Da Treglia ad Alvignano, alle falde dei monti Trebulani
L’itinerario prende avvio ai piedi dei monti Trebulani, solitaria porzione d’Appennino isolata tra la pianura campana e la media valle del Volturno. Sul versante occidentale, il compatto massiccio montuoso si schiude formando la vallata che cinge gli abitati di Pontelatone e della vicina Formicola, a cui potete dedicare una deviazione per visitare il santuario della Madonna del Castello, sospeso su un poggio alle spalle del paese. Altrimenti imboccate la tortuosa strada provinciale che s’inoltra tra i rilievi verdeggianti e salite a Treglia. Il paese è una meta ideale per le escursioni autunnali, siamo infatti nel regno della castagna “ufarella”, pregiata varietà a cui ogni ottobre il paese dedica una sagra: approfittatene per gustarne un cartoccio di caldarroste e assaggiare la zuppa di “allesse” (castagne lessate) o qualche altra specialità tipica a base del saporito frutto, magari accompagnata da un bicchiere di Casavecchia, rosso dai sentori di sottobosco che è un’altra eccellenza del territorio. Riscendete a Pontelatone e costeggiate i Trebulani fino a raggiungere Caiazzo con i suoi pittoreschi vicoli punteggiati da palazzi signorili e chiese barocche, su cui domina il colle del castello. Ultima tappa della giornata è Alvignano, addossata alle falde orientali del massiccio. Anche qui i declivi protetti dalla macchia preservano alcuni luoghi di grande suggestione, come le rovine del castello aragonese e la frazione di Marcianofreddo, borghetto medievale dalle rustiche abitazioni in pietra. Nel mezzo della pianura sorge invece la basilica di S. Maria di Cubulteria, straordinario esempio di architettura longobarda, a metà strada fra il linguaggio tardoantico e altomedievale.
Da Alife a Piedimonte Matese nella media valle del Volturno
La seconda tappa inizia con un piacevole intermezzo pianeggiante prima di addentrarsi nuovamente in ambiente montano. Siamo già nel parco regionale del Matese, che comprende la fertile pianura solcata dal medio corso del Volturno, al centro della quale sorge Alife, l’Allifae romana, distesa esattamente a metà strada tra monti Trebulani e massiccio del Matese. Approssimandovi all’abitato vi imbatterete subito in due importanti vestigia del passato, i resti dell’anfiteatro e il tozzo mausoleo funerario degli Acilii Glabriones, prime tracce del millenario patrimonio archeologico cittadino. Ma è solo all’inizio: la parte più antica del borgo è ancora completamente racchiusa nella cinta muraria (con tanto di porte) risalente al I secolo a.C., e all’interno del perimetro fortificato le vie ricalcano ancora in parte l’ordinato reticolo ortogonale romano. Se desiderate fare una full immersion nella cultura del Casertano tra Preistoria e antichità non perdetevi gli allestimenti del museo archeologico dell’antica Allifae.
Meno di 5 km separano il comune da Piedimonte Matese, porta d’accesso meridionale al massiccio. Al pari di Alife vanta una storia che trae le mosse sin dalle epoche più remote, come documentano i ritrovamenti presso il parco archeologico di monte Cila e le preziose collezioni del Museo Civico “Raffaele Marrocco” - MuCiRaMa, ospitate negli ambienti storici del convento domenicano trecentesco, parte del complesso monumentale di S. Tommaso d’Aquino. Non perdete le altre attestazioni monumentali della città vecchia, armoniosamente articolata sulla costa del rilievo: percorrendo le viuzze in salita incontrerete la cappella di S. Biagio, il Palazzo ducale e la basilica di S. Maria Maggiore. Arrivati alla sommità del borgo sarete accolti dalla chiesetta gotica intitolata a san Giovanni, dove il panorama si apre sulla valle alifana.
Da Castello del Matese al lago del Matese
Il terzo giorno inizia finalmente l’esplorazione del massiccio del Matese. Nel tragitto verso l’interno del gruppo montuoso passerete attraverso paesini avvolti da un fascino senza tempo. Il primo è Castello del Matese, antico centro sannitico; lungo le impervie stradine che si snodano nella parte più antica dell’abitato passando sotto ai caratteristici “suppigni” (mezzanini) si aprono scorci panoramici sulle cime dei Trebulani. La strada sale rapidamente di 400 metri fino a raggiungere il borgo montano di San Gregorio Matese: ci troviamo già in una zona dal notevole patrimonio naturalistico e il paese è un ottimo punto di partenza per scoprire la fitta rete di sentieri che solcano il massiccio. Una delle escursioni s’inoltra tra le faggete conducendovi in un paio d’ore nel cuore del parco regionale, sulle sponde del lago del Matese, specchio d’acqua incastonato tra i monti e lago carsico più alto d’Italia.
Da Letino a Pratella
Proseguendo in parallelo al confine tra Molise e Campania, percorrete la verde fenditura valliva che taglia da est a ovest il Matese fino a Letino. Addossato a un basso crinale, il paese si attraversa con una breve passeggiata in salita, verso lo sperone roccioso su cui domina il maestoso (e perfettamente conservato) santuario di S. Maria del Castello, severo fortilizio medievale convertito a luogo di devozione nel XVII secolo. Dall’abitato si costeggia il bacino artificiale del lago di Gallo, che prende il nome dal centro sull’opposta sponda, Gallo Matese, altro piccolo comune rurale dalle origini antiche. Ci stiamo avvicinando al limite occidentale del Matese: superata una cresta, il massiccio digrada decisamente. Lungo la discesa la vegetazione si fa via via più fitta, passando dai verdi pascoli delle cime al rigoglioso ambiente boschivo. Siamo nei dintorni della lussureggiante cipresseta di Fontegreca, incantevole oasi naturale dove concedersi una pausa rinfrescante all’ombra delle fronde, cullati dal gorgoglio dei ruscelli.
Le ultime propaggini del rilievo disegnano i contorni di un piccolo pianoro dalla forma pressappoco circolare, orlato da pittoresche borgate arroccate sui colli, dove il tempo sembra davvero essersi fermato: dalla suggestiva Fontegreca, alla defilata Capriati a Volturno, fino a Ciorlano e a Prata Sannita, dove il possente castello Pandone sembra affiorare dalla roccia, per chiudere con la piccola Pratella, tutta raccolta a rivestire un tondeggiante poggio; in ognuna scoprirete scorci evocativi fatti di impervi vicoletti, piazzette e abitazioni in pietra dal sapore arcaico.
Roccamonfina
L’ultimo giorno si scende verso la pianura lasciandosi alle spalle il Matese e i territori del parco regionale, ma solo per risalire subito in vetta. Con una rapida deviazione potete visitare il Teatro Tempio di monte San Nicola, spettacolare opera ingegneristica arroccata sul crinale dell’omonima altura, 500 metri sopra il livello del mare. La meta di giornata è però un antico e maestoso vulcano estinto, il Roccamonfina, cuore del parco regionale Area vulcanica di Roccamonfina e foce Garigliano. Disposto a mezzaluna all’interno della caldera sorge l’omonimo borgo, destinazione imperdibile per gli amanti della natura, ma anche per i gourmand: nei castagneti secolari che rivestono i versanti del rilievo, da settembre a ottobre si raccoglie infatti il frutto simbolo della località, la Castagna di Roccamonfina Igp, che in autunno, insieme all’altro grande protagonista della gastronomia locale, il fungo porcino, è celebrata da una frequentatissima sagra. Nei dintorni del paese, numerose escursioni a tema vi porteranno alla scoperta di un ricco patrimonio storico e naturalistico, inoltrandosi in ambiente incontaminato attraverso fiabeschi scenari verdeggianti, fino al vicino santuario di S. Maria dei Làttani o sulla cima del vulcano, il monte Santa Croce, dove nelle giornate limpide i panorami si spingono fino al golfo di Napoli.