In seguito alla devastante distruzione causa incendio del Teatro dei Cavalieri Associati progettato da Cosimo Morelli dal 1798 al 1812, la Sala Comunale, attualmente sede del Consiglio, fu adibita a luogo di rappresentazioni pubbliche. Si trattava di una struttura in legno, formata da una platea e tre ordini di ringhiera. Tale esigenza spinse un gruppo di facoltosi imolesi, nel 1810, a comprare la soppressa Chiesa di S. Francesco con intenzione di renderla idonea al suo scopo. L’ingegnere imolese Giuseppe Magistretti vebbe incaricato di condurre i lavori che terminarono nel 1812. In occasione della locale stagione di fiera, il teatro venne inaugurato il mese di agosto dello stesso anno. Tuttavia, tre anni più tardi, dopo la riconquista dello Stato Pontificio da parte di papa Pio VII, ne ordinò la chiusura poiché il nuovo teatro era stato costruito in un luogo originariamente destinato al culto, benché divenuto profano. Per sedici anni gli imolesi dovettero adattarsi nuovamente al teatro provvisorio, situato nella Sala Comunale, nel quale, comunque, si svolsero regolari corsi di recite. Fu solo nel 1831 che il conte Cesare Codronchi Angeli ottenne da Gregorio XVI la riapertura del nuovo teatro. Di conseguenza, furono immediatamente avviati i lavori di restauro. Durante il carnevale dello stesso anno, la compagnia comica Colomberti, che recitava nel teatro provvisorio, tenne uno spettacolo d’apertura, La grande seduta criminale convocata in Calais contro Ernestina Clerck, esattamente la sera dell’8 febbraio. Nell’agosto dello stesso anno iniziò la prima stagione lirica.
Nel giro di pochi anni il nuovo teatro di Imola raggiunse una certa notorietà non solo nella regione, ma anche al di fuori dei suoi confini. Così, il numero di artisti di fama che vi si esibirono aumentò. Il livello della programmazione, basata quasi esclusivamente su opere liriche, raggiunse alte vette. Da ricordare, ad esempio, la rappresentazione di Il Barbiere di Siviglia di Rossini, data nel 1837 con la direzione di G. Gaspari e la partecipazione del basso G. Zucchini, e l’esecuzione di L’elisir d’amore di Donizetti nel 1842, oltre alla Sonnambula di Bellini nel 1843 e alla Lucrezia Borgia sempre di Donizetti, che divenne Eustorgia da Romano per censura pontificia.
I soci proprietari del nuovo teatro decisero poi di venderlo al Comune nel 1846, da cui momento diverrà, appunto, Teatro Comunale. Si continuò a rappresentare importanti opere liriche fino al 1852, quando il teatro fu temporaneamente chiuso per essere completamente restaurato. Gli amministratori Codronchi e Pagani pregarono l’ingegnere G. Bianconcini di assicurare la direzione dei lavori. All’ingegnere comunale Antonio Cerchiari fu affidata la ristrutturazione del coperto e del plafone, mentre il professore Filippo Antolini (figlio del più celebre Giovanni Antonio) venne invitato a Imola per un sopralluogo, per far sì che tutto venisse fatto nel migliore dei modi. Furono sottoposti anche i disegni per la decorazione, affidata al pittore imolese Francesco Galassi, all’esame dello stesso Antolini. Galassi fu condotto a Modena e a Ferrara affinché esaminasse quei teatri per dirigere la sua opera ed apporre al disegno le modifiche necessarie per renderlo più armonioso e leggiadro, ma anche per ricevere l’approvazione dell’illustre maestro. A Paolo Sarti, pittore figurista, fu richiesto di dipingere le figure femminili del plafond del teatro, ed egli chiese di affrescare otto Muse: la Tragedia, la Commedia, la Danza, la Musica, la Declamazione, la Poesia Amorosa, la Poesia eroica e la Storia; proposta che venne poi accolta dal Consiglio. Nell’estate del 1855 il teatro poté riaprire al pubblico con la rappresentazione del Macbeth di Verdi.
Da allora l’attività riprese regolarmente, escludendo la breve chiusura del 1859 e del 1866 a causa dei fermenti risorgimentali prima e la terza guerra d’indipendenza dopo. Continuarono ad alternarsi, sulle scene imolesi, compagnie liriche e di prosa, varietà, operette, recite dialettali, spettacoli d’illusionismo. Vi recitò Ermete Zacconi nel 1899, la cui compagnia tornò ad Imola nel 1905 per mettere in scena La città morta di D’Annunzio e Gli spettri di Ibsen, e nel 1908, invece, Il nuovo idolo. Ottenne, inoltre, un buon successo negli anni 1912 e 1914 la suddetta compagnia di Ermete Novelli. La lirica trionfò nel 1922 grazie alla rappresentazione del Mefistofele di Arrigo Boito. Invece, fu la compagnia di Sam Benelli, l’anno successivo, ad ottenere grandi consensi.
Il teatro fu fatto chiudere dopo il 1931 perché non rispondeva alle nuove norme legislative di pubblica incolumità. All’epoca, l’Amministrazione fascista non ritenne opportuni lavori di adeguamento, senza tener conto della guerra, poi gli anni della ricostruzione per rispondere ai bisogni primari della popolazione, i quali hanno ulteriormente rimandato il suo recupero che avvenne solo alla fine degli anni Sessanta. Il teatro ha, pertanto, riaperto i battenti con la compagnia di ballo di Antonio Gades soltanto nella primavera del 1974. Tale restauro ha mantenuto la struttura e le decorazioni della metà del secolo scorso. A pianta ellittica, la sala presenta tre ordini di palchi, più il loggione; i palchi si suddividono in pilastrini risalenti al progetto del 1853 ricoperti in finto marmo, ovvero in broccatello di Spagna, con mascheroni contornati da foglie dorate come capitelli. Invece, è di gusto neoclassico la decorazione, semplice ed elegante a festoni e ghirlande dipinta a monocromo e in stucco dorato, la quale scorre lungo i palchetti, adornando l’arco di proscenio. Il soffitto, invece, conserva le Muse affrescate dal Sarti, al cui centro è collocato un lampadario di cristallo, mentre il resto dell’illuminazione si costituisce di appliques. Nonostante ridotto, il palcoscenico risulta ancora abbastanza ampio, ma non conserva più le attrezzerie ottocentesche, perché modernamente ricostruito con strutture in ferro. La facciata presenta esternamente un breve porticato a tre arcate, che sorregge una terrazza con tre porte-finestre timpanate intervallate da lesene; il tutto viene sormontato da una fascia di coronamento. Infine, le fiancate e il lato posteriore oggi conservano ancora degli elementi architettonici del disegno ecclesiastico originale. Sono qui collocati, oltre al teatro, la Biblioteca Comunale e l’Archivio Storico.
Il teatro si è qualificato col tempo come uno dei più vivaci della regione, poiché diretto in modo assai intelligente dalla riapertura fino all’attualità, e il suo cartellone ha presentato durante ogni stagione teatrale un ampio e variegato programma di prosa, concerti, spettacoli di diverse tipologie. Il teatro è chiuso dal 2004 per improrogabili interventi di adeguamento e restauro e, di conseguenza, la programmazione degli spettacoli si deve regolarmente svolgere al Teatro dell’Osservanza. Nel marzo del 2010 vengono compiuti ulteriori restauri che hanno permesso al teatro di riprendere l’attività, precisamente la sera del 6 aprile, con uno spettacolo inaugurale del Pilobolus Dance Theatre Shadowland.