I paesaggi della Calabria
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Difficile disegnare un’immagine complessiva delle coste calabresi, non solo per i circa 800 km bagnati dallo Ionio e dal Tirreno, ma soprattutto per la loro varietà assoluta: un gioco portentoso, quasi bizzarro, del paesaggio marino in tutte le sue possibili espressioni, da quelle più tranquille degli ampi arenili a quelle frastagliate e ornate di rocce che si innalzano su acque di cristallo. Qualcuno le definisce le coste più belle d’Italia: sicuramente quelle calabresi sono tra le più sorprendenti, potendo vantare panorami di natura e di cultura magnificamente nascosti e da scoprire, ma anche tanti paesaggi ormai famosi per la loro unicità. Basti pensare alle grotte: quelle bellissime di Bagnara Calabra, la grotta azzurra di Tropea, le piccole e colorate grotte del promontorio di Caminia, quelle splendide dell'isola di Dino. O alla meraviglia che suscita l'area marina protetta di Capo Rizzuto tra resti archeologici e fondali vestiti di distese di Poseidonia Oceanica, rifugio per preziose specie marine. I nomi stessi delle coste evocano le tante suggestioni sensoriali, estetiche, storiche e mitologiche che le marine calabresi sanno regalare: Costa degli Achei, Costa degli Aranci, Costa degli Dei, Costa dei Saraceni, Costa Viola, Riviera dei Cedri, Riviera dei Gelsomini… un modo per provare a definire paesaggi che le parole non bastano a descrivere.
Impervie e spettacolari: sono le montagne calabresi, tutte da scoprire
La montagna contribuisce in modo esteticamente e culturalmente determinante, forse anche disarmante, al disegno del paesaggio calabrese. Particolari, suggestive, impervie e spettacolari montagne: boschi intensi e impenetrabili, cascate e torrenti impetuosi, canyon mozzafiato, rocce maestose, valli selvagge. Quasi un mondo lontano, dove spettacoli alpestri, stazioni sciistiche e rifugi convivono con la vista del mare, laghi e boschi dal sapore nordico coesistono con borghi e villaggi dal fascino antico, dove scoprire costumi e tradizioni secolari, ancora così presenti nella quotidianità. Che l’ambiente sia di grande pregio e si sia conservato con il suo carattere primitivo lo dimostra la presenza di tre Parchi nazionali, quello del Pollino, quello dell’Aspromonte e quello della Sila, dove è possibile vivere una natura incontaminata e autentica, custode anche di una storia millenaria, tra siti paleontologici, come la Grotta del Romito e la Valle del Mercure, e aree archeologiche della colonizzazione greca.
Pollino e Piana di Sibari: dalla tenacia della natura alla terra dei miti greci
Il Pollino è una regione montuosa dai tratti potenti, intricati, perfettamente sintetizzati nella rarità naturale divenuta emblema dell’omonimo Parco nazionale: il pino loricato. Come la terra in cui vive, assume straordinarie forme di dura maestosità, contorte e forti, espressioni di energia e resistenza selvaggia. Il Pollino con le sue cime, le sue faggete vetuste Patrimonio dell’Umanità, i suoi corsi d’acqua avventurosi – ideali per il rafting – è proprio come questa strana pianta che ne è diventata il simbolo: avvicinandosi con discrezione, magari lungo uno dei tanti sentieri di trekking percorribili, potrete cogliere la sua particolare bellezza, per scorgere i segni intatti dello scorrere del tempo e apprezzare la tenacia della natura e degli uomini di questi luoghi. A fare da confine tra il Pollino e la Sila, per tener fede ai contrasti del paesaggio calabrese, si allarga la pianura più estesa della regione, la Piana di Sibari, che prende il nome da una delle più famose città della Magna Grecia, terra fertile di frutti (pensate agli ottimi agrumi) e di miti della civiltà.
Visioni e contrasti calabri: dove Dio si è divertito a mescolare mondi diversi
Diversi autori per tracciare le caratteristiche del paesaggio della Calabria tirano in ballo Dio, il dio della varietà, dei segni distintivi dati a ogni terra, dei capricci leggeri o estremi della creazione. Effettivamente sono così tante e varie le forme di paesaggio di questa regione che risulta difficile tracciarne un inventario esauriente o anche solo provare a farne una sintesi. Più che ai luoghi ci si affida allora ai sentimenti, alle sensazioni mosse da vedute che vanno dalla dolcezza inaspettata all’asprezza assoluta di alcuni lembi di terra, dall’ammirazione per le espressioni naturali allo stupore per quelle dell’uomo con i suoi insediamenti facili o coraggiosissimi, dalla consolazione di bellezze pure alla fascinazione insidiosa di ampie zone selvatiche, quasi inaccessibili alle gambe e al cuore.