Passeggiando per Guastalla è facile sentirsi a proprio agio, cullati da una piacevole sensazione d’armonia. Non è solo l’atmosfera tranquilla tipica delle città padane di provincia, proverbialmente a misura d’uomo. È una sensazione particolare che nasce anche dall’omogeneità dell’abitato, ordinato e regolare eppure non monotono. Il merito è della famiglia Gonzaga che nel 1539, al tempo di Ferrante I, acquistò dai conti Torello questa cittadina situata in posizione strategica sul Po e presto decise di ingrandirla. L’incarico fu affidato a Domenico Giunti, un architetto di cultura rinascimentale, che ideò una maglia di strade ortogonali contenuta in una cinta muraria pentagonale, così da proteggere Guastalla sia dalle inondazioni del Grande Fiume sia dagli attacchi esterni. Quell’impronta urbanistica non è mai cambiata, anche se alla fine del ’600 la cinta fu modificata e arricchita di bastioni e muraglie. Sulla centrale piazza Mazzini, presidiata da un ritratto di Ferrante I scolpito da Leone Leoni nel 1564, i Gonzaga fecero costruire (o modificare radicalmente) gli edifici simbolo della città, tutti affidati a Francesco Capriani detto il Volterra: il Palazzo ducale, il Palazzo comunale e il Duomo o più precisamente la concattedrale di S. Pietro Apostolo, consacrato nel 1575 da san Carlo Borromeo in persona, fiancheggiato da due campanili seicenteschi. L’attuale via Gonzaga, asse del centro, era la cinquecentesca Strada Nova. Nella rete urbanistica fa parzialmente eccezione via Garibaldi che, pur essendo fiancheggiata da abitazioni porticate dell’epoca dei Gonzaga, ha un andamento curvilineo: era infatti l’antico argine maestro del Po. La via si conclude in piazza Garibaldi, dove si staglia l’ottagono, anch’esso cinquecentesco, della chiesa della Beata Vergine della Concezione.
Insieme al Palazzo ducale, oggi polo museale, sono almeno due i templi cittadini della cultura: proprio su via Garibaldi c’è la Biblioteca Maldotti, nata agli inizi dell’800, che custodisce incunaboli e antiche edizioni; poco distante, in via Verdi sorge il seicentesco Teatro Ruggeri, riedificato nel 1814 in linee neoclassiche. Ai margini dell’abitato si incontrano diverse pievi di antica origine: a nord-est, l’oratorio di S. Giorgio è una bella architettura romanica del XII secolo; a sud-est, in località Pieve, una chiesa risalente al IX secolo conserva nonostante i rimaneggiamenti una vasca battesimale dei secoli IX-X.
La bellezza di piazza Mazzini e del centro cittadino, i poetici scorci sul fiume e le aperture panoramiche su ponti, canali e campagne non hanno lasciato indifferente nemmeno il mondo del cinema. A Guastalla hanno girato scene importanti, tra gli altri, Bernardo Bertolucci ai tempi delle riprese di “Novecento” (1976); Carlo Lizzani per “La vita agra” (1964) con un memorabile Ugo Tognazzi; Antonio Pietrangeli in “La visita” (1963), interpretato da una formosissima Sandra Milo, e “Volevo nascondermi” (2020) di Giorgio Diritti, biopic dedicato al pittore Antonio Ligabue, che visse nella vicina Gualtieri.