Dolce o amaro? Il fine pasto della tradizione abruzzese
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La sapienza popolare di un popolo antico, unita alla conoscenza millenaria conservata nei tanti monasteri, ha saputo combinare il gusto con una indiscutibile arcaica conoscenza di fiori, frutta ed erbe aromatiche, delle loro proprietà, dei loro sentori e sapori dando vita a distillati di grande qualità, molto apprezzati anche fuori regione.
Il Centerbe
Nato tra le mura dell’antica abbazia di San Clemente a Casauria in provincia di Pescara, il liquore Centerbe è ora prodotto su tutto il territorio della regione Abruzzo. Un colore verde smeraldo, un intenso profumo e un’alta gradazione sono le caratteristiche peculiari di questo antico preparato: 100 erbe, aromatiche e officinali, raccolte nel circondario e infuse a freddo nell’alcol per ottenere la tintura che dà vita al celebre liquore.
Apprezzare al meglio questo antico elisir significa accostarsi con rispetto all’antica tradizione e penetrarne ogni singola nota. L’alta gradazione alcolica e l’intenso profumo di erbe difficilmente distinguibili, richiede, attraverso una sorta di rito, un avvicinamento graduale che possa introdurci, anche attraverso l’olfatto, alla conoscenza di questo prodotto.
Ottimo correttivo del caffè, della cioccolata, del latte e utilizzato anche in cucina e in pasticceria, deve la sua popolarità allo speziale Beniamino Toro che, alla fine del 1700, nella sua farmacia iniziò a produrre e commercializzare un liquore noto ai monaci abruzzesi fin dall’antichità e prodotto solo in ambito casalingo.
Il liquore allo zafferano
L’antica consuetudine delle comunità agricole di riutilizzare le fecce per la produzione di alcol e aromatizzarlo con erbe locali, ha portato, nell'altopiano di Navelli alla nascita del liquore allo zafferano.
La preziosa spezia, giunta in Europa attraverso gli Arabi, venne introdotta nella Piana di Navelli, dalla Spagna, probabilmente nel XIII secolo per opera di un monaco domenicano. Conosciuto in passato come sostanza tonificante e alimentare, entrò nella cultura e nella storia delle popolazioni locali. Il liquore, dal colore giallo intenso, si ottiene per infusione a freddo dello Zafferano dell’Aquila DOP e di erbe aromatiche. Ottimo come digestivo e come corroborante, può anche essere anche impiegato in cucina e in pasticceria per aromatizzare le preparazioni o diluito per ottenere bevande dissetanti.
Il vino cotto
Classificato come secco o dolce a seconda della presenza di residuo zuccherino, il vino cotto, noto localmente come "vine cuott" o "vine cott" è una bevanda eccellente per agevolare la digestione. Consumato di solito come dessert, è caratterizzato da un colore, che varia dal rosso ambrato al rosso granato, un profumo intenso e retrogusto sapido. Il mosto appena prodotto viene bollito in caldaie di alluminio, acciaio inox o rame, alimentate da fuoco vivo e lento. L'invecchiamento in botte di legno può durare da un minimo di 1 anno fino a 30-40 anni. Il vino cotto è, tradizionalmente, parte integrante del brindisi nuziale: Il padre dello sposo, infatti, offre questo vino particolare, preparato alla nascita del figlio maschio e conservato fino al giorno del suo matrimonio. La pubblicazione di Filippo Rizzi sulla “cuocitura del mosto”, del 1811, è la più antica testimonianza del "vino cotto" in Abruzzo. Altre testimonianze ci vengono dallo scrittore inglese Edward Lear che, nel suo libro "Illustrated Excursions in Italy" (1843-1844), parla del territorio di Carsoli e menziona vini stagionati paragonabili al Marsala. È del 1975, poi, il libro "Il vino in Abruzzo" di Guido Giuliani che descrive il vino cotto come coadiuvante per il raffreddore e l'influenza o come dessert tradizionale di grande pregio, consumato nelle occasioni memorabili.
Ratafia: "Pax rata fiat!"
Un altro liquore diffuso in tutta la regione è la Ratafia. Ottenuto dall’unione di vino rosso con amarene zuccherate e poste al sole dentro barattoli di vetro, è un liquore dal gusto dolce e piacevole. Il prodotto, dopo una lunga macerazione è poi filtrato, eventualmente addizionato con alcol e imbottigliato. Normalmente consumato giovane, per apprezzare la maggiore freschezza degli aromi, il liquore era usato per sancire accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.
Come testimonia Alessio de Berardinis in "Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori" (Teramo, 1868) riportando che “il nome... gli fu dato da quell’uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine "Pax rata fiat!".
Ponce: la bevanda che fa vivere cento anni e cento mesi
Tipico liquore abruzzese dal colore scuro e ambrato, il Ponce è ottenuto tramite infusione a freddo di bucce di agrumi, con aggiunta di zucchero caramellato, alcol e rum di qualità.
Tra le diverse procedure per ottenere questo famoso liquore ricordiamo quella riportata da Nice Cortelli Lucrezi, in "Le Ricette della Nonna" del 1974: bisogna tagliare sottilmente la buccia di un arancio o limone o mandarino, e metterla a macerare in circa 300 g di alcol per 24 ore. Dei 400 g di zucchero necessari, una piccola parte va fatta caramellare in un tegamino di rame mentre l’altro va sciolto a fuoco lento in circa 300 g di acqua. Lo sciroppo ottenendo va unito allo zucchero caramellato e, una volta freddato, si unisce all'alcol aromatizzato per essere poi filtrato e imbottigliato.
A differenza della produzione domestica, la produzione artigianale prevede l’aggiunta di rum come aromatizzante.
Liquore forte e gustoso, con l’aggiunta di cubetti di ghiaccio diventa una dissetante bevanda estiva mentre in inverno, servito caldo, è un gustoso tonificante.
Anche per questo prodotto, come altre bevande alcoliche abruzzesi, la tradizione attribuisce l’origine alla sapienza antica dei monaci trasferita nel tempo alla popolazione e agli esperti speziali che hanno dato vita a vere e proprie attività commerciali. In "Le Ricette della Nonna”, Nice Cortelli Lucrezi racconta che il farmacista Alleva di Fara San Martino, era solito preparare un Ponce tanto apprezzato e rinomato da far pronunciare al poeta Cesare De Titta (1862-1933) la famosa frase "bevanda che fa cambà cent’anni e cente mise", ovvero bevanda che fa vivere cento anni e cento mesi.
Il Ponce noto e rinomato in tutta la regione, divenne ricercato e apprezzato anche all’estero ottenendo onorificenze anche ad Amburgo, Digione e Torino.
Liquore alla genziana
La pianta di Genziana cresce spontaneamente nell’area montana abruzzese ed è qui che si colloca tradizionalmente la più antica produzione del liquore anche se attualmente esso è prodotto in tutta la regione. L’intenso sapore e il profumo tipico sono la caratteristica unica di questo liquore ottenuto per infusione a freddo, per un periodo di almeno 40 giorni, in alcol etilico delle radici di Genziana lutea.
Raccolte nel periodo autunnale, le radici vengono messe ad asciugare e utilizzate direttamente per l’infusione. Dopo essere stato filtrato il liquore necessita solamente di un breve periodo di decantazione.
Il produrre piccole quantità di vino aromatizzato con radici di genziana da usare come ottimo digestivo, è un’antica consuetudine in quasi tutte le case dell’Appennino Abruzzese. Nel tempo il vino è stato sostituito con una soluzione idroalcolica, in modo da accentuare l’estrazione dei principi naturali contenuti nella radice e aumentare la fragranza del prodotto finale.
Tantissime sono le ricette che, nel tempo, hanno arricchito la tradizione erboristica e liquoristica abruzzese creando prodotti di ottima qualità, genuini e altamente digestivi.