Tour enologico alla scoperta dei vini della Campania
2 minuti
Piccole cantine artigianali ma anche aziende famose che immettono sul mercato internazionale milioni di bottiglie all’anno: l’attività vitivinicola in Campania è davvero molto vivace e piena di gradevoli sorprese. Tutte da scoprire.
Dall’Aglianico al Greco di Tufo: l’Irpinia in un calice
Se vi trovate da queste parti non perdete l’occasione di degustare i vini simbolo del territorio, alla scoperta delle etichette che lo esprimono al meglio.
In Irpinia, ad esempio, l’enologia regionale ha i suoi rappresentanti più famosi nell’Aglianico, nel Taurasi, nel Greco di Tufo e nel Fiano, rispettivamente due rossi e due bianchi.
Quattro eccellenze che nascono in un territorio particolarmente ideale per la viticoltura, grazie a un clima mite, all’altitudine e al terroir, senza dimenticare la competenza umana, ovviamente, che fa sempre la differenza.
I vini dell’Irpinia sono famosi fin dai tempi più antichi: già Plinio il Vecchio e Virgilio ne decantavano la bontà, a testimonianza di una tradizione strettamente collegata alla storia del territorio.
Il periodo ideale per un tour dei sapori potrebbe essere l’autunno, quando molti produttori aprono le porte delle aziende per raccontare il proprio lavoro e dare la possibilità di degustare le loro eccellenze.
Tra passeggiate nei vigneti, pigiatura dell’uva e pranzi tipici le giornate scorrono all’insegna della convivialità.
Il vino del Vesuvio
Lasciato l’entroterra della Provincia di Avellino, spostandovi verso il mare, con il panorama cambiano anche le etichette.
In Cilento i vigneti guardano al Mediterraneo e il vino ha tutto un altro sapore. Qui è il Fiano DOC il re del territorio, un ottimo bianco secco.
Alle pendici del Vesuvio, invece, i rossi conquistano grazie ai loro aromi minerali e affumicati, per via del terreno vulcanico su cui crescono le uve.
Il vino più famoso è il Lacryma Christi, ottenuto da una combinazione di Piedirosso, un vitigno autoctono a bacca nera, e da una più piccola percentuale di Aglianico, oppure dal Caprettone: secondo il disciplinare, può essere rosso, bianco o rosé.
Il nome deriva da una piccola leggenda. Secondo la tradizione, Lucifero, prima di essere scacciato dal Paradiso, ne portò con sé un lembo sulla terra. Cristo, commosso per il furto, versò delle lacrime che fecero crescere i vigneti.
La DOC Costa d’Amalfi, figlia della roccia
Più a sud, tra Ravello, Furore e Tramonti, affacciati sulla Costiera amalfitana, i vitigni sono arroccati sui Monti Lattari e raccontano quanto l’uomo abbia dato a quest’area, strappando terreno fertile alla roccia.
È la terra della DOC Costa d’Amalfi, che comprende tutti i vini prodotti lungo la Costiera, rossi, bianchi e rosé. L’Aglianico resta il vitigno autoctono star del territorio, ma è molto rinomato anche il Biancolella, che qui viene comunemente chiamato Biancatenera e, insieme alla Falanghina, si usa per il Costa D’Amalfi Bianco DOC.
Lasciata la terraferma, fate un salto a Ischia. Il percorso degustazione dei vini DOC campani continua con un calice di Ischia Biancolella DOC, il bianco più servito sull’Isola Verde. È perfetto, e non potrebbe essere altrimenti, servito con il pesce, e racconta tutta la storia del territorio in cui nasce grazie ai suoi sentori agrumati.