Milano Centrale
Due cattedrali in città al posto di una: è così che la stazione centrale di Milano decide di premiare chi la sceglie come punto d’approdo per visitare la città del Duomo. Perché è esattamente questa la sensazione che avrete non appena poggerete un piede sui marciapiedi di Milano Centrale e alzerete gli occhi verso l’alto: quella di trovarsi all’interno di un’immensa cattedrale ferroviaria. Non ci sono colonne gotiche ma decine e decine di archi in ferro, che supportano cinque grandi volte ad arco in ferro e vetro, con la “navata” centrale di 72 metri più imponente delle altre. “La Centrale” è la stazione dove tutto parte e tutto arriva, e così era già in passato fin da quando venne inaugurata nel 1931. Sotto le sue volte passavano i convogli di lusso diretti a Istanbul del Venice Simplon Orient Express, così come i prestigiosi Trans Europa Express diretti al di là delle Alpi. Milano Centrale è una stazione che pare più grande da dentro che non da fuori, nonostante una facciata magniloquente nata da un progetto del 1912 ma modificata durante il ventennio fascista. E proprio per questo la stazione conserva ancora oggi nell’architettura una mescolanza di neoclassicismo, liberty, Art Déco e monumentalismo fascista. Sebbene negli ultimi anni il corpo dell’edificio abbia subito modifiche e ammodernamenti non ha perso il suo carattere originario, figlio di un periodo in cui le stazioni erano stazioni e non ancora centri commerciali, e ancora conserva i fregi nella biglietteria, statue di gesso e piccoli mosaici. E nel perdersi tra le attese degli oltre 300.000 passeggeri che di qui transitano tutti i giorni, vale la pena spingersi fino al binario 21, che oggi simboleggia il punto da cui partivano i treni carichi di persone, ebree e non, in viaggio verso i campi di sterminio nazisti. Al di sotto del piano ferroviario si trova infatti il Memoriale della Shoah, un museo che contiene anche i carri merci dell’epoca dove veniva stipato chi partiva verso una destinazione sconosciuta. La maggior parte, senza mai più fare ritorno.
Cuneo
Visto dal finestrino del treno, l’arrivo alla stazione di Cuneo è decisamente scenografico: dopo aver navigato tra i campi di grano e mais della “Provincia Granda”, tutto a un tratto vi troverete sopra a un grande viadotto ad archi che affronta il solco tracciato dalla Stura di Demonte. In volo sul fiume, verrete traghettati alla stazione. Dal piano binari, sopra le pensiline, quattro file di finestre vi riporteranno ai tempi in cui la città era uno snodo ferroviario di grande importanza, con le sue linee dirette a Torino, Mondovì, Saluzzo, Ventimiglia e Nizza, in Costa Azzurra. Basta volgere lo sguardo dall’altro lato, invece, per ammirare i contorni nitidi delle Alpi Marittime e Cozie. Salendo gli scaloni che portano all’antistante Piazza della Libertà noterete che nei decenni anche questa stazione ha vissuto il suo fisiologico calo d’importanza dettato dal cambiamento dei tempi, ma nonostante i treni a vapore non sbuffino più sui sei binari di corsa, gli interni neobarocchi ancora lasciano immaginare i sabaudi fasti del passato. All’uscita dall’ingresso principale, vi accoglierà un grande parco verde, con uno stelo di cemento alto oltre 50 metri nel mezzo. In fondo, Cuneo ha avuto la sua stazione centrale nel 1937, nel pieno del periodo fascista. Ed è così che, in un capoluogo di provincia che immagina il mare solo al di là delle cime che lo circondano, la stazione ha avuto il suo personalissimo faro, costruito per illuminare l’elegante facciata e la piazza intera nel giorno della sua inaugurazione.
Genova Piazza Principe e Genova Brignole
Quasi 30 km di strade, viuzze e caruggi separano le due stazioni che segnano gli estremi geografici di Genova. Per la sua conformazione geografica, il capoluogo ligure conta oggi 23 stazioni, spalmate su tutto il suo territorio dalla costa alle colline. Prendendo il treno a Genova riuscirete quasi a toccare le onde del mare, come dal binario 3 di Genova Nervi, ma le due regine che si contendono lo scettro di stazione più bella nella città della Lanterna sono sicuramente Piazza Principe e Brignole. Si confonde quasi tra le eleganti facciate dei palazzi cittadini Piazza Principe, centro nevralgico dei trasporti genovesi, nascosta tra le palme e scrutata notte e giorno dalla statua dedicata al viaggiatore per eccellenza, Cristoforo Colombo. Sotto le sue eleganti pensiline verdi in ferro battuto, è una piccola cartolina che riassume la Liguria, con i grandi palazzi che, come in gran parte della città, si sviluppano in verticale con le loro facciate color pastello. Brignole invece ha uno stile da palazzo reale, ispirato ai motivi romantici della “rinascenza” di scuola francese. La seconda stazione di Genova fa bella mostra di sé nel punto in cui il colle di Montesano digrada verso la Foce del Bisagno: qui arrivano i treni da Torino e Milano, qui partono i convogli che guardano verso Levante, qui si trovava pure la piccola stazione, chiamata “Orientale”, che venne poi ricostruita nel 1905 per lasciare spazio alla Brignole che vediamo oggi.
Salsomaggiore Terme
In Italia non ci sono solo le grandi città a custodire le opere più pregevoli dell’architettura ferroviaria. Le oltre 2.000 stazioni italiane conservano delle vere e proprie bellezze anche in piccoli paesi o cittadine di provincia. Un caso esemplare è Salsomaggiore Terme, centro termale della provincia di Parma già conosciuto in epoca romana per le sue acque curative. La ferrovia a Salsomaggiore arriva con una di quelle linee che molti chiamerebbero secondarie, da Fidenza. Dopo aver percorso un grande vialone su rotaia, il treno si attesta alla stazione terminale sull’unico binario che oggi gli è rimasto a disposizione. Prendendo la via verso l’uscita, avrete l’impressione di entrare in una Milano Centrale in miniatura. Grandi vetrate fanno filtrare la luce del sole in quello che è l’atrio da cui si accede ai treni, mentre alzando gli occhi verso l’alto potrete ancora ammirare la volta a botte circondata da dipinti ed elementi decorativi. L’impressione di esser giunti nella città dell’acqua è immediata: quattro lunette dipinte illustrano le varie epoche che hanno portato Salsomaggiore Terme a diventare “Ville d’eau”, partendo da quella romana fino a quella del Ducato di Parma e Piacenza, passando per i Farnese. Nonostante nel 2015 la stazione sia stata declassata a fermata, gli elementi originari sono stati mantenuti, tra cui la fontana a cinque cannelle decorata con il bassorilievo “In aqua salus”.
Reggio Emilia AV Mediopadana
Può sembrare un paradosso, ma forse il modo migliore per ammirare la stazione di Reggio Emilia Mediopadana non è dal treno ma dall’autostrada che le corre accanto. Che ci si arrivi da est o da ovest, interrompe la monotonia orizzontale da guard-rail con le sue forme sinuose e ondulate. In macchina non c’è modo di fermarsi, e nello sfrecciarle accanto sembra quasi che segua per qualche secondo il movimento, come un nastrino mosso da un colpo di vento. Ed è proprio l’effetto di un’onda dinamica quello che voleva ricreare il suo progettista, la celebre archistar spagnola Santiago Calatrava, mettendo in sequenza i 457 portali d’acciaio alti 25 metri che compongono l’ossatura della stazione. Del resto, da questi binari, fermano e transitano solamente i treni della linea ad alta velocità Milano-Bologna, non c’è spazio per i ben più lenti treni regionali. Che però comunque ci sono, stanno solo al piano di sotto, consentendo un collegamento comodo per la stazione del centro di Reggio Emilia, a circa 4 km dalla Mediopadana. La “Stazione di Calatrava”, come è anche conosciuta in città, è diventata talmente famosa e apprezzata da essere inclusa tra le opere d’arte contemporanea che insistono sul territorio della provincia. Se amate la fotografia avrete modo di sbizzarrirvi nel cercare le angolature migliori per far risaltare le geometrie della struttura. Da provare soprattutto all’alba e al tramonto, quando i raggi dorati aggiungono un tassello in più ai giochi di luci e ombre.
Firenze Santa Maria Novella
Firenze Santa Maria Novella è una di quelle stazioni che hanno la capacità di catapultare i viaggiatori direttamente nel cuore delle città in cui sono costruite. Mentre ancora i freni dei convogli stridono per attestarsi al binario, dietro le tettoie già scorgerete il campanile della basilica rinascimentale da cui la stazione prende il nome. Nonostante le modifiche e gli ammodernamenti che si sono succeduti negli anni, Santa Maria Novella rimane una stazione di eleganza e semplicità. Fu un’idea dei sei architetti che la progettarono, il “Gruppo toscano” così come è conosciuto, quella di costruire un’ampia galleria di testa per accogliere i viaggiatori, idea che verrà ripresa successivamente anche a Roma Termini, primum inter pares tra tutte le stazioni italiane. Capolavoro del razionalismo italiano, Santa Maria Novella venne inaugurata nel 1935. Passeggiando tra i marciapiedi e l’atrio vedrete ancora i tanti piccoli elementi decorativi rimasti ad abbellire la stazione: le fontanelle ormai inutilizzate, i vecchi numeri in rilievo a indicare i binari, le panchine e i ripiani per appoggiare i bagagli, primi esempi di design applicato all’architettura. Nella galleria, una sequenza continua di fotografie in bianco e nero anticipano gli scorci della città, mentre, al di sotto, delle eleganti lettere in bronzo descrivono i vari locali di stazione. Seguendo quelle che, nella parte centrale della galleria, indicano il “salone biglietti” entrerete nella biglietteria, dove in alto un antico tabellone delle partenze ormai in pensione osserva il flusso continuo di persone. Guadagnata l’uscita frontale, subito di fronte vi ritroverete l’abside della basilica, mentre di fianco una enorme bandiera italiana garrisce nell’aria. Prima di lanciarvi tra i più grandi capolavori del Rinascimento italiano, vale però la pena voltarsi ancora una volta verso i treni, per ammirare la “cascata di vetro” di fianco alla quale l’orologio triangolare di Nello Baroni segna l’ora mettendo fretta a chi troppo si sta attardando a guadagnare il proprio binario.
Roma Termini
Qualsiasi lista dedicata a raccontare, seppur brevemente, piccoli frammenti di storia ferroviaria italiana risulterebbe incompleta senza parlare di Roma Termini. La stazione principale della Capitale è anche la più grande d’Italia, quella che detiene tutti i record. L’unica stazione, forse al mondo, ad avere un suo personalissimo Dinosauro, così come è soprannominata la grande tettoia del suo ingresso. Termini: che della romanità fa suo lo spirito canzonatorio, e gioca con i viaggiatori già dal suo nome, che non indica la sua pur veritiera condizione di stazione terminale. La sua origine è infatti dovuta alla sua ubicazione nei pressi della antica piazza di Termini, il luogo in cui sorgeva la cisterna idrica delle vicine Terme di Diocleziano. Sono ironicamente due grandi torri per l’acqua, perfettamente cilindriche, dal profilo futurista, ad annunciarvi l’arrivo in città. È una storia lunga e tormentata quella della stazione, che ha visto tante modifiche nella forma e nello stile. Forse dovreste ammirarla da fuori, circumnavigandola come una grande isola, per apprezzarne al meglio tutte le sue particolarità. A partire dal Dinosauro, che riprende le forme delle mura serviane che arrivano a sfiorare la facciata. Per iniziare un mini-tour storico-archeologico prendete via Marsala e seguitela fino al cinquecentesco arco di Sisto V, costruito dall’omonimo Papa per celebrare il completamento dell’acquedotto Felice. Il binario 1 est non si scorge da qui, ma è solamente dietro le finestre dell’edificio a cui l’arco è addossato. Proseguendo, dopo aver oltrepassato l’ingresso delle mura aureliane di Porta Tiburtina, un sottopasso sulla destra attraversa tutto il fascio binari. Uscendo verrete catapultati in un’altra era: sulla sinistra, le geometrie quasi ipnotizzanti del Ferrotel, con le sue finestre in sequenza millimetrica, poi ancora il Tempio romano di Minerva Medica, in quel continuo mélange di epoche e stili che solo una città come Roma sa garantire. Ritornando verso l’ingresso, la stazione si riprende il suo spazio, con un lunghissimo corridoio ad archi che al primo piano prende le sembianze di un acquedotto antico. E prima di lanciarsi tra le strade di Roma, sarebbe bello finire questo mini tour nell’Ala Mazzoniana, il settore progettato dall’architetto Mazzoni nel 1939 che oggi ospita però gli uffici della società Grandi Stazioni e alcune esposizioni temporanee. Qui, dietro le mura, si nascondono un chiostro con in mezzo una fontana zampillante e un lungo corridoio porticato di 364 metri rivestito in travertino, ispirato al Tempio di Giove Anxur di Terracina.
Napoli Mergellina
Negli ultimi anni, tra le infinite bellezze di Napoli, sono sorte agli onori della cronaca anche le moderne stazioni della sua metropolitana, considerate in diverse classifiche tra le più belle in Europa. Non sono diventate altrettanto celebri le sue stazioni ferroviarie, ma ce n’è sicuramente una dal gusto di inizio Novecento che non sfigura per bellezza tra le sue colleghe sotterranee. È Napoli Mergellina, stazione costruita tra gli eleganti palazzi del quartiere di Chiaia nel 1925. Meno di 500 metri la separano dal lungomare Francesco Caracciolo, in uno degli angoli più eleganti di tutta la città. E per ammirarla in tutta la sua regalità vale la pena avvicinarcisi a piedi, proprio dal mare: percorrete la salita Piedigrotta, dopo aver incontrato gli imponenti palazzi residenziali d’Arata e De Fazio. A un certo punto incontrerete la piazza su cui è affacciata la chiesa di S. Maria di Piedigrotta. La grande stazione sta proprio lì dietro, perfettamente inserita nel suo quartiere. La sua facciata simmetrica, arricchita da colonne, statue e ornamenti, accoglie elementi dell’Art Déco senza abbandonare del tutto il Liberty, soprattutto nei suoi interni. Il grande finestrone centrale, dove è incastonato un orologio scortato giorno e notte dai suoi angeli in stucco, fa rassomigliare l’edificio a uno stabilimento termale, a un teatro. Ma basta guardare appena più in basso, sotto la grande pensilina in ghisa, per riportarci alla sua funzione. Per salire al piano binari potrete entrare da uno dei due grandi portali aperti ai lati: “Arrivi” dice un’elegante insegna sul portale sud, “Partenze” quella sul lato nord, a ricordare ancora l’idea iniziale dell’ingegnere Gaetano Costa. Ma molto tempo è passato da allora, e sebbene le strutture e le decorazioni siano ancora ben mantenute, alcuni particolari hanno perso linfa vitale. Come le biglietterie in legno di rovere di fianco alle scale che danno accesso ai binari, che da lungo tempo sonnecchiano ormai inutilizzate di fronte al viavai di persone, sostituite dalle loro pronipoti automatiche. Dei sei binari di cui era dotata solo due ne rimangono attivi. La stazione è stata declassata a fermata impresenziata nel 2017, e anche i convogli a lunga percorrenza non transitano più da questi binari: oggi solamente i treni del servizio ferroviario metropolitano diretti verso Napoli Campi Flegrei e Pozzuoli sono rimasti a sfilare di fronte al suo fabbricato viaggiatori.
Taormina-Giardini
Scendendo sempre più a sud in questo itinerario lungo le meraviglie ferroviarie d’Italia, non potete mancare una sosta in una stazione che fa di un’innegabile dose di fascino il suo primo biglietto da visita. Ma del resto non poteva che essere così in un luogo come Taormina, cittadina siciliana che non ha bisogno di presentazioni. Taormina-Giardini, così si chiama la sua stazione che condivide i binari con la vicina Giardini Naxos, si trova nella parte costiera del paese. Arrivando in treno da Messina, i pochi chilometri che precedono la stazione vi faranno sentire in una camera con vista sull’Isola delle Sirene. Sfiorerete i bagnanti che prendono il sole sulla spiaggia dell’Isola Bella, poi vi addentrerete in un breve tunnel prima di un défilé a picco sul mare. Una volta che il treno tira i freni e giunge al marciapiede, il profilo di un castello si staglierà oltre le tettoie in ferro battuto del binario uno. Non è una dimora ottocentesca: è lei, la stazione, che riesce a svettare in maestosità pure sugli scenari della costa siciliana. L’edificio principale è frutto di un restauro degli anni ’20, ma in realtà il treno arrivò a Taormina già nel 1866, grazie al progetto della Società Vittorio Emanuele di connettere via ferro Messina con i maggiori centri della Sicilia orientale. Lo stile Liberty trionfa in tutto il fabbricato viaggiatori, dalle semplici ringhiere che conducono ai sottopassaggi allo splendido soffitto decorato finemente dalle opere del pittore palermitano Salvatore Gregorietti, che curò anche le vetrate e gli arredi interni. E dentro a un piccolo museo vi sembrerà di essere arrivati, una volta entrati nella sala d’attesa. Qui, troverete addirittura dei reperti archeologici conservati dentro una teca di vetro e legno.
Palermo
Questo lungo itinerario attraverso le stazioni d’Italia si chiude come è opportuno che termini un percorso ferroviario: in una grande stazione di testa. Sono palme e banani ad accogliere i treni in arrivo, anche se in realtà vi sembrerà di essere giunti nella stazione di un paesone, con le pensiline semplici e gli uomini seduti in attesa con le gambe accavallate. Non ci sono tanti binari, le colonne e gli ambienti sono nudi, i cartelli indicatori con il vecchio logo FS in corsivo ricordano l’atmosfera delle pellicole anni ‘90. Dopo aver superato i soliti fast-food che ora popolano le stazioni urbane, i tanti sportelli, tutti uguali, della biglietteria accolgono le file di persone in partenza. Una cappella per pregare sulla sinistra è forse l’unico indizio a suggerire che questa, in realtà, è una stazione di alto rango. Ma vi basterà mettere il naso fuori e guadagnare il primo porticato per intuire la maestosità di Palermo Centrale. Meglio ancora quando, attraversata la strada, entrerete nel parco di piazza Giulio Cesare: voltandovi, vedrete ergersi in tutta la sua magnificenza il fronte monumentale con porticati, archi e finestroni. I colori sono quelli dei palazzi siciliani, della sabbia e della terra, le geometrie quelle dello stile eclettico di fine secolo. E non sfigura di certo tra i palazzi antichi della città, visto che anche lei, classe 1886, ha i suoi begli anni sulle spalle, passati a veder partire e arrivare i treni per tutto il resto d’Italia.