Prato, dove l'arte ti abbraccia a ogni passo
5 minuti
Andare a Prato e scoprire la città vuol dire lasciare giocare i nostri occhi, permettere alle nostre menti e alle nostre mani di colorarsi di meravigliose e voraci sensazioni. Iniziamo il nostro viaggio in Toscana proprio da qui, da questa città dove ogni luogo diviene pensiero e il pensiero arte e dove ogni monumento del passato testimonia una storia di intraprendenza e orgoglio.
Lasciamoci guidare dal pensiero di Curzio Malaparte per scoprire che: “È a Prato dove tutto va a finire: la gloria, l’onore, la pietà, la superbia, la vanità del mondo”.
Sulle tracce di Curzio Malaparte
“Io son di Prato; se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo e penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi”. Curzio Malaparte, all’anagrafe Kurt Erich Suckert, così diceva spinto da un orgoglio tutto pratese.
Per lui Prato non è solo un luogo di nascita, ma lo ha seguito e ispirato per tutta la vita e ora accoglie il suo riposo dopo la morte.
Malaparte è dunque il miglior compagno di viaggio per giungere a Prato, visitarla e conoscerne l’anima più profonda guidati da chi, seppur pratese, l’ha sempre vista con gli occhi stupiti del turista.
Prato troppo spesso viene ricordata solo per le fabbriche e la fervente attività della comunità cinese o per la secolare tradizione dei lanaioli, ma conoscere Prato condotti per mano da Malaparte significa andare oltre, scoprire immagini preziose che dilatano gli spazi e deformano ogni preconcetto. Camminare fianco a fianco con questo scrittore atipico e coraggioso, significa ricercare i valori dell’arte pura e difenderli da una società del consumo, anche turistico, e conoscere il volto profondo e la storia della città che, un po’ come Malaparte, si è saputa districare tra il potere e la libertà, tra la sofferenza di essere ai margini e l’orgoglio di rivendicare questa differenza.
I luoghi dello scrittore pratese
Prato è come una rappresentazione che cambia attorno a chi la visita. La sua architettura sembra danzare tra le pietre del centro e i materiali del suo territorio che, come pochi in Toscana, rivelano una natura unica, selvaggia e delicata. Seguendo Malaparte lungo il tragitto che giunge al suo mausoleo possiamo scoprire quest’anima appuntita e affascinante di vento e di roccia.
Curzio Malaparte morì a Roma il 19 luglio del 1957 ma, per sua volontà, il corpo fu posto in un magnifico sepolcro in pietra posto sulla vetta del monte che i pratesi chiamano Spazzavento, all’inizio della valle del Bisenzio, sulla piana su cui sorgono Firenze e Pistoia; da qui lo sguardo spazia dalle alture dei monti della Calvana cui sorge Prato alle colline del Monteferrato ricoperte di boschi e terreni coltivati, dove poter fare rilassanti passeggiate o escursioni in un ambiente montano in cui la fitta vegetazione lascia spazio ai fenomeni carsici che caratterizzano la zona.
Tornando poi al centro, Prato nel suo cuore antico racconta una sorta di magnifico romanzo catastale: le oltre settanta torri, infatti, con le loro prospettive verticali e le facciate austere interrotte soltanto da piccole finestre, stretti porticati, feritoie e buche pontaie, già nel XII secolo dominavano e difendevano la città con il loro aspetto arcigno e ardito.
Tra Rinascimento e modernità
I profili austeri di queste strutture evocano i luoghi e l’atmosfera medievale così come la storia e le gesta di Francesco di Marco Datini, altro simbolo dell’intraprendenza pratese, che inventò la lettera di cambio, la chiocciola (@) come segno di comunicazione e una nuova idea di impresa pienamente moderna: la sua capacità di condurre gli affari, che si combinava con spiccate doti di benefattore, ne fecero uno straordinario esempio di mercante del primo Rinascimento.
Arte rinascimentale e contemporanea
Il centro storico colpisce anche per la presenza dell’unica testimonianza di architettura sveva dell’Italia centro-settentrionale, il Castello dell’Imperatore.
Al centro della Piazza del Duomo si trova la Fontana del Pescatorello, che sempre Malaparte descrive così: “la macchia rosea della fontana di marmo, dal bel colore di carne”.
La facciata del Duomo, su cui spicca il Pulpito di Donatello e Michelozzo, è una stupenda sintesi dell’arte e della storia della città. Il suo interno, che conserva la venerata reliquia della Sacra Cintola della Madonna, è impreziosito dagli splendidi affreschi di Filippo Lippi, il cosiddetto “frate con prole”: prima scomunicato per la relazione da cui ebbe un figlio, venne poi riabilitato grazie all’intercessione di Cosimo De’ Medici.
Chi è nato a Prato
Su questa piazza, che aveva incantato tra gli altri anche Herman Hesse, si fermava Malaparte per poter vivere quei momenti di spensieratezza che gli permettevano di fronteggiare i numerosi nemici: gli bastavano pochi amici per non sentirsi solo o godersi un buon caffè seduto al tavolo con gli altri artisti di queste terre. Prato, infatti, sempre differente rispetto alla classica iconografia toscana, ha sempre mantenuto, nel corso del Novecento, una fervente dinamicità culturale, che ha attirato pittori di spicco come Ardengo Soffici, il fondatore della “Scuola di Prato” degli anni ’30, ma anche scrittori e personaggi di spettacolo taglienti e ribelli come i fratelli Sandro e Giovanni Veronesi, Roberto Benigni e Francesco Nuti, persone capaci di emozionare e divertire, nate da un ambiente impregnato da quell’umorismo diffuso tra bar, osterie e circoli di paese.
Un laboratorio d’arte contemporanea
Prato è, di fatto, una sorta di laboratorio artistico a cielo aperto a cavallo tra avanguardia e pop culture. Qui la creatività è guidata dalla passione per l’arte contemporanea e vive lo stesso fervore industriale che caratterizza il territorio. Prato continua ad intessere un fecondo dialogo con il genio contemporaneo: il Buco di Prato, monumentale creazione in marmo bianco di Henry Moore rappresenta uno dei massimi esempi di scultura contemporanea presenti in Italia. Questo continuo e devozionale rapporto con le avanguardie, produce numerose manifestazioni che continuano ad arricchire la città di rilevanti testimonianze artistiche come l’installazione di luce e ombra Grande Sognatrice di Fabrizio Corneli e il Museo per l’Arte Contemporanea “Luigi Pecci”.
La tradizione tessile di Prato e la sua cucina
La caratteristica che fa di Prato una città unica è che qui la bellezza si può toccare, e non solo guardare. A differenza delle altre zone della Toscana o dell’Italia, infatti, la materialità della tradizione tessile, ha influito nella società e nel suo rapporto con le eccellenze che qui sono intessute di una tangibile laboriosità e arte.
La fragranza dei suoi Biscotti, volgarmente detti anche cantucci, arricchiscono una cucina sincera dove la bozza di Prato, la mortadella di Prato e il sedano alla pratese si accompagnano al sapore buono dei nettari alcolici di qualità come il Vino di Carmignano, prima DOC riconosciuta al mondo in un bando di Cosimo de’ Medici, o l’antico Vermouth di Prato.
La “pratesità” è dunque, un modo di essere che riunisce uno spirito orgoglioso e indomito ad una somma pulsione alla libertà di azione, di pensiero e di sentimento. Un amore eterno, divertente e struggente allo stesso tempo, da custodire, una volta lasciata Prato, come un tesoro segreto che vi accompagnerà durante il vostro viaggio alla ricerca dell’Italia migliore.