In Trentino a caccia di bontà: le albicocche della Val Venosta
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Eppure qui, oltre alle più famose mele, la coltivazione di questi frutti tipicamente estivi, chiamati dai locali vinschger marille, è accertata fin dall’Ottocento. Secondo le ipotesi più accreditate, le prime piante di albicocche sarebbero state importate dal vicino Impero austro-ungarico alla fine del secolo, probabilmente dalla Regione boemo-ungherese, e avrebbero subito attecchito, complice un clima molto favorevole per la loro crescita.
Una maturazione senza fretta
In Val Venosta gli albicocchi venivano piantati soprattutto sui pendii settentrionali, tra i 500 e i 1000 metri di altitudine, una zona inadatta ad altre coltivazioni tipiche. È così ancora oggi.
L’elevata escursione termica, le scarse precipitazioni annue e una ventilazione ottimale danno modo ai frutti di raggiungere un bel colore giallo-arancio, oltre a dimensioni, consistenza e un gusto ottimi. Considerando l’altitudine, l’albicocca venostana matura lentamente rispetto ad altre zone d’Italia, di solito tra la fine di luglio e l’inizio di agosto.
Una piccolissima e preziosa produzione
Dalla loro introduzione e per circa un secolo, le piantagioni di albicocchi sono state molto importanti per l’economia locale: basti pensare che in passato coprivano circa 200 ettari.
Oggi le cose sono molto cambiate, ma non perché agli agricoltori locali sia passata la voglia di coltivare albicocche. Il declino è iniziato negli Anni 70, per colpa della skarka, una malattia virale che costrinse molti a estirpare tanti alberi malati. Nonostante una serie di piantumazioni successive, non si è mai più arrivati ai fasti del passato: gli ettari coperti oggi sono circa 80.
Il momento giusto per raccoglierle e per mangiarle
Tra le maggiori difficoltà legate alla coltivazione c’è la raccolta. Gli agricoltori devono controllare lo stato della maturazione più volte, albero per albero, perché le albicocche non maturano mai contemporaneamente, con differenze persino sullo stesso albero: i frutti sui rami più alti sono pronti prima rispetto a quelli più bassi. A differenza di altra frutta, che viene raccolta ancora acerba e conservata nelle celle frigorifere, le albicocche venostane non possono essere colte verdi, perché altrimenti non svilupperebbero il loro caratteristico aroma. Quando poi arriva il momento, vanno consumate massimo entro due giorni.
Anche la marmellata è una prelibatezza
Ecco che, a parte una piccola quantità, il principale utilizzo è la conservazione. La marmellata è il modo più comune e pratico per consumarle.
Se capitate da queste parti ad agosto fate un salto alla festa di Marmo e Albicocche, che ogni anno si tiene a Lasa, in Provincia di Bolzano. Situata a 868 metri sul livello del mare, la cittadina ha riunito in una festa tipica le due cose per cui è più nota.
I canederli di albicocche
Le albicocche, ovviamente, sono protagoniste anche dell’enogastronomia locale. Tra le ricette da provare assolutamente, i canederli di albicocche o Marillenknödeln, grandi gnocchi dolci serviti con burro, zucchero e cannella. Anche in questo caso l’origine è boema: a importarli in Val Venosta furono le cuoche reclutate al servizio delle famiglie austriache e altoatesine. Oggi tutti possono gustarli, una vera specialità del territorio.