Il complesso archeologico di Castelseprio-Torba è immerso tra i boschi della valle dell’Olona, in una posizione strategica per i collegamenti tra il sistema fluviale e i valichi alpini: perciò quest’area fu considerata un avamposto da presidiare fin dalla tarda antichità, e tale rimase in epoca longobarda. Oggi fa parte del sito seriale UNESCO “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere” ed è composto da tre luoghi monumentali distinti: il Castrum, un tempo cinto da poderose mura turrite, la chiesa di S. Maria Foris Portas e il monastero di Torba. Il Castrum, perfetto esempio di riutilizzo barbarico di architetture militari romane, si originò tra il IV e il V secolo d.C. e in epoca longobarda divenne sede di un gastaldato. All’interno si vedono i resti della basilica paleocristiana di S. Giovanni Evangelista con il suo battistero ottagonale, entrambi utilizzati dai Longobardi nel VII secolo per le sepolture dei loro aristocratici, oltre a tracce di altri edifici civili e militari; un piccolo Antiquarium custodisce i reperti più significativi rinvenuti nel sito (ancora in fase di scavo). La chiesa di S. Maria Foris Portas, come indica il nome stesso, si trova al di fuori del Castrum. Conserva nell’abside uno dei più importanti e antichi cicli pittorici dell’Italia altomedievale, datato tra il VII e il X secolo: gli episodi dell’infanzia di Gesù, tratti dai vangeli canonici e apocrifi, sono ritratti con un’abilità e una naturalezza senza pari per l’epoca, con soluzioni “proto-prospettiche” ancora legate alla pittura romana combinate con influssi orientali. L’ultimo sito del complesso è il monastero di Torba, nel comune di Gornate Olona. Un tempo era l’avamposto militare a fondovalle del Castrum, ma durante la pax longobarda fu occupato da un gruppo di monache benedettine, che tra l’VIII e l’XI lo ampliarono con la costruzione della chiesetta di S. Maria. Particolarmente interessante è la torre inglobata nel monastero, una delle poche torri romane rimaste nel nord Italia, che le monache riutilizzarono e ricoprirono di affreschi ieratici e misteriosi: splendidi i loro ritratti, oggi quasi tutti senza volto, uno dei quali conserva ancora il nome di Aliberga.