La regione Veneto attraverso la pizza di Renato Bosco
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Storia del formaggio piave e altre meraviglie del Veneto a tavola
È il 1872 quando don Antonio Della Lucia, parroco di un borgo della vallata bellunese, Canale d’Agordo, lancia la sua idea per combattere la crisi economica che aveva colpito la sua montagna e lo spopolamento che ne stava lentamente uccidendo i paesi. Vede la luce il progetto chiamato latteria turnaria, in dialetto “kasèl”, un modo di gestione comunitaria e solidale del bestiame da latte: i piccoli allevatori lavorano il loro latte a turno presso un unico casello, abbassando così i costi di produzione e aumentando i guadagni.
Da questa esperienza, che si diffuse in tutte le Dolomiti Bellunesi, è nato il Piave DOP: un formaggio veneto di altissima qualità dal sapore dolce, che ricorda i fiori alpini e le erbe aromatiche. Prodotto solo in provincia di Belluno, è l’espressione di un territorio alpino orgoglioso delle sue tradizioni e di un’arte casearia che arriva dalla cooperazione e dal rispetto dell’esperienza tramandata da una generazione all’altra.
Su queste montagne, infatti, si allevano i bovini da latte sin dalla fine della Repubblica di Venezia, che coincise con il declino dello sfruttamento dei boschi e l’inizio della produzione casearia. Per il Piave DOP si usa solo latte del Bellunese, prodotto da razze bovine tipiche della zona: la Bruna italiana, la Grigio Alpina, la Pezzata Rossa Italiana e la Frisona italiana. La sua crosta è tenera e chiara nel formaggio fresco, mentre in quello stagionato – che può essere Vecchio Selezione Oro e Vecchio Riserva –, prende una consistenza più dura e una sfumatura ocra, digeribile e dall’alto valore energetico.
Oltre il Formaggio Piave
Il Piave DOP è un formaggio d’eccellenza, che si accompagna in maniera ottimale con il salume più famoso del Veneto: il Prosciutto di Mantagnana, ovvero il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP. Un crudo dolce, lavorato ancor oggi a mano, che nasce nelle province di Padova, Vicenza e Verona: l’alternanza di clima secco e umido, tipica della pianura tra i Colli Euganei e i Monti Berici, gli regalano il colore rosato e l’aroma delicato.
Un giro gastronomico tra le delizie del Veneto deve partire però dai grandi classici. In primis il baccalà alla vicentina, ricetta che affonda le radici nel XV secolo e prevede che il merluzzo essiccato debba cuocere lentamente, anche per quattro ore, insieme a cipolla, farina, latte e olio.
Ma anche i Bigoli, un tipo di pasta artigianale che somiglia agli spaghetti, più grossolana e ruvida, diffusa in tutta la regione: a Bassano del Grappa sono più scuri, perché a base di farina di grano saraceno, e si abbinano al ragù d’anatra; mentre a Venezia si gustano “in salsa”, ovvero conditi con alici e cipolla.
Un altro piatto simbolo della laguna veneziana sono le sarde in saor, ovvero “in sapore”: ogni famiglia ha la sua ricetta per prepararle ma gli ingredienti base sono sempre sardine e cipolle in agrodolce, a cui vanno uniti pinoli o uvetta. Vengono spesso servite come cicchetti, ovvero piccoli antipasti, nei bacari di Venezia, insieme a un altro grande classico locale: il baccalà mantecato, una crema a base di stoccafisso ammollato e olio che si spalma sul pane caldo o sulla polenta fritta.
Molto amato dai veneziani (e dai vicentini) è infine il Risi e Bisi, un primo a base di riso e piselli a metà tra un risotto e una minestra, che secondo la tradizione veniva offerto al Doge di Venezia il 25 aprile in occasione della festa di San Marco, patrono della città.
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