Le quattro stanze più celebri di Roma si trovano in Vaticano, a pochi passi dalla Cappella Sistina: non portano il nome di un papa bensì quello di un artista, Raffaello da Urbino, che vi dipinse i capolavori più maturi della sua parabola artistica. Giulio II della Rovere le scelse per farne il suo appartamento personale. In precedenza la dimora papale si trovava al piano inferiore dello stesso edificio, ma Giulio II si rifiutò di continuare ad abitare dove aveva vissuto l’odiato predecessore Alessandro VI Borgia. Affidò dunque a Raffaello l’incarico di affrescare il nuovo appartamento.
Al tempo di Niccolò V, in questi ambienti avevano già lavorato artisti come Andrea del Castagno e Piero della Francesca; in un primo momento lo stesso Giulio II si era rivolto ad altri pittori, tra cui Perugino e Lorenzo Lotto. Ma visto all’opera Raffaello, il papa decise di affidargli l’intero appartamento, autorizzandolo a cancellare gli interventi precedenti: Raffaello risparmiò solo una parte del lavoro di Perugino, suo maestro. Quando Giulio II morì (1513), il successore Leone X de’ Medici confermò l’incarico al pittore urbinate, che lo glorificò nella stanza dell’Incendio di Borgo, dove sono presentate le imprese di papi del passato che portarono lo stesso nome, come Leone III e Leone IV.
Il risultato complessivo è considerato una delle massime espressioni dell’arte rinascimentale. I quattro ambienti portano i nomi di stanza della Segnatura (dove si riuniva il tribunale della Segnatura Gratiae et Iustitiae, presieduto dal pontefice), stanza di Eliodoro (usata per le udienze private, così chiamata dall’affresco principale raffigurante la Cacciata di Eliodoro dal tempio), stanza dell’Incendio di Borgo (l’affresco più noto rappresenta un incendio divampato nel rione romano di Borgo nell’anno 847, domato da papa Leone IV) e sala di Costantino (destinata alle cerimonie ufficiali e dedicata all’imperatore Costantino, che pose fine alle persecuzioni e si convertì al Cristianesimo).
In realtà, Raffaello non dipinse in prima persona tutto l’appartamento. Dopo aver ideato il programma decorativo e realizzato i cartoni preparatori degli affreschi, lasciò buona parte del lavoro pratico a una schiera di allievi e collaboratori di straordinario talento, tra cui Giulio Romano e Perin del Vaga. A essi si devono gran parte della stanza dell’Incendio di Borgo e l’intera sala di Costantino, affrescata dopo la morte del maestro (1520).