Tolmezzo
Tolmezzo si trova nel punto dove il corso del Tagliamento riceve quello dell’affluente But, ed è un abitato storico di rilievo perché qui si incrociano le strade di comunicazione con il Cadore veneto, l’Austria e la pianura verso il mare. La città ha probabili origini romane, e già nel ’300 aveva ottenuto dal Patriarcato di Aquileia privilegi che la riconoscevano come centro principale della Carnia. È italiana dal 1866. In precedenza apparteneva all’Impero Austro-Ungarico.
Premiata come città alpina dell'anno 2017, Tolmezzo è turisticamente importante soprattutto in quanto centro di servizi, dove trovare tutto quanto può essere utile a partire dalle informazioni fino ad alberghi, negozi o assistenza. Ma vale anche qualche ora di esplorazione – perlomeno – per il Borgàt (il centro storico) che conserva tracce di un impianto urbano medievale, il Duomo di S. Martino con le sue opere d’arte, la passeggiata dalla chiesa di S. Caterina fino al colle con la torre Picotta, che ricorda la Tolmezzo fortificata, e il Museo carnico delle Arti popolari «Michele Gortani», dove prendere confidenza con l’identità della Carnia. Naturalmente, sono poi possibili altre passeggiate e biciclettate nei dintorni, verso monti, rifugi o pievi e lungo le tante vie ciclabili fino alla famosa ciclovia dell’Alpe Adria Radweg.
Ai decenni finali della lunga appartenenza di Tolmezzo alla Repubblica di Venezia (dal 1420 al 1797) risale l’importante storia proto-industriale della tessitura di tele, damaschi, rasi e taffetà impiantata da Jacopo Linussio (1691-1747), nativo della vicina Paularo, che arrivò a impiegare quattromilacinquecento filatrici e a esportare stabilmente oltreoceano. La produzione domestica da parte delle famiglie friulane su incarico dell’impresa di Linussio potrebbe essere definita oggi come un esempio pionieristico di smart working.
Lago di Verzegnis
A sud di Tolmezzo si raggiungono in pochi chilometri i villaggi e i borghi del comune di Verzegnis, su un altopiano ricco di frutteti, faggi e castagni. Il lago che porta lo stesso nome è uno spettacolare bacino artificiale che, se da un lato alimenta la centrale idroelettrica di Cavazzo, dall’altro crea un vasto e tranquillo ambiente naturale da vivere a piedi o in mountain bike. Il lago non è balneabile ma si può comunque apprezzare a tutto tondo con passeggiate lungo le sponde in direzione della grande diga o grazie a momenti di relax con la canna da pesca.
A monte del lago, il passo di Sella Chianzutan offre panorami in quota e permette di visitare cave di marmo rosso per cui è stato realizzato un notevole progetto di archeologia industriale. Si sono recuperate e valorizzate la cava Lavoreit Ros e la Via Storica del Marmo di Verzegnis.
Gli scavi archeologici condotti intorno alla torre medievale del colle Mazeit, in frazione Villa di Verzegnis, hanno permesso il ritrovamento di oggetti e resti di costruzioni che retrodatano l’insediamento fino all’undicesimo secolo avanti Cristo, e ne testimoniano l’importanza già in epoca celtica e romana.
Un dettaglio finale. È originaria di Verzegnis una famiglia a cui la storia della civiltà digitale italiana deve moltissimo. Nel capoluogo comunale Chiaulis si trova infatti la casa natale di Enore Deotto (1923-2008), dirigente della Olivetti di Ivrea e poi presidente delle grandi fiere aperte al pubblico che, fra gli anni ‘60 e ‘80 del ‘900, hanno introdotto in Italia l’uso del computer.
Lago di Sauris
Un’occhiata alla mappa delle minoranze linguistiche in Carnia porterebbe subito a individuare Sauris, che si trova una trentina di chilometri a nord-ovest di Tolmezzo lungo la statale 52 e la provinciale 73, come isola germanofona. Il borgo fu fondato verso la metà del ’200 da alcuni boscaioli arrivati probabilmente dalle valli al confine con il Tirolo e la Carinzia austriaci. Non erano luoghi dove fosse comodo spostarsi e la comunità, isolata per secoli, ha mantenuto praticamente intatti dialetto, feste, usi e costumi originari.
Risalendo da Ampezzo la stretta valle del torrente Lumiei, si rimane senza fiato di fronte a uno specchio di azzurro improvviso. Una diga alta 136 metri inaugurata nel 1948 – all’epoca la più alta in Italia – forma il bacino di Sauris, idroelettrico anche se di aspetto naturalissimo. Con la costruzione della diga si formò un bacino artificiale, l'attuale lago, con una portata d’acqua di oltre 70 milioni di metri cubi. Se si resta a bocca aperta non per l’acqua ma per i resti dell’antico borgo de La Maina giù in basso, è perché si è arrivati durante una delle rare occasioni in cui il lago lo si svuota per manutenzione.
È perfino inutile sottolineare come qui le attività a contatto con la natura trovino ambiente perfetto: passeggiate, canoa, windsurf, pesca sportiva e, per un’aggiunta appena un po’ meno naturale, vertiginose discese di oltre un chilometro sopra le acque appesi a una Zip-Line.
Laghi d’Olbe
Ha inizio da qui – nel territorio comunale di Sappada, la serie dei laghi carnici di formazione naturale da raggiungere in quota, proprio dal centro di Sappada grazie al facile sentiero 135 che presenta comunque un dislivello complessivo di circa 1000 metri.
I tre specchi d’acqua d’Olbe sono piccoli bacini di origine glaciale, su un altopiano dove il silenzio delle Alpi circonda rocce, prati e acqua. L’ambiente è tipicamente incontaminato, eppure non del tutto alieno alla modernità perché piuttosto vicino alla stazione a monte della seggiovia Sappada 2000. Non occorre, insomma, essere rocciatori esperti per poter dire “siamo arrivati”!
Il sentiero che dal rifugio raggiunge la zona dei laghi – che nel tedesco antico di Sappada si chiamano Olbe seaber – mette in confidenza con l’antichissima civiltà dell’alpeggio. Vicino al lago orientale, il maggiore dei tre, è frequente l’incontro con mucche al pascolo, placidamente segnalate dal suono regolare dei loro campanacci al collo.
Lago di Bordaglia
Se parlare di confini amministrativi avesse davvero un senso in alta quota, ci si potrebbe accorgere che l'Oasi faunistica di Bordaglia-Fleòns – la più vasta non soltanto in Carnia ma in tutto il Friuli – si trova nel territorio di Forni Avoltri, il più a nord tra i comuni friulani, un quarto d’ora di guida a oriente di Sappada passando per Cima Sappada lungo la strada regionale 355. Il lago, che come quelli d’Olbe ha origine glaciale, è meta irrinunciabile per chi ama la natura e la montagna, stagliato in un fantastico contesto alpino tra le dorsali grigie dei monti di Volaia e quelle verdi delle cime di Fleòns.
Anche qui si può salire solamente con gli scarponi ai piedi, scoprendo lungo il cammino la forra del rio Bordaglia, con le sue cascate e i suoi pozzi, la pace che circonda la malga di Bordaglia di Sotto, e infine i larici attorno al lago. Non è certo, ma si potrebbe anche scorgere da lontano qualcuno dei cervi o dei camosci che sono stanziali in zona.
Per i più instancabili non è lontanissimo il Lago Pera – che a Forni chiamano Lâc di Pera, e che di una pera ha la forma – prossimo al confine con l’Austria. Si può anche raggiungere l’altitudine di 1.951 metri del Lago Volaia, sulle cui sponde alcuni rifugi, situati in territorio austriaco, offrono la possibilità di gustare i piatti tipici della cucina di montagna e di godersi l’alba in questo ambiente maestoso e pulito.
Lago Avostanis
A quota 1936, circa quattrocento metri più in alto del Rifugio Casera Pramosio da cui di solito si sale, il Lago Avostanis è un piccolo suggestivo esempio di invaso montano creato dal modellamento glaciale. Tanto il rifugio quanto il lago, che si trova nel gruppo montuoso della Creta di Timau, sono vicini a Paluzza, luogo di villeggiatura lungo la valle del But, a est di Forni Avoltri e a nord di Tolmezzo.
Lo specchio d’acqua è compreso in un circo glaciale prodotto da erosione differenziale delle rocce, ed è alimentato tanto dallo scioglimento delle nevi in primavera quanto da una faglia. Estensione e profondità variano in funzione delle stagioni e di quanta neve si sia prima accumulata. D’inverno, comunque, Avostanis è sempre ghiacciato.
Il paio d’ore di salita a piedi fa apprezzare tanto l’ambiente naturale quanto l’attività umana. Si incontrano alpeggi con presenze di agriturismo, alcune cave – una delle quali ancora in attività – di marmo grigio carnico, un rarissimo caso di galleria mineraria per l’antica estrazione d’argento ben conservata (anche se non visitabile), e resti bellici della Grande Guerra. Inoltre lungo il sentiero che porta prima al lago e poi alla cima ci sono diverse testimonianze del passato tra cui la lapide di Maria Plozner, una portatrice carnica che, durante la prima guerra mondiale, nel 1916, fu colpita a morte da un cecchino austriaco mentre portava rifornimenti ai soldati italiani sul fronte.
Lago Dimon
Già in sé decisamente suggestivo, il lago offre anche il pregio geologico di poter riconoscere l’effetto locale dell’erosione glaciale würmiana – dato che quindicimila anni or sono l’area del monte Dimon e del vicino monte Paularo era ancora coperta da una calotta di ghiacci – e soprattutto la risposta del territorio alla fase del ritiro glaciale e al nuovo condizionamento climatico.
Come per il Lago Avostanis, anche per il Dimon la località di riferimento più comoda è Paluzza, lungo la statale 52 bis verso il Passo di Monte Croce Carnico. Il centro più vicino è però quello di Ligosullo, poco più a oriente, dove si trova anche Castel Valdaier che alla camminata fa da punto di partenza.
Si sale da quota 1340 fino a oltre duemila metri attraversando ambienti molto panoramici, malghe non più in esercizio ma che possono comunque offrire ricovero e ammirando gli strani colori di rocce vulcaniche decisamente non comuni in regione, e fiori altrettanto rari come la pulsatilla alpina. Non è una gita breve, perché per la salita è necessario prevedere almeno tre ore, e sapere in anticipo che si tratta di un percorso escursionistico.
Può fungere da punto di appoggio, a breve distanza dal punto di partenza, la Casera Valdaier con i suoi prodotti aziendali.