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La regione Sardegna attraverso la pizza di Gino Sorbillo

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Storia del pecorino sardo e altre meraviglie della Sardegna a tavola

storia del pecorino sardo

Già nell’Età del bronzo, cinquemila anni fa, le popolazioni nuragiche della Sardegna preferivano allevare gli ovini piuttosto che coltivare la terra. Questa attività non è mai venuta meno anche grazie alle condizioni climatiche e naturali dell’isola, che coi suoi grandi prati ricoperti da una vegetazione ricca e dai cespugli, è un paradiso per far pascolare le pecore.
Da questa lunga storia arriva il Pecorino Sardo DOP, prodotto d’eccellenza erede di una antica tradizione casearia. Le prime notizie su questo formaggio, infatti, risalgono a fine Settecento, quando in Sardegna si producevano il Rosso Fino e l’Affumicato. Erano realizzati con latte crudo o latte riscaldato con pietre arroventate ed entrambi sono oggi considerati i progenitori del pecorino. Non sarà un caso se anche di Pecorino Sardo DOP si possono assaggiare due tipologie: il Dolce, dal sapore aromatico e, ovviamente, dolce; e il Maturo, più stagionato e dal gusto deciso e piccante.

Oltre il pecorino sardo

oltre al pecorino sardo

Questo formaggio è tra i prodotti-simbolo dell’agroalimentare sardo ed è al centro di diverse ricette tipiche, come il pecorino arrosto: un piatto che arriva dalla tradizione pastorale, a base di pane carasau e pecorino stagionato, che una volta veniva cotto sul fuoco a legna. Il pecorino viene anche utilizzato per farcire la seada, il dessert isolano per eccellenza, simile a una grande raviolo di pasta di semola, fritto e ricoperto di miele.

Col pecorino si possono poi insaporire i malloreddus, nota anche come gnocchetti sardi, una pasta di farina di semola a forma di piccole conchiglie rigate, che si condisce anche alla campidanese, ovvero con il sugo di salsiccia tipico della zona del Campidano.

La cucina sarda è ricchissima di pasta artigianale di diverse forme e provenienze. Come i culurgiones, pasta ripiena che somiglia a un grande raviolo, di cui esistono diverse versioni. La più famosa è quella dell’Ogliastra, che ha anche il riconoscimento IGP, e prevede un ripieno di patate, pecorino e menta; mentre in Gallura per insaporire l’impasto si aggiungono scorza di limone o arancia, così come nel Campidano i culurgiones vengono farciti di ricotta, uovo e zafferano.
Un altro tipo di pasta sono i maccarones de busa, conosciuti anche come ferrittu, simili a bucatini da servire al ragù o col sugo di salsiccia; e poi c’è la fregula, pasta di semola dalle origini antichissime, che potrebbe essersi diffusa nell’isola grazie ai commerci con i Fenici. Le piccole palline della fregula si condiscono con le arselle, con le vongole, o col sugo di pomodoro o di carne.
Da Oristano invece arrivano le lorighittas, splendidi “orecchini” di pasta intrecciati a mano che tradizionalmente si preparavano in occasione di Ognissanti; mentre solo a Nuoro si prepara il filindeu, una pasta che si mangia in minestra, insieme al brodo di pecora e al pecorino, ed è composta da fili sottilissimi, che vengono poi incrociati.
La varietà di sapori e tradizioni che caratterizza la pasta fresca si ritrova anche nei dolci sardi, diversi a seconda del territorio. Se infatti i celebri papassini con noci, uvetta e mandorle, vengono preparati in tutta la Sardegna, solo a Ozieri e a Goceano si possono assaggiare le copuletas, dolcetti ripieni di sapa - ovvero mosto cotto - miele o marmellata e coperti con una glassa candida; mentre da Nuoro arriva l’aranzada, un dolce originale preparato con scorze d’arancio candite nel miele e mandorle tostate. Non si possono dimentichiamo le casadinas, tipiche della zona della Barbagia e del Logudoro, piccole torte ripiene di formaggio fresco aromatizzate al limone; e le loro sorelle minori: le pàrdulas, che si preparano nel Campidano, e sono invece ripiene di ricotta e coperte di zucchero a velo.

 

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