La regione Valle d’Aosta attraverso la pizza di Roberto Caporuscio
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Storia della fontina valdostana e altre meraviglie della Valle d’Aosta a tavola
Pascoli d’alta quota, erba fresca e aria pura: sono questi i segreti della Fontina DOP, il formaggio dolce che si scioglie in bocca ed è il simbolo gastronomico della Valle d’Aosta. Si produce da tempo immemore, con una ricetta ancora oggi tramandata di padre in figlio.
I primi cenni storici si trovano in alcuni documenti del Duecento e due secoli dopo la troviamo dipinta negli splendidi affreschi del castello di Issogne. Qui infatti è riprodotta una bottega artigianale che ospita sul suo bancone le inconfondibili forme della Fontina, uguali a quelle che troviamo oggi nei negozi, con la loro crosta marrone e arancio.
La Fontina fa anche bene all’organismo: è ricca di vitamina A e di minerali alleati della salute delle ossa, in particolare di calcio, e presenta un colesterolo molto basso per essere un formaggio. L’altissima qualità del latte con cui viene realizzata garantisce tutti questi benefici nutrizionali. Il latte viene prodotto da vacche allevate al pascolo: la combinazione di erba fresca, fiori e acqua purissima contribuisce al suo profumo delicato. Inoltre il latte viene lavorato a crudo, un metodo che lascia intatti gli aromi della materia prima, che si trasferiscono così nel formaggio.
Caratteristiche preziose che sono ancor più esaltate nella Fontina d’alpeggio, che nasce dal latte delle mandrie allevate in estate in alta montagna, seguendo gli antichi metodi di lavorazione artigianale. In Valle d’Aosta, infatti, ancor oggi i bovini nella stagione estiva vengono portati a pascolare ad alta quota per 120 giorni, da inizio giugno a fine settembre: qui le vacche trovano un’erba più pura e ricca di fiori, che regala un latte aromatico e nutriente.
La Fontina che nasce in alpeggio inoltre viene realizzata con le lavorazioni manuali dei casari, secondo la tradizione valdostana. La cagliata è poi ospitata nelle tipiche caldaie in rame, il siero viene spurgato utilizzando tele di cotone e le forme sono lasciate a stagionare nella frescura alpina.
Ma perché si chiama Fontina? Il nome potrebbe derivare dal francese “fondis”, che significa fondere e fa riferimento alla morbidezza e alla capacità di questo formaggio di sciogliersi facilmente, una caratteristica che lo rende l’ingrediente perfetto di tante ricette locali.
Oltre la fontina DOP valdostana
A partire dalla celebre fonduta valdostana, che si realizza tagliando la Fontina a fette, lasciandola a bagno nel latte e poi sciogliendola insieme al burro e ai tuorli di uova fresche: una delizia che è un perfetto antipasto da accompagnare con i crostini ma è ottima anche con la carne o le verdure. O ancora la polenta concia, ricoperta di Fontina e burro fuso, e la Seupa à la Vapelenentse, ovvero la zuppa alla Valpellinese, a base di pane raffermo, brodo di carne, verza e ovviamente Fontina.
La cucina valdostana è un incontro tra storia e natura, che dà vita a sapori genuini e piatti ricchi, capaci di fornire l’energia necessaria dopo un giorno di lavoro in montagna.
Come gli Chnéffléne, piccoli gnocchetti di farina e uova tipici della vallata di Gressoney, tradizionalmente conditi con la cipolla rosolata insieme al burro, o la zuppa Favò di Ozein, a base di fave, fontina, salsiccia e pane abbrustolito nel burro. Un gusto inconfondibile che va dal salato alle note speziate è invece la Carbonada, uno spezzatino di manzo che viene cotto lentamente nel vino, aromatizzato con chiodi di garofano, noce moscata e anche cannella.
Non ci si alza da tavola in Valle d’Aosta senza un digestivo, che sia il Genepy, il liquore prodotto con le artemisie alpine, piccole piante che crescono ad oltre 2.000 metri di altezza, oppure il mitico caffè alla valdostana. Ossia un caffè “comunitario” arricchito da grappa, zucchero, limone e scorza d’arancio e servito nella Coppa dell’amicizia, un recipiente in legno che ha diversi beccucci da cui ciascuno a turno può bere un sorso. Un modo di concludere il pasto che è anche un rituale suggestivo e sancisce la convivialità e l’unione tra i commensali.
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