I primi chilometri di questo tracciato che parte da Rivarolo Canavese, s’infilano in un territorio costellato di borghi con un comune denominatore: tutti hanno un castello, un antico maniero, una torre difensiva, i resti di una fortezza. Il consiglio è di visitare il Castello Ducale di Aglié, parte delle Residenze Reali Sabaude del Piemonte, per il suo mix di stili architettonici che testimoniano oltre 7 secoli di storia, dal Medioevo all’Ottocento. Ripreso l’itinerario che scorre lungo la Dora Baltea, vi ritroverete tra campi di fiori e vigneti autoctoni, che a tavola ritrovate in uno dei vini più pregiati del Piemonte: l’Erbaluce. Certo, non è l’ideale prima di affrontare le montagne, ma consolatevi sapendo che avete ancora qualche decina di chilometri piuttosto facili prima che il tracciato inizi a salire in modo verticale. In mezzo, potete fare una sosta nell’elegante borgo di Pont St. Martin, in Valle d’Aosta. Ripartirete con un’immagine nel cuore: quella del monumentale ponte romano ad arco del primo secolo a.C. che collega le due sponde del torrente Lys.
Ad Aosta, sulle tracce dei Romani
Nella parte centrale del nostro itinerario vi attendono due scalate degne delle più grandi imprese ciclistiche della storia: entrambe lunghe più di 15 chilometri, ricche di tornanti, immerse in scenari di rara bellezza. La prima, da Pollein alla località sciistica di Pila, vanta un dislivello da far tremare le gambe: quasi 850 metri. Fate attenzione anche alla discesa, tanto ripida da farvi prendere velocità facilmente. Una volta entrati ad Aosta, però, farete un tale balzo indietro nella storia che dimenticherete la fatica. La città fondata dai Romani nel 25 a.C., infatti, conserva ancora i segni dei suoi fasti antichi: l’Arco di Augusto, per esempio, ma anche i resti del Teatro Romano, con una facciata alta ben 22 metri, il Foro e il Criptoportico Forense (una galleria sotterranea sorretta da archi) o il Ponte Romano. Una volta rimontati in sella, vi aspetta la seconda salita: 17 chilometri con muri che superano il 20 per cento e un regalo finale. L’arrivo a Verrogne, a 1582 metri di quota, un’antica frazione completamente recuperata, dove resterete incantati dal vecchio mulino, dalla segheria, dalle vie piastrellate di roccia, dai fontanili e dai canali d’acqua. Lasciare questo gioiello per scendere a valle non sarà semplice.
A Cogne, la terrazza tra i monti
Da Aymavilles la strada inizia ad arrampicare in direzione di Cogne. Vi aspetta una salita di 25 chilometri, con ampi tornanti e, nei pressi del villaggio di Pondel, una chicca dove vale la pena fermarsi: si tratta del ponte-acquedotto realizzato nel 3 a.C. e perfettamente conservato, un gigante in pietra che scavalca il torrente Grand Eyvia, 56 metri più sotto. La prima metà della salita è più difficile, con diverse rampe che sfiorano il 15-16 per cento di pendenza; la seconda è un falsopiano più dolce, che vi lascia la lucidità per ammirare il meraviglioso scenario naturale in cui state pedalando. Siete nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, una meraviglia di vette alpine, praterie, laghi e ben 59 ghiacciai. Il padrone di casa qui non è l’uomo, ma l’animale, in particolare lo stambecco (simbolo del parco), il camoscio, la marmotta, l’aquila reale e lo scoiattolo. Arrivati a Cogne, vi accorgerete che anche qui la presenza umana è discreta e rispettosa: attorno al Prato di Sant’Orso, una distesa incontaminata di verde al cospetto del Gran Paradiso, gli chalet in legno e pietra si integrano perfettamente nel paesaggio. È sempre stato così. Se volete la conferma, oltre a regalarvi un’escursione in quota, fate un salto alla Maison Gérard Dayné, un’abitazione risalente al XVII secolo trasformata in un museo etnografico, dove scoprire la vita passata tra queste montagne.