La regione Toscana attraverso la pizza di Edu Guedes
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Storia del pecorino e altre meraviglie della Toscana a tavola
Gli Etruschi già praticavano la pastorizia, sugli stessi prati dove in Toscana ancor oggi pascolano le pecore: furono i pionieri nell’utilizzo del caglio vegetale e nella produzione di grandi forme di formaggio, con cui una famiglia poteva sfamarsi per molto tempo.
Sono queste le radici da cui nasce il Pecorino Toscano DOP. Il sapore delicato lo caratterizza da sempre. Plinio il Vecchio è il primo a parlarne, mentre nel Quattrocento il “cacio marzolino”, come veniva chiamato all’epoca, era d’obbligo sulle tavole dei nobili fiorentini diventando il preferito di Lorenzo Il Magnifico.
Oggi il Pecorino Toscano è tutelato dal marchio DOP e si produce in tutta la regione, ma anche in alcuni comuni limitrofi di Umbria e Lazio, con il latte delle greggi che vivono e si nutrono rigorosamente all’aperto con foraggio verde, che dona a questo “cacio” un sapore più leggero e armonico rispetto agli altri pecorini.
Si può gustare fresco oppure stagionato, da solo con un buon bicchiere di vino rosso oppure in piatti più elaborati, come i Pici cacio e pepe, una variante toscana della ricetta laziale con la pasta fresca tipica del Senese.
Molto particolare è il Pecorino delle Balze Volterrane DOP, prodotto sin dal Quattrocento nella zona di Volterra, delle sue “balze”, ovvero le voragini create dall’erosione del terreno argilloso. La caratteristica principale deriva dall’uso del caglio vegetale, ricavato dal fiore del cardo selvatico o del carciofo.
Dal gusto leggendario è il Pecorino di Pienza, prodotto esclusivamente nel borgo della Val d’Orcia, dove le erbe profumate e il terreno argilloso dei pascoli gli regalano un particolare retrogusto erbaceo, con note di alloro e castagna. Perfetto da gustare insieme a qualcosa di dolce, magari come il Miele della Lunigiana (di acacia o di castagno), che nasce nelle montagne del nord della Toscana, ed è stato il primo in Italia ad ottenere la certificazione DOP.
Oltre il pecorino
Il paniere dell’agroalimentare toscano, infatti, è pieno di tesori: i prodotti DOP e IGP sono infatti 31. Ci sono salumi unici, come il celebre Lardo di Colonnata IGP, prodotto nel piccolo borgo in provincia di Massa Carrara e lasciato maturare all’interno delle tradizionali conche di marmo; oppure la Finocchiona IGP, l’insaccato simile al salame caratterizzato dalla presenza di semi di finocchio: così, infatti, nel Medioevo si pensò di sostituire il pepe, che era più raro e costoso.
Non mancano delizie uniche, come lo Zafferano di San Gimignano DOP, che viene ancor oggi raccolto e coltivato a mano fiore per fiore: ne servono 15mila per produrne un chilo. Preziosi anche i pinoli, in particolare quelli raccolti sul litorale pisano nelle storiche pinete del Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, che vengono estratti dalle pine utilizzando i metodi tradizionali e senza alcun trattamento chimico.
Dalla lunga tradizione contadina arrivano invece le castagne, che fino al dopoguerra erano il pane per gli abitanti delle zone montane, come la Castagna IGP del Monte Amiata, il Marrone del Mugello IGP o il Marrone DOP di Caprese Michelangelo, il borgo della Valtiberina che prende il nome dal genio a cui ha dato i natali: Michelangelo Buonarroti. Da questi nutrienti frutti si prepara anche la farina di castagne sia in Lunigiana che in Garfagnana, dove si chiama farina di neccio: un ingrediente dal sapore dolce alla base di dessert tipici come il Castagnaccio.
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