Verrès
Non è che Verrès si trovi proprio nella val d’Ayas, ma è a Verrès – probabilmente si starà guidando da Ivrea o da Torino – che si può lasciare la dorsale europea E25 fra Mediterraneo e Olanda per avviarsi verso il Monte Rosa. Rispetto ai villaggi che si passeranno in rassegna lungo la val d’Ayas, Verrès è più cittadina: da sola ha più abitanti che non la somma di tutti quelli della valle messi assieme.
A prima vista può sembrare che qui ci siano due chiese con il titolo di Collegiata, ma si capisce subito che non è così: Sant’Egidio (in italiano) è la stessa cosa che Saint Gilles (in francese). Chiaramente francese è invece il cognome della casata alla quale si deve il clamoroso Castello degli Challant che svetta dalla rupe sopra l’abitato, e che è assolutamente da visitare.
I curiosi di storia che apprezzano anche la letteratura potrebbero leggere in proposito I dodici abati di Challant, un ottimo romanzo italiano di fine ’900 che ritrae l’ambiente medievale del Castello di Graines. Nel romanzo si dice che “se qualcuno dei nostri amici, venendo a cercarci, chiederà del castello di Challant, dite che non esiste più. Ma ditegli che noi esistiamo ancora e che se vuole potrà trovarci, in qualche parte di questa valle.” Il Castello di Graines è infatti in rovina, ma questo di Verrès resiste ancora benissimo, e il libro è illuminante.
Challand-Saint-Victor
Si comincia a risalire la val d’Ayas. Pochi chilometri a nord di Verrès, già il primo comune che si incontra lungo la valle conserva nel nome la secolare dipendenza dalla storica famiglia degli Challant, che anzi proprio qui aveva avuto il suo possesso originario. Si può salire – ma a piedi, dall’area della Riserva naturale del Lago di Villa – fino ai ruderi del Castello di Villa, da cui la storia degli Challant avrebbe spiccato il volo.
La seconda parte del nome di Saint-Victor deriva dal santo cui è intitolata la parrocchiale di Sizan, la più settentrionale delle borgate che compongono il comune. Altre borgate dove fermarsi attorno alla strada regionale 45 sono Villa-Nabian, da cui parte il tratto di strada per la Riserva naturale, e Isollaz, con la sua Cascata, raggiungibile percorrendo un sentiero, diretto a una miniera dismessa di pirite.
Più a monte si troverà, simile per ambiente e per impianto, Challand-Saint-Anselme, tra fitti boschi di castagni, prati e pascoli sopra i 1000 metri di quota: è una terra di canali irrigui e mulini – ben risistemato quello di Ruvère – sotto le vette del gruppo montuoso delle Dames de Challand. A chi si chiedesse come mai il nome della famiglia compaia qualche volta come Challant e qualche altra come Challand, i locali farebbero presente che in francese le due grafie si pronunciano allo stesso modo.
Riserva naturale del Lago di Villa
Un accesso decisamente comodo da Challand-Saint-Victor porta nel pieno di una bellissima zona di protezione ambientale di mezza montagna: la Riserva del Lago di Villa che occupa 25 ettari fra 800 e quasi 1000 metri di quota.
Dalla borgata di Villa-Nabian parte una strada asfaltata che raggiunge il parcheggio del lago. Di qui un altro breve tratto di strada e infine una mulattiera sono perfettamente adatti anche a persone con disabilità motoria.
Il lago è un’oasi di pace, dove viene spontaneo fermarsi ad ascoltare i suoni discreti della natura e a osservare i monti attorno. In qualsiasi stagione si possono ammirare i colori cangianti delle foglie e cercare con gli occhi le specie vegetali e animali che popolano l’ambiente. Dopo questa esperienza, ci si può avviare nuovamente lungo la strada regionale 45 oltre Challand-Saint-Anselme verso il Castello di Graines.
Castello di Graines
Il Castello degli Challant a Verrès resta a suo modo vivo e vegeto, mentre questo di Graines – dovuto alla stessa famiglia storicamente dominante in Val d’Ayas – è emblematicamente in rovina. Medesima sorte, del resto, è toccata al Castello di Villa vicino a Challand-Saint-Victor. Tutte e tre queste fortificazioni servivano alla famiglia per controllare il territorio lungo il percorso dal fondovalle principale verso Gressoney.
Graines, comunque, è particolarmente spettacolare: non soltanto per la posizione in vetta a un colle, simile a quella degli altri castelli degli Challant, ma anche per l’alta torre superstite, a pianta quadrata, e per la cinta muraria attorno, costruita lungo l’ondulazione del terreno. Fra la torre e le mura viveva un tempo un vero borgo, fatto di case e funzioni vitali attorno alla cappella di S. Martino.
Ai ruderi di Graines si arriva lasciando la strada regionale di fondovalle SR45 poco a monte di Arcesaz, inerpicandosi a U sulla sinistra: sono meno di un paio di chilometri e mezzo, più l’inevitabile tratto finale a piedi.
Brusson
Una decina di chilometri più in alto di Challand-Saint-Victor, la zona di Brusson è certamente ambita dai viaggiatori più colti per via del Castello di Graines, ma tutti apprezzano i sentieri in quota che d’estate portano fino agli scenografici laghi di Palasinaz a partire dalla località di Estoul.
D’inverno poi, senza parlare della pista di pattinaggio su ghiaccio (ghiaccio naturale!) ben attrezzata in paese, Estoul mette a disposizione quasi otto chilometri di piste da discesa e più di trenta per il fondo. Per chi programmasse di sciare anche più in alto in valle, con gli impianti di Antagnod e di Champoluc, è utile segnalare che anche a Brusson possono valere gli abbonamenti di Monterosa Ski.
Sino a una quarantina di anni fa era in esercizio a monte di Brusson la miniera d’oro di Chamousira, che si può visitare prenotando in anticipo, lasciando l’auto vicino al quinto tornante della strada per Estoul e poi camminando nel bosco per una ventina di minuti lungo il sentiero 7. A partire dal 1899 si era scavato qui più di un chilometro e mezzo di gallerie, oggi in parte percorribili con guida.
Antagnod
Una decina di chilometri a nord di Brusson la strada regionale SR45 raggiunge, a un’altitudine circa 200 metri superiore, il capoluogo della Val d’Ayas. Non soltanto Antagnod è adagiata in una splendida conca con una serie di impianti per lo sci – parte del comprensorio Monterosa Ski – ma può anche, sul lato culturale, andare orgogliosa della propria parrocchiale di S. Martino. Il campanile quattrocentesco della chiesa svetta su un piccolo nucleo di vicoli acciottolati con case in pietra e legno, testimonianza di una continuità costruttiva rispettosa dei tradizionali modelli dell’edilizia di valle.
I motivi per fare sosta – se non auspicabilmente per soggiornare – aumentano per via della notevole Maison Fournier, la casa-forte dove abitava il castellano locale della famiglia Challant onnipresente in valle, e dove oggi è adeguatamente rappresentata la tradizione dell’artigianato valdostano. Sotto il balcone della casa-forte si può notare una zampa d’orso impagliata: ricorda la leggenda secondo cui un montanaro locale sarebbe riuscito a uccidere un orso a mani nude.
Champoluc
La meta finale dell’itinerario è la famosa stazione di villeggiatura estiva e di sci invernale. La si raggiunge a breve distanza da Antagnod: sono soltanto quattro chilometri circa, sempre lungo la strada regionale SR45. Volendo, si può comunque continuare ancora in auto fino a Saint-Jacques-des-Allemands e poi, ma con le pedule ai piedi, fino al Lago Bleu via Fiery, Beaubois e il Pian di Verra Inferiore. Per i cicloturisti, si può riassumere che la salita da Verrès a Saint-Jacques lungo un percorso di quasi 32 chilometri deve fare i conti con un dislivello di 1300 metri.
Champoluc non ha edifici storici significativi, ma non ne ha bisogno: anche la chiesa è ottocentesca, quando si diede vita a una parrocchia autonoma da quella di Antagnod. Qui a Champoluc ciò che conta sono le escursioni sui monti attorno e gli impianti di risalita gestiti dalla società Monterosa Ski, che qui ha sede e ufficio informazioni.
Sul lato estivo, una prima opzione praticamente alla portata di tutti – soprattutto se al ponte si prende il sentiero meno ripido, sulla destra – è la passeggiata per le cascate e poi il villaggio di Mascognaz, con le sue case in stile Walser e il suo centro benessere. Altri sentieri più impegnativi si possono avvicinare con seggiovie o telecabine, come quella per la quota quasi 2000 della stazione a monte di Crest.