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Arte e cultura
Liguria, Genova

Paganini e la sua Genova, sulle orme di un genio irripetibile

Tipologia
Percorso a piedi
Durata
2 giorni
Numero Tappe
4
Difficoltà
Facile

Che Paganini fosse un genio è fuor di dubbio. Un genio della musica e un genio dell’interpretazione artistica, ma anche un genio nella gestione della sua figura pubblica. Così abile nel raccontare e far raccontare la sua vita. Non mancano gli aneddoti sui suoi difetti fisici perché non era bello, anzi: era magro, con gli occhi scavati, il viso bianchiccio, l’aria malaticcia data dalla perenne sifilide. Molto si è detto sul suo carattere fumantino, sul suo presunto “patto con il diavolo”, sui suoi amori disordinati che ne hanno alimentato la leggenda facendolo diventare una vera celebrità nell’Europa del primo ‘800. È forse a questa immensa capacità di promuovere sé stesso, oltre che al virtuosismo innegabile (il nome Paganini tutt’ora viene usato come sinonimo di persona talentuosa), che si deve la durata della sua fama. Quanti altri violinisti e compositori dell’epoca romantica si conoscono? Pochi, forse nessuno. Allora è normale che nella sua città natale, Genova, abbiano costruito un denso percorso che ricalca le tappe e i momenti della sua vita sotto la Lanterna. Un percorso facilmente riconoscibile, segnato da “pietre di incontro”, targhe in ottone che sotto la firma in corsivo Niccolò Paganini raccontano i momenti della sua vita genovese legati a quel luogo specifico.
Momenti che a Genova sono tanti. Qui è nato Paganini il 27 ottobre 1782 in una casa ora distrutta in passo di Gattamora 38 nel quartiere Colle. Qui ha iniziato a prender le prime lezioni; qui si è esibito per la prima volta come solista, appena undicenne, il 26 maggio 1794 durante la festa del santo nella chiesa di S. Filippo in via Lomellini. Qui tornò più volte per esibirsi, sia al teatro Carlo Felice, sia al teatro del Falcone, annesso a palazzo Reale, dove incantò l’allora re Carlo Felice. Qui pagò pegno per la sua vita non certo ordinaria, come quando venne rinchiuso nella torre Grimaldina, a palazzo Ducale in piazza Ferrari, perché denunciato per “ratto e seduzione” dal padre di una giovane con la quale aveva avuto una relazione.
Genova fu sempre nel cuore di Paganini, al punto che nel suo testamento espresse il desiderio che il suo violino prediletto, un Guarneri del Gesù, “il mio cannone violino” come amava chiamarlo, venisse consegnato alla città di Genova, che lo ha custodito e ora lo espone nelle sale di Palazzo Doria Tursi, sede del Comune, assieme ad altre memorabilia del genio che rientrano nel percorso espositivo dei Musei di Strada Nuova. Non sono luoghi che toccò in vita, perché ancora non c’erano, le ultime due tappe di questa lunga passeggiata sulle orme del “virtuoso dei virtuosi”: Casa Paganini, moderno centro studi musicale a lui dedicato, nel quartiere di Castello, e la Gam Galleria di Arte Moderna di Nervi, che conserva due ritratti del maestro.
La vita di Paganini non si ripete: si racconta e si scopre, camminando nella sua città.

Giorno 1

Il giovane genio alla chiesa S. Filippo Neri di Genova

Il giovane genio alla chiesa S. Filippo Neri di Genova

“Questa è la mia città, qui sono le mie origini e qui ho iniziato la mia arte”. Diceva così Niccolò Paganini della sua Genova, la città dove è nato il 27 ottobre 1872, da una famiglia modesta: il padre Antonio lavorava al porto come “ligaballe”, ovvero uno che si occupava di imballaggi, ma aveva una gran passione per la musica che passò al figlio. Fu, infatti, lui il suo primo maestro, all’inizio di mandolino, poi di violino. Immaginate le note risuonare per il caruggio di via Passo di Gattamora 38, nel quartiere Colle, dove si trovava la casa natale di Paganini abbattuta negli Anni ‘60. Note prima sgraziate, poi sempre più armoniose, fino a essere strabilianti per un ragazzino di 10 anni: questo è quello che devono aver pensato i fedeli riuniti nella chiesa di S. Filippo Neri, in via Lomellini, dove per la prima volta, era il 26 maggio 1794, un Paganini undicenne si esibì suonando probabilmente pezzi scritti apposta per lui dal maestro Giacomo Costa in occasione della festa di san Filippo Neri. Fu un successo così clamoroso che gli chiesero di ripetersi l’anno successivo.
È il primo di tanti concerti che Paganini tenne nella sua città, tornando più volte anche quando ormai era una star internazionale, capace di fare 14 date da tutto esaurito a Vienna, dove l’imperatore Francesco I gli conferì il titolo di “virtuoso di Camera”. Il vero debutto, con quello che oggi chiameremmo un concerto, fu però il 25 luglio 1795 al teatro di S. Agostino, che nel ‘700 era la sala principale della città e oggi è generalmente conosciuto come teatro della Tosse, dal nome dalla fondazione che lo gestisce. Non distante c’è un altro teatro che vide Paganini protagonista di un epico spettacolo: il Teatro del Falcone, oggi sede espositiva all’interno del palazzo Reale, per secoli unico teatro pubblico cittadino aperto nel 1602. Qui il 9 novembre 1827 si esibì con un successo di pubblico clamoroso, che la allora “Gazzetta di Genova” descrisse così: “Paganini è un genio filarmonico, che non ha uguali, e che giustamente vien riguardato come una meraviglia dell’età nostra”. Al concerto era presente anche il re di Sardegna, Carlo Felice, lo stesso re cui, durante un concerto a Torino due anni prima, aveva rivolto la frase che tanti ricordano “Paganini non ripete”.   

Teatro Carlo Felice

Teatro Carlo Felice

Paganini lo sanno tutti, non ripeteva. Gli studiosi dicono che non fosse per un vezzo, o per una arroganza da grande star quale era, ma perché amava improvvisare e dunque la ripetizione tale e quale era difficile, se non impossibile. Una cosa che però ha ripetuto spesso sono i concerti nella sua città natale, dove una volta divenuto un personaggio pubblico osannato nei teatri e nelle corte di tutta Europa, amava comunque ritornare. Come al teatro Carlo Felice, affacciato su piazza Ferrari e principale teatro cittadino, dove tenne un primo concerto il 30 novembre 1834 suonando la variazione di “Nel cor più non mi sento” e il “Carnevale di Venezia”. Concerto replicato pochi giorni dopo, il 5 dicembre 1834, perché Paganini decise di realizzare un concerto il cui incasso doveva essere devoluto interamente alle famiglie povere della città.

A pochi passi dal teatro Carlo Felice, sempre affacciato sull’elegante e trafficata piazza de Ferrari si trova il palazzo Ducale, dove tenne un altro concerto, il 2 gennaio 1835, in onore del governatore cittadino, conte Filippo Paolucci. Sempre a palazzo Ducale, o meglio all’interno della Torre Grimaldina, Paganini venne rinchiuso per qualche giorno nel maggio 1815 perché accusato di “ratto e seduzione” dal padre di una giovane, Angelina Cavanna, con la quale aveva convissuto e con cui aveva avuto una figlia, morta prematuramente. Disavventura che non fece diminuire il suo affetto per la città.  

Giorno 2

Palazzo Doria Tursi e il violino di Paganini

Palazzo Doria Tursi e il violino di Paganini

Costantemente vestito di nero, capello lungo, sguardo intenso, cura maniacale dei dettagli, Niccolò Paganini è stato assai abile nel costruire il suo personaggio pubblico, andando molto aldilà del suo innato virtuosismo con il violino. Sarà per questo che, a quasi due secoli dalla sua morte, è ancora un personaggio amato dal grande pubblico, proprio come lo fu in vita. Raccontano che all’epoca a Vienna facessero a gara per acconciare i capelli à la Paganini e che sempre nella capitale austriaca avessero preso a chiamare la banconota da 5 scellini Paganinerl (un Paganinetto) per alludere al prezzo, esoso, dei biglietti per assistere ai suoi concerti unici.

Ma se altrove fu sempre abile a far fruttare la sua bravura, con Genova, la sua Genova, la relazione fu sempre diversa: intensa e amorevole, al punto che, nel suo testamento, decise di lasciare alla sua città natale, “onde sia perpetuamente conservato”, il suo strumento prediletto: un violino realizzato dal liutaio cremonese Guarnieri del Gesù nel 1734, un violino che Paganini chiamava affettuosamente “il mio cannone violino” per la pienezza del suo suono. È uno strumento intatto nelle sue parti principali, con la vernice originale al punto che la tavola armonica ha ancora i segni dell’uso di Paganini. Questo violino ogni anno viene suonato dai vincitori del concorso internazionale Premio Paganini ed è conservato nella sala Paganini a Palazzo Doria Tursi, sede del Comune di Genova, all’interno del percorso espositivo dei Musei di Strada Nuova. Riallestite nel 2021 con un percorso multimediale che racconta la vita di Paganini e il suo rapporto con la città, nelle sale sono conservati numerosi cimeli, tra cui alcuni suoi autografi, una sua scacchiera con relative pedine, sue effigi e altri ricordi.

Dal quartiere di Castello fino a Nervi

Dal quartiere di Castello fino a Nervi

Niccolò Paganini a Genova non rivive solo nei tanti luoghi, soprattutto teatri, che frequentò in vita, ma anche nelle tante istituzioni che gli sono dedicate e i luoghi che conservano suoi ricordi. Bisogna addentrarsi per la collina del quartiere Castello per trovare la nuova Casa Paganini: in piazza Santa Maria della Passione, nelle sale del restaurato monastero di S. Maria delle Grazie la Nuova è stata portata l’edicola che si trovava sulla facciata della casa natale di Paganini, abbattuta mezzo secolo fa. Qui l’Università di Genova e l’associazione Amici di Paganini, nel 2005, hanno aperto Casa Paganini, un centro studi con un grande auditorium e spazi museali.
Tracce di Paganini si trovano fuori dal centro storico, a Nervi, che a cavallo del ‘900 con i suoi grandi alberghi in stile liberty era una delle destinazioni preferite dei viaggiatori di tutta Europa. Oggi è un quartiere periferico di Genova, quasi un borgo chic, e potete raggiungerlo con una lunga passeggiata lungo la panoramica via Aurelia. L’itinerario termina alla Gam Galleria di Arte Moderna dei Musei di Nervi, allestita all’interno delle sale di villa Saluzzo Serra. Qui sono conservati, tra opere dell’800 e del ‘900, due ritratti di Paganini, dipinti probabilmente a seguito delle sue tante visite in città. Uno, del 1835, è opera di Giuseppe Isola, l’altro opera di Pelagio Pelagi, del 1815. 

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