Dolegna del Collio
Seguendo la forma di una mezzaluna che abbraccia, senza mai oltrepassarlo, il confine sloveno, il viaggiatore può cominciare la sua visita del Collio goriziano partendo dalla sua estremità settentrionale, Dolegna del Collio.
Incuneata in uno stretto lembo di terra tra il corso del torrente Judrio, che la separa dalla provincia di Udine, e la frontiera slovena, Dolegna del Collio regala scorci di natura rigogliosa, in gran parte plasmata dall’uomo.
La strada turistica “del vino e delle ciliegie”, che dal 1963 promuove il turismo enogastronomico del Collio goriziano, attraversa, proprio intorno a Dolegna del Collio, alcuni scorci particolarmente pittoreschi.
Il tipico scenario di viti, punteggiate da casette rurali in pietra e alberi di ciliegio, caratterizza appieno il paesaggio. Qua e là spunta la silhouette appuntita di alcuni campanili di campagna, come quello della chiesa di S. Leonardo nella frazione di Scriò, affrescata a fine Ottocento da Giacomo Meneghini, meglio noto in Friuli con il nome di Jàcun Pitôr.
La natura si fa più selvaggia e incolta quando, scendendo da Dolegna del Collio verso Cormòns, si incontra la fitta vegetazione del bosco di Plessiva. Volpi, caprioli e lepri popolano questa foresta, inverdita dalle chiome di castagni, roveri e robinie, mentre nel cielo volteggiano i falchi e le poiane.
Tra le strade rurali di Dolegna del Collio si può includere un assaggio di Collio Doc, una denominazione di origine controllata fin dal 1968. Tra le tante varietà di vini pregiati imbottigliati da queste parti, spicca l’uvaggio del Collio Bianco, dal sapore fresco e vivace e dall’odore delicato e leggermente aromatico, vanto di tanti piccoli produttori locali.
Cormòns
Tra i rilievi del Collio goriziano convivono armoniosamente diverse identità storiche e culturali, e ciò è ancor più evidente quando si visita Cormòns, al centro di un ampio territorio costellato di minuscole e bucoliche località di campagna, come quella di Giassico, borgo rurale dal fascino antico.
Insediamento urbano principale del Collio goriziano, l’abitato di Cormòns si raggruppa intorno al duomo di S. Adalberto, circondato da un’inconfondibile selva di tetti rossi che proteggono le facciate delle palazzine medievali.
Uscendo dalla cattedrale, bastano pochi passi per raggiungere piazza XXIV maggio, salotto cittadino; poco oltre si apre piazza della Libertà, su cui primeggia una statua di Massimiliano I, fondatore della dinastia asburgica.
ll legame storico di Cormòns con la dominazione austriaca è ancora forte: tra il Seicento e il Settecento gli Asburgo abbellirono il borgo con eleganti edifici di stile tipicamente austriaco, come palazzo Waiz del Mestri e palazzo Locatelli. Quest’ultimo è oggi sede municipale e ospita l’esposizione del Museo civico del territorio, punto di riferimento per approfondire il patrimonio storico e culturale del Collio goriziano.
Conosciuta come centro di produzione di sedie e mobili, Cormòns è spesso associata alla massiccia coltivazione di viti, che qui è organizzata intorno a un’unica cooperativa, ma non sono da meno i prodotti culinari in vendita tra le botteghe del paese, come il famoso prosciutto affumicato con legni di ciliegio e di alloro o i formaggi di latteria. Diverse ricette locali sanno coniugare il meglio della cucina friulana con la tradizione dell’Europa centrale: basti pensare a piatti saporiti come il gulasch, di origine ungherese e simile a uno spezzatino di carne, e i blecs, una pasta fatta in casa tagliata a strisce. Non mancano poi zuppe di carne e verdure, come la jota, a base di patate, fagioli, cotenna di maiale e crauti.
Prima di lasciare Cormòns, si consiglia di risalire la strada che raggiunge la cima del monte Quarin, tra vigneti, ulivi e alberi da frutto, per osservare dall’alto dei suoi 274 metri di quota un panorama mozzafiato su tutto il circondario. In alternativa, per una veduta altrettanto memorabile sul Collio goriziano, si può guidare verso la chiesa di S. Giorgio nella frazione di Brazzano: da qui in una giornata limpida il panorama si spinge fino al Carso triestino e al mare Adriatico.
Capriva del Friuli
Come già osservato a Cormòns, anche il nucleo più antico di Capriva del Friuli vede un piccolo gruppo di case addossate attorno al principale luogo di culto del borgo, la chiesa del Santissimo Nome di Maria, il cui campanile veniva utilizzato come torre d’avvistamento. Distrutta e riedificata più volte con stili differenti, l’attuale aspetto della chiesa risale all’Ottocento.
Il nome del paese di Capriva del Friuli potrebbe derivare dal termine sloveno per la pianta di ortica (kopriva): pare che quando le popolazioni slave occuparono questo territorio in epoca medievale i campi fossero ricoperti di grandi distese di ortiche. Oggi, dopo secoli di interventi e bonifiche, il paesaggio circostante sfoggia invece le pittoresche geometrie di vigneti disegnate da generazioni di vinicoltori.
Parlando nuovamente di vino, com’è inevitabile durante un viaggio nel Collio goriziano, il recente passato enogastronomico di Capriva del Friuli è legato a una tenuta situata sulle pendici del colle Russiz. Tra questi filari di viti, dominati da una bianchissima villa in stile neo-gotico, terminata nel 1872, vissero la nobile Elvine Ritter de Zahony e il marito Theodor de la Tour, a cui si deve l’introduzione di vitigni tipicamente francesi nel Collio goriziano, come Sauvignon e Chardonnay.
Il vino prodotto a Russiz dal conte de la Tour riscosse grande successo tra gli esponenti dell’aristocrazia europea e ancora oggi villa Russiz è tra le più prestigiose aziende agricole del circondario, aperta per degustazioni e acquisti. La devozione di Elvine nei confronti di Theodor era tale che alla sua morte, nel 1894, la contessa scelse il punto più alto della proprietà per far costruire un mausoleo dedicato al marito, visitabile su richiesta.
A pochi passi da villa Russiz, lo scenario altrettanto bucolico e suggestivo di un giardino all’italiana arricchisce il paesaggio intorno al Castello di Spessa: in questa elegante dimora soggiornarono lo scrittore e poeta veneziano Giacomo Casanova, noto per la sua dinamica vita sentimentale, e Lorenzo Da Ponte, librettista di tre opere di Wolfgang Amadeus Mozart.
San Floriano del Collio
A circa dieci chilometri di strada da Capriva del Friuli sorge il compatto centro storico di San Floriano del Collio, posizionato a pochi metri dal confine tra Italia e Slovenia.
Borgo pittoresco di origine medievale, parzialmente distrutto durante la prima guerra mondiale, San Floriano del Collio domina la provincia di Gorizia dalla cima di un poggio, a 276 metri di quota. Da qui si aprono scorci panoramici sulle Alpi Giulie e sulla pianura scavata dal fiume Isonzo, che si spinge fino al mare Adriatico.
I castelli Formentini e Coronini-Tacco, anch’essi gravemente danneggiati dalle battaglie novecentesche, sono i principali monumenti cittadini e ospitano oggi due rinomate aziende agricole.
Una visita di San Floriano del Collio potrebbe essere l’occasione per approfondire nuovamente la tradizione enogastronomica locale. I vini Doc goriziani si confermano anche qui per qualità e varietà: un ruolo importante per la buona riuscita dei prodotti è da attribuire al terreno locale, noto come flysch o come ponca, un’arenaria ricca di calcare, potassio e fosforo, capace di regalare alle uve piacevoli aromi.
Per accompagnare i vini di San Floriano del Collio si potrebbe assaggiare una fetta di pane condita con il pestàt, una crema a base di erbe aromatiche e lardo, oppure la saporita brovada, un composto di rape rosse fatte macerare nella vinaccia, le bucce e i semi di uva nera residui dopo la spremitura.
Sacrario militare di Oslavia
All’estremità orientale del ferro di cavallo che il territorio del Collio goriziano disegna intorno al confine sloveno si incontra il piccolo abitato di Oslavia, frazione della città di Gorizia, a pochi passi dal fiume Isonzo.
Gli echi della storia recente, già più volte ritrovati durante questo itinerario tra vigneti e borghi, si fanno a Oslavia ancora più evidenti e visibili. Nei dintorni di Gorizia infatti si combatterono alcune delle battaglie più cruente della prima guerra mondiale.
L’esercito italiano, nel corso di dodici offensive scandite tra il 1915 e il 1917, cercò di riconquistare il territorio friulano dalle mani dell’Impero austro-ungarico, alleato della Germania: le conseguenze in termini di vittime, sfollati e danni furono disastrose.
Nei dintorni di Oslavia in particolare si combatté la quarta battaglia dell’Isonzo, tra il novembre e il dicembre del 1915; i nomi di alcune piccole località, come Tre Buchi, Lenzuolo Bianco e Dosso del Bosniaco, sono testimoni della memoria bellica di queste terre.
In memoria dei caduti in guerra si staglia la possente e bianchissima struttura del Sacrario militare di Oslavia, un ossario che custodisce i corpi di decine di migliaia di soldati. Una ripida scalinata, bordata da alti cipressi, termina davanti a una solenne costruzione circolare, ideata dall’architetto Ghino Venturi e completata nel 1938.