Santo Stefano di Sessanio
Entrare a Santo Stefano di Sessanio restituisce immediatamente la prova della tenacia dei suoi abitanti. Il borgo ha saputo resistere, reinventandosi, prima allo spopolamento che interessò l’entroterra abruzzese nel ‘900, poi al terremoto che nel 2009 colpì L’Aquila.
Nel 2021 il torrione trecentesco, che svetta tra le casupole di pietra, finalmente è stato sottratto alle macerie ed è tornato a vegliare sui tetti e sui declivi coltivati qui intorno; anche detto Torre Medicea, il torrione ci ricorda l’impatto economico e architettonico che la potente famiglia fiorentina ebbe sul borgo a partire dal ‘500. Oggi, salendo sulla sua sommità, si può godere di una bellissima vista panoramica.
Per conoscere meglio la storia di Santo Stefano di Sessanio è d’obbligo una tappa al Museo Terre della Baronia, che conserva la memoria millenaria di questi territori del Gran Sasso, legata alla tradizione pastorale e alla pratica della transumanza. E’ ora tempo di ascoltare l’olfatto seguendo il profumo della zuppa di lenticchie, da gustare con una fetta di pane croccante. Coltivata da secoli in queste terre, la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è una delle eccellenze abruzzesi. Sicuramente da provare!
Da Santo Stefano si può raggiungere facilmente l’altopiano di Campo Imperatore e il suggestivo lago Pietranzoni.
Castello di Rocca Calascio
Il Castello di Rocca Calascio è un luogo simbolo dell’entroterra abruzzese che ci racconta una storia millenaria. Perfetto set cinematografico nel film “Ladyhawke” di Richard Donner (1985) che lo sceglie come rifugio dello stregone Imperius, mentre nel film ”Il nome della rosa” di Jean-Jacques Annaud (1986) la rocca si vede sullo sfondo delle scene girate a Campo Imperatore.
Dopo aver attraversato Calascio e il suo borgo suggestivo, si giunge alla nota rocca che domina le vallate circostanti, abbarbicata su un crinale a 1460 metri. È la fortificazione più alta d’Abruzzo e tra le più alte in Europa: un punto di osservazione d’eccezione per controllare le vie della transumanza. In questa magnifica rocca che solca le nuvole, subito ci si sente soldati e vedette a guardia dei pastori che a migliaia migrano con il gregge.
Castelvecchio Calvisio
Poco lontano da Calascio e dalla sua splendida rocca, anche Castelvecchio Calvisio ha una storia legata alla transumanza e alle vie della lana e ci fa ancora respirare quell’aria che trasporta lontano nel tempo. Il suo castello, edificato nel XII secolo, si ergeva a guardia della Valle del Tirino, il cuore verde dell’Abruzzo, sul quale il paese si affaccia. Percorrendo a piedi le strette vie acciottolate del borgo ci si perde nel silenzio tra le case in pietra calcarea, i portali, le piccole botteghe artigiane. Lungo le mura, lo spazio improvvisamente si dilata per accogliere la chiesa di S. Giovanni Battista e il suo pregevole portale rinascimentale. All'interno sono conservate statue lignee databili al XVI e al XVII secolo. Un ultimo giro tra case, archi e scale in pietra ed è tempo di prendere la strada per Capestrano, passando prima per il paese che dà il nome alla Baronia di Carapelle: Carapelle Calvisio.
Capestrano
Capestrano è un luogo caro e familiare al popolo abruzzese poiché, nel 1934, nell’area fu rinvenuto il monumentale Guerriero da Capestrano, in pietra calcarea locale, elevato a simbolo dell’intera regione. Risalente al VI secolo a.C. e appartenuto al popolo italico dei Vestini, fu rinvenuto in una necropoli dell’antica Aufinum. Attualmente il Guerriero originale è conservato a Chieti, presso il Museo archeologico nazionale d’Abruzzo, ma è possibile apprezzare una sua riproduzione nel Castello Piccolomini, situato al centro del paese. La famiglia dei Piccolomini ebbe in dono il castello nel 1463 e lo custodì fino al 1579, quando passò in mano ai Medici. Salendo sulla torre merlata, si gode di un piacevolissimo belvedere; da questa altezza è facile giocare con la fantasia e la memoria storica, immaginando i pastori abruzzesi che attraversano la vallata con il gregge. Uscendo dal paese è d’obbligo una visita alla chiesa e al convento di S. Francesco mentre per chi è in cerca di un’esperienza fuori dal comune, è consigliabile raggiungere il vicino lago di Capodacqua, dove immergersi alla scoperta di un mulino sommerso.
Castel del Monte
Domina la valle del Tirino, a 1345 metri di quota, questo borgo pastorale su cui veglia il monte Bolza (m 1904). Passeggiando a passo lento per il nucleo antico del paese (detto Ricetto) ci si accorge di retaggi medievali interrotti ogni tanto da affreschi e mosaici di giovani artisti. Ma il paese è anche la patria di un formaggio erede della tradizione pastorale. Si tratta del Canestrato di Castel del Monte, ricavato dal latte crudo intero di pecora. La sua crosta prende la particolare forma dai canestrini in cui viene messa la cagliata. Presidio Slow Food, apprezzabile fresco o stagionato, questo formaggio è un’imperdibile eccellenza gastronomica del versante aquilano del Gran Sasso. Castel del Monte, da cui prende il nome, è il luogo perfetto in cui assaggiarlo. Dopo aver toccato i castelli di pietra calcarea, dopo aver respirato l’aria immobile dei borghi e lasciato lo sguardo vagare tra infiniti pascoli, ogni morso avrà il sapore speciale dell’Abruzzo più autentico.
Da qui è facile raggiungere il monumento al pastore Pupo Nunzio, un omaggio a uomini e donne che hanno dedicato la vita alla transumanza.