Termoli, l’incendio del castello
Termoli, vivace capoluogo del Basso Molise, è anche chiamato “paese vecchio” ed è popolato da chiese, palazzi e un Castello medievale, che ne arricchiscono il patrimonio storico. È proprio nella zona del castello che risiedono i depositari della tradizione antica basso molisana (che comprende anche l’idioma). Una di queste tradizioni ha a che fare infatti proprio con il Castello, i cui primi torrioni risalgono all’epoca longobarda, con rifacimenti dei normanni, poi di Federico II di Svevia e infine dei Borboni.
Ogni notte di Ferragosto, la fortezza si anima durante il cosiddetto “incendio del castello”, un suggestivo spettacolo pirotecnico che rievoca gli antichi assalti saraceni alla costa molisana. Si tratta dell’evento più atteso dell’anno assieme alla celebrazione del patrono san Basso. La magia, durante l’evento, è creata dall’insieme di musica e colori, e il tutto viene suggellato da un caldo bagno di mezzanotte.
Le origini di tale festa sono da ricondurre all’assalto turco del 1566. I turchi volevano puntare alla conquista di tutte le isole Tremiti, dunque non si limitarono all’attacco di questo borgo, bensì anche del territorio che va da Pescara fino alla costa pugliese. Una volta a Termoli, gli ottomani trovarono le mura difensive già indebolite da precedenti terremoti e riuscirono a entrare e saccheggiare la città, dando fuoco al castello e alla cattedrale di S. Maria della Purificazione. Molti abitanti riuscirono a trovar rifugio al vicino santuario della Madonna a Lungo, dove per anni l’evento è stato ricordato con feste popolari e pellegrinaggi.
Le carresi di San Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone
A circa mezz’ora di auto da Termoli si raggiungono San Martino in Pensilis e i due paesi arbëreshë di Ururi e Portocannone. Questi tre borghi hanno in comune la festa delle cosiddette “carresi”, che festeggiano rispettivamente il 30 aprile, il 3 maggio e il lunedì dopo Pentecoste.
Se capitate nelle stradine di questi paesi in quelle giornate fate attenzione a girare per le strade. La carrese è anche definita “corsa dei buoi”. Di fatto, ciò che gli abitanti festeggiano è il ciclo rituale della rinascita primaverile e l’avvicinarsi del raccolto, tradizionalmente fonte di speranza e sopravvivenza. Il rito è anche un modo per avvicinare gli abitanti e coinvolgerli in una sorta di gioco cittadino. Si dividono, infatti, in 3 partiti: i Giovani, i Giovanotti e la Cittadella. Le regole per la partenza dei carri varia nelle tre località.
Ad esempio, a Ururi buoi, carri e cavalieri vengono benedetti di fronte alla chiesa di S. Maria delle Grazie, dopodiché si dispongono in ordine di merito rispetto alla vittoria dell’anno precedente. La corsa inizia alla masseria Pantoni e termina alla chiesa dove è avvenuta la benedizione. Il giorno seguente il carro vincitore ha l’onore di trasportare il Crocifisso per le vie del paese.
Una tradizione simile si svolge nella vicina Larino. Qua la tradizione viene fatta risalire all’802, quando gli abitanti riuscirono a ottenere le reliquie di san Pardo. I carri sono dedicati a questo santo e sfilano i giorni 25, 26 e 27 maggio: la prima sfilata è la più suggestiva perché si svolge a notte fonda tra le fiaccole accese lungo le vie. Sia alla festa di Larino sia a quella di San Martino in Pensilis è legato il canto della laudata, ancora trasmesso di generazione in generazione.
A meno di mezz’ora di macchina, nello stesso periodo, fate un salto ad Acquaviva Collecroce, paese collinare di circa 800 abitanti e portatore di un’altra festa molto interessante, quella del Maja. Anch’essa è volta a celebrare la primavera ma invece dei carri si porta in sfilata un fantoccio con caratteri antropomorfi ricoperto da fiori di campo, piante ed erbe, direttamente raccolti dalle campagne circostanti. Il giorno della festa un uomo si cala all’interno del fantoccio e lo trasporta nella piazza principale, fra i canti e i balli folcloristici degli abitanti con strumenti musicali tradizionali.
Casacalenda: tradizioni nuove e vecchie
40 minuti di macchina separano Acquaviva Collecroce da Casacalenda, paesino di poco più di 600 abitanti arroccato su un colle. Casacalenda è l’esempio che il Basso Molise non significa solamente tradizioni antiche, ma anche visioni contemporanee.
Nel 2003 nasce, infatti, il festival cinematografico Molise Cinema, che si svolge a inizio agosto e vuole portare lo spettacolo anche nelle zone più isolate. Ogni anno si organizzano proiezioni di film o documentari con tanto di incontri di attori e registi con il pubblico molisano.
Viva è da tempo, invece, la festa di san Giuseppe, che si celebra nella notte tra il 18 e il 19 marzo. In una casa del borgo, precedentemente eletta, viene svolta una cerimonia religiosa in onore del santo e poi consumato un pasto di 13 portate a base di legumi, verdure e la celebre “pasta con la mollica”, condita con mollica gratinata al forno, pasta bianca e uva passa. Le tradizioni di Casacalenda sono molto legate alla gastronomia: basta ricordare i ciufele, cavatelli fatti a mano con il sugo; la pezzenta di legumi; il baccalà alla casacalendese e i vini locali.
Fa parte della tradizione della città, il 31 dicembre, suonare le maitunate (celebrazioni festive legate ai canti corali dei pastori del XVIII secolo) accompagnate dal bufù. Si tratta di uno strumento tipico costituito da una botte di legno chiusa da una pelle con un foro, attraverso cui viene fatta passare una canna di bambù. Facendo scivolare uno straccio lungo la canna, che vibra, si produce il suono, amplificato dalla botte. Casacalenda da pochi anni ha deciso di dedicare un museo a questo strumento tradizionale famoso in tutto il mondo.
Girando per il borgo potrete inoltre sorprendevi a scovare opere d’arte nascoste in ogni angolo: all’interno di strade, scorci e piazze. Si tratta del lavoro di Kalenarte o MAACK, il Museo all’Aperto di Arte Contemporanea, di ampio rilievo dalla fine degli Anni ’90, che vanta installazioni artistiche dislocate sul territorio e punta a far riscoprire luoghi rimasti abbandonati o trascurati.