buona ventura” nella chiesa di S. Maria del Popolo vedrete la “Conversione di san Paolo” e la “Crocifissione di san Pietro”. Nella splendida Galleria di Palazzo Doria Pamphilj è conservato il capolavoro di un giovane Caravaggio: il “Riposo durante la fuga in Egitto”, con un luminoso angelo musicista che spartisce la scena. Vicino a piazza Navona, la chiesa di S. Luigi dei Francesi ospita tre capolavori dell’artista, nella cappella Contarelli: la “Vocazione di san Matteo”, “San Matteo e l’angelo” e il “Martirio di san Matteo”, che insieme compongono il ciclo di san Matteo. Non lontano, nella Basilica di Sant’Agostino, potrete ammirare la stupenda tela intitolata “La Madonna dei Pellegrini”.
A Palazzo Barberini, nella Galleria nazionale d’Arte antica, troverete la splendida “Giuditta e Oloferne” e il “Narciso”.
Museo di Capodimonte a Napoli
Quando Caravaggio arrivò a Napoli era il 1607 e il pittore stava scappando dalla condanna al bando capitale per aver ucciso un uomo, Ranuccio Tomassoni, durante una rissa. Qui l’artista dipinse la “Flagellazione di Cristo”, commissionata dalla famiglia de Franchis per la chiesa di S. Domenico Maggiore. È uno dei quadri più forti e più celebri del ‘600 e una delle opere più intense dell’artista, dove appare chiaro il suo tormento. La luce torna a fare da protagonista, aumentando la drammaticità della scena. Una luce che illumina il corpo di Cristo al centro della scena e il volto dell’aguzzino sulla sinistra, con quel ghigno sadico e soddisfatto. La tela ripete l'impianto scenografico della “Crocefissione di San Pietro” che lo stesso Caravaggio eseguì a Roma per la chiesa di S. Maria del Popolo: due personaggi ai lati del protagonista che partecipano all'azione e un terzo in primo piano chinato. Ma, a differenza della tela romana, in quella realizzata a Napoli i carnefici appaiono consapevoli della crudeltà del loro atto. In passato e per 350 anni conservata nella chiesa di S. Domenico, oggi la tela si trova nel Museo di Capodimonte.
Il Mu.Me. - Museo Regionale Interdisciplinare di Messina
Quello trascorso a Messina è uno dei periodi più cupi della vita di Caravaggio. Ormai in fuga da anni, dopo la condanna per l’omicidio che aveva commesso, scappato anche dal carcere di Malta, arriva nella città siciliana nel 1608. A dicembre il mercante genovese Giovan Battista de’ Lazzari gli commissionò un dipinto raffigurante la Madonna, San Giovanni Battista e altri santi per i Padri Crociferi di Messina, destinato alla cappella maggiore della chiesa messinese di S. Camillo De Lellis. Sei mesi dopo, il 6 giugno 1609, il pittore consegna la “Resurrezione di Lazzaro”, che non ha nulla a che vedere con il soggetto che gli era stato richiesto. I Padri Crociferi accettano il dipinto nonostante il cambio di tema. Molto probabilmente l’idea di rappresentare la resurrezione di Lazzaro fu dello stesso Caravaggio, un tema più nelle sue corde, che il pittore potrebbe anche aver collegato alla missione dei Crociferi di assistere malati e moribondi. Il dipinto è struggente: i personaggi raffigurati sono tutti in primo piano, su uno sfondo scuro e con il terreno cosparso di ossa. Molte le citazioni di dipinti dello stesso pittore: ad esempio il gesto del Cristo con il volto in ombra e l’indice teso verso il corpo di Lazzaro riprende quello della “Vocazione di San Matteo” conservata nella Cappella Contarelli della chiesa di S. Luigi dei Francesi a Roma. Potete ammirare la bellezza di questo quadro al Mu.Me. - Museo Regionale Interdisciplinare di Messina, dove è conservato anche “L’adorazione dei pastori”, commissionata a Merisi dal Senato messinese.
La Basilica di S. Lucia al Sepolcro a Siracusa
Da anni in fuga per l’Italia, nell’ottobre 1608 Caravaggio giunse a Siracusa. Aveva ricevuto dal Senato della città la commissione di realizzare una pala d’altare che rappresentasse il “Seppellimento di Santa Lucia”, destinato alla Basilica di S. Lucia al Sepolcro, nel luogo dove, secondo la tradizione, la santa fu martirizzata e sepolta. E così fu: in due mesi Caravaggio dipinse il quadro che fu esposto per le celebrazioni della Santa il 13 dicembre 1608. Il “Seppellimento di Santa Lucia” è un dipinto potente, dove, come di consueto per il pittore, la luce diventa un elemento pittorico e descrittivo. La scena è drammatica: la santa è stesa a terra con la testa recisa, in primo piano vi sono due becchini che stanno scavando la fossa e, dietro, più piccoli, i partecipanti al funerale e il vescovo che benedice la morta. L’insieme dei toni cupi, rossi e bruni e l’uso della luce, conferiscono al dipinto una profondità e un’intensità uniche.