La danza macabra
La prima tappa è l’affresco della “Danza macabra”, di fronte al portale bronzeo della Basilica di Clusone. I temi rappresentati sono tre: il Trionfo della morte, la Danza macabra e il Giudizio Universale.
Viene chiamato anche “l’affresco dei Novissimi”, ovvero, della rappresentazione delle conoscenze certe sui destini ultimi della vita umana: la morte, il giudizio nell’Aldilà, l’inferno o il paradiso. L’affresco presenta in alto la morte trionfante avvolta in una veste nera, che indossa una corona sul capo, in piedi su un sarcofago dentro cui giacciono il Papa e l’Imperatore; le braccia sono spalancate e reggono due grandi cartigli: quello a sinistra ammonisce che nessun uomo può scampare alla morte, mentre quello a destra ribadisce che la morte non si fa corrompere dalla ricchezza, nessuno vi è escluso. Accanto alla morte ci sono due scheletri: quello di destra spara usando l’archibugio, quello di sinistra scaglia frecce con cui trafigge religiosi e cavalieri. Ai piedi del sarcofago, altri personaggi offrono doni alla morte, senza comprendere che non servono a nulla perché la morte non si lascia corrompere. In basso a destra, è rappresentato un giovane cavaliere che, mentre sta cacciando, all’improvviso viene disarcionato: è una reinterpretazione dell’“Incontro dei tre vivi coi tre morti”, iconografia utilizzata nel Medioevo per ricordare di meditare sul proprio comportamento in vita, perché la morte arriva all’improvviso.
Nella parte inferiore, abbiamo la danza macabra: i personaggi provenienti dalla porta a destra appartengono a tutte le classi sociali e avanzano in fila, condotti ognuno per mano da uno scheletro, verso il giudizio divino.
Nel terzo registro del dipinto, sono rappresentati l’Inferno e il Paradiso, di cui molte parti sono andate perdute in seguito alla ristrutturazione dell’edificio. I pochi personaggi che ancora possiamo ammirare ci fanno intuire che si tratta dell’inferno, dove sono puniti i sette vizi capitali.
L'Oratorio dei Disciplini
La seconda tappa alla scoperta di Clusone attraverso alcune tra le più pregevoli e significative opere pittoriche del suo patrimonio culturale, è l’Oratorio dei Disciplini, posto sul lato ovest del sagrato della Basilica di S. Maria Assunta, edificato dalla Confraternita dei Disciplini Bianchi, approvata ufficialmente nel 1336.
Il vecchio oratorio fu ampliato nel XV secolo d.C. e prolungato sulla sinistra, successivamente - nel 1673 - venne completato il sopraelevamento di tutto il complesso, per creare un ambiente più spazioso idoneo ad ospitare le riunioni dei Disciplini, che erano in continuo aumento di numero. Quest’ultimo intervento ha provocato un danneggiato all’affresco all’esterno.
Appena entrati, vi troverete immersi in uno scrigno dipinto: gli affreschi ricoprono tutte le pareti di quest’aula unica, la volta a crociera del presbiterio e la zona dell’altare. Le pareti della navata sono decorate con 42 riquadri, distribuiti lungo tre fasce, con la narrazione della vita di Gesù, di cui visibili sono 31. La successione delle scene segue la comune iconografica della tradizione cristiana: dalla parete a destra, si parte dall’Annunciazione fino all’ingresso di Gesù a Gerusalemme per la Pasqua. Nel secondo registro si passa agli episodi dall’ultima Cena alla Crocifissione, nel terzo in basso, seppur deteriorati, troviamo le scene della Deposizione, la Pietà e la Sepoltura. Seguono due composizioni, con l’apparizione di Gesù ai discepoli e l’annuncio dell’angelo alle pie donne che Cristo è risorto, il conferimento a Pietro del primato di fondatore della Chiesa e l’Ascensione di Gesù al cielo.
La data di esecuzione riportata nel ciclo di affreschi è il 1480, ma non si hanno notizie sull’autore. Gli studiosi si confrontano sulle possibili attribuzioni; certamente, si tratta di un pittore di grandi capacità creative e tecniche, che cura nei dettagli i personaggi, sempre in primo piano. Tutto lo spazio sopra l’arcosolio (tipologia architettonica ad arco) del presbiterio è occupato dalla Crocifissione e morte di Gesù sul Calvario. Cristo in croce è posizionato al centro, occupando il vertice dell’arco, mentre ai lati troviamo i due ladroni. La composizione è molto complessa e riprende lo schema impostato dal famoso pittore Vincenzo Foppa, con l’immagine de ladroni legati con delle corde alle braccia alla croce, datata 1456, il che testimonia che l’autore era aggiornato alle soluzioni pittoriche più recenti. Ai piedi dell’affresco guardando sulla sinistra si trova la data 1471 e la firma dell’autore che oggi si legge incompleta: “CHOB PINXIT”. Molti sono i nomi avanzati, l’ipotesi più accreditata sembra essere l’attribuzione al pittore clusonese Giacomo de Buschis detto Borlone.
L'orologio planetario Fanzago
L'orologio planetario è la terza tappa alla scoperta di Clusone attraverso i suoi affreschi, ed è raggiungibile scendendo la scalinata che dall’Oratorio dei Disciplini conduce proprio in Piazza Orologio.
L’autore del meccanismo astronomico è il cittadino clusonese Pietro Fanzago.
L’orologio è inserito nella torre del palazzo comunale. La cornice più esterna rappresenta la Rosa dei Venti con 8 teste alate. Successivamente troviamo l'anello delle ore composto da una fascia bianca che porta segnate con i numeri romani le 24 ore del giorno. Le ore sono indicate sotto i numeri da cerchi neri, le mezz'ore dalle frecce più lunghe, i quarti d'ora dalle frecce più piccole. A tracciare il segno è una freccia centrale, a metà della quale si trova una faccia di rame dorato sbalzato, rappresentazione del Sole.
Tre diverse corone, divise a loro volta in fasce, danno specifiche indicazioni astrologiche e astronomiche. La prima corona presenta una fascia esterna divisa in 12 caselle sulle quali sono segnati i mesi dell'anno. La seconda fascia è anch'essa divisa in caselle, sulle quali sono raffigurati i segni dello zodiaco. I segni zodiacali sono dipinti in oro su fondo azzurro e sul fianco sono indicati i rispettivi simboli astrologici. L’ultima fascia si presenta divisa in sezioni con numeri romani dorati su fondo nero, che rappresentano la durata del dì e della notte. La seconda corona presenta la parte mobile: a metà dell'asta si trova la faccia raggiante del Sole, realizzata in rame finemente sbalzato e dorato. L'indice maestro più lungo segna le ore, i mesi, la lunghezza della notte e la posizione del Sole nello Zodiaco. Particolare è il suo scorrimento antiorario, secondo un ciclo che si completa nell'arco delle 24 ore del giorno e segue il senso del movimento del Sole da est verso ovest. Alla base della freccia si trova un disco diviso in 29 caselle e mezzo, che indicano i giorni della fase lunare. Su questo, la freccia più grande indica i giorni dell'età della Luna, mentre quella più corta segna i giorni della Luna calante dopo il plenilunio. La terza corona rappresenta la volta celeste: le linee sono tracciate in oro e raggruppano le stelle e i pianeti. La Terra è rappresentata dalla piccola stella ad otto punte posta al centro del disco; la luna dalla finestrella circolare in alto. Attraverso le linee tracciate si potevano calcolare per i neonati, i rispettivi futuri coniugi astrologicamente compatibili.
Il palazzo comunale di Clusone
La quarta tappa è costituita dal maestoso e severo Palazzo comunale, che domina la piazza antistante e contiene in sé l’Orologio Fanzago. La sua costruzione risale al 1008.
Il palazzo rispecchia la purezza dell'architettura medioevale, con l’edificio diviso su due livelli, il più basso dei quali è scandito da sei arcate a tutto sesto, sorrette da semipilastri, quello superiore con poche finestre e, accanto, l'alta torre. Infine, la copertura con tetto a spioventi con travi in legno.
All’esterno, il palazzo è decorato da affreschi con gli stemmi dei casati che si sono susseguiti nel tempo al governo del comune: questo perché fosse chiaro a tutta la comunità, e a coloro che fossero giunti in città da fuori, quale fosse in quel momento la famiglia più potente. Al centro del muro sulla piazza, si notano i resti di una loggetta gotica murata, probabilmente di una balconata da cui il Podestà si affacciava per i suoi proclami. Sotto la loggia, un affresco ben conservato raffigura al centro la Madonna con il Bambino in braccio, seduta in un trono realizzato in stile gotico, tra i santi Sigismondo, a destra, e Cristoforo, a sinistra. La presenza di quest’ultimo non è casuale: San Cristoforo, con Gesù Bambino sulla spalla che gli tira una ciocca di capelli, è il protettore dei viandanti, per cui la sua presenza nella piazza del mercato era di buon augurio di un sereno rientro per i mercanti che giungevano con i loro prodotti e per tutti coloro che si recavano a visitare la città.
La Chiesa di San Defendente e Rocco
Inizialmente si riteneva che la Chiesa, meta della nostra quinta tappa alla scoperta visiva di Clusone, fosse stata costruita tra il 1470-77; in realtà, l’analisi della muratura e degli affreschi portano ad ipotizzare che questa data si riferisca all’ampliamento di un oratorio già esistente e risalente al 900 d.C., dedicato a San Nabore, un santo martire facente parte della legione romana e martirizzato durante le persecuzioni cristiane del 303 a.C. Dopo l’ampliamento, l’edificio è stato dedicato a San Defendente , un altro soldato martire appartenente alla legione Tebea, composta da cristiani egiziani, che nel IV secolo d.C. venne trasferita al confine con le Alpi, al servizio del generale Maurizio, il quale, essendo pagano, ordinò di fare dei sacrifici agli dei. La legione si rifiutò e per questo venne sterminata. Il culto dei martiri era molto diffuso a Tours e quando, sotto Carlo Magno, le diocesi dell’alta Val Seriana passarono sotto il governo del vescovo San Martino di Tours, il culto di San Defendente si diffuse presto. Nel 1477, l’edificio venne ristrutturato, in seguito alla diffusione della peste nella Val Seriana, proprio mentre i veneziani acquisivano le reliquie di S. Rocco a Voghera, dove era morto il santo, tempo dopo che, pur avendo contratto la malattia, era guarito miracolosamente. Questo spiegherebbe la diffusione della sua venerazione a Clusone, che faceva parte allora dei possedimenti veneti. Nel 1575, venne costruito il portico con quattro colonne, le cui pareti vennero dipinte, a destra, con una Crocifissione coi santi Sigismondo, Rocco, Defendente, Sebastiano e Cristoforo con Gesù che gli tira i capelli. Nel 1630, allo scoppio di una nuova ondata di peste, la Chiesa venne trasformata in Lazzaretto, mentre dal 1770 iniziò il declino. Dopo anni di chiusura al pubblico, è stata ristrutturata recentemente. La Chiesa, a navata unica, presenta al suo interno degli affreschi probabilmente tutti ex voto , commissionati da famiglie facoltose del posto, per ringraziare i santi delle grazie ricevute. Per questo, troviamo più volte le immagini di San Defendente con la tunica dorata, la spada e i capelli biondi, e quella di San Rocco, coi capelli lunghi castani, la piaga sulla gamba destra e, solo in un affresco, ritratto con il cagnolino che lo avrebbe sfamato durante l’ isolamento dovuto alla malattia. Nel Presbiterio, troviamo una tavola dipinta d’altare datata 1634, con la tela che rappresenta il transito di S.Giuseppe, sostenuto da Gesù e dalla Madonna. Ai lati, lo spazio è diviso da una finta struttura architettonica formata da arcate a tutto sesto.
Verso altre tappe alla scoperta di Clusone
Ci auguriamo che il nostro viaggio “atipico” alla scoperta di Clusone “dipinta”, per scoprirne alcuni affascinanti segreti guardandola da “punti di osservazione” insoliti, sia stato di vostro gradimento.
Tuttavia, le suggestioni che questo caratteristico borgo, dalle origini antiche, può offrire, sono tantissime, per gli appassionati di storia e di arte, ma anche per gli amatori del turismo rurale, lento, ecosostenibile, pronti a gustare la tranquillità di questi luoghi, pedalando sulla pista ciclabile della ValSeriana o passeggiando per le vie del centro storico, dove sembrano riecheggiare i passi di personaggi eccellenti che sono stati ospiti a Clusone nel corso dei secoli. A qualcuno, forse, sembrerà di sentire le melodie del grande Giuseppe Verdi, che qui, si racconta, compose l’Attila, mentre era in vacanza presso la villa della Contessa Maffei. Questi luoghi, però, sono ideali anche per gli amanti del silenzio e della bellezza della natura di questo altopiano, pacifico e accogliente.