Tomba di Dante
Vedere Ravenna attraverso l’opera di Dante è certamente più complicato che cercare Leopardi a Recanati o Leonardo a Milano. Per essere ospiti a casa Leopardi basta pagare un biglietto o, come a Milano, dove è possibile ammirare l’Ultima Cena. Della materialità terrena del passaggio di Durante di Alighiero degli Alighieri a Ravenna, l’unica testimonianza materiale, sono le sue ossa deposte nel sarcofago d’epoca romana.
Ma la poesia non è fatta di mattoni o pigmenti sui muri e se a Recanati si può cercare l’ermo colle dell’Infinito leopardiano, o vicino Milano si può fotografare il corso scosceso dell’Adda che fa da sfondo alla Vergine delle Rocce, non è così a Ravenna.
Ma alla Tomba di Dante va comunque reso omaggio, non solo perché è una piccola, civilissima costruzione neoclassica, ma anche perché, sopra il sarcofago del Poeta, si può ammirare un notevole bassorilievo di Dante immerso nella lettura, scolpito dall’artista rinascimentale, Pietro Lombardo, alla fine del ‘400. E tutti i giorni, nei pressi della Tomba di Dante, si legge ad alta voce un canto della Commedia che, Giovanni Boccaccio, definì Divina.
Casa Dante
Un Museo Dante era stato inaugurato nella via omonima, vicinissimo alla Tomba del Poeta, nel quadro delle celebrazioni per il sesto centenario dalla sua scomparsa avvenuta nel 1321. Inizialmente il Comune l’aveva pensato a deposito di cimeli, con targhe e oggetti arrivati da tutto il mondo in occasione delle celebrazioni del 1908 e del 1921. Si era poi evoluto nel tempo, organizzando una grande esposizione delle raccolte e arricchendosi ulteriormente, con una sezione didattica curata dal Centro Dantesco della Biblioteca Classense.
La svolta finale arriva nel settembre di due anni fa quando, in una dimora nobiliare trecentesca sempre contigua alla Tomba, prese vita la Casa Dante. Un nuovo spazio polifunzionale dotato di sale espositive, di bookshop, di un laboratorio didattico e di un’area finale: la Corte meditativa, in continuità con la Zona del Silenzio, nata per rispettare il riposo di Dante nei pressi del sarcofago.
Basilica di S. Francesco
È tutto racchiuso in un piccolo fazzoletto di terra. Come l’odierna Casa Dante, ma da molto più tempo, anche chiesa e convento dei Francescani ravennati sono letteralmente accanto alla Tomba del Sommo Poeta. È qui che le spoglie di Dante erano state tumulate inizialmente. Ed è qui che quando, nei primi anni del 1800, le riforme napoleoniche avevano soppresso gli ordini religiosi e requisiti i loro conventi, i frati furono costretti ad abbandonare non soltanto chiesa e convento ma anche quel che di Dante restava. E la conclusione della storia è degna di un romanzo. Quando, dopo la riconsegna ai frati del convento, si effettuarono alcuni lavori di manutenzione, il 25 maggio 1865 un muratore trovò una cassetta di legno e uno studente lesse sulla stessa la scritta: “Dantis ossa a me Fra Antonio Santi hic posita anno 1677 die 18 octobris”, cioè “Le ossa di Dante da me, frate Antonio Santi, qui collocate il 18 ottobre 1677”. Fu la conditio sine qua non necessaria per poter fare della Tomba di Dante molto di più che non un elegante edificio votivo vuoto.
Rimanendo in zona permane comunque il clima dantesco; percorrendo infatti via Baccarini per visitare la Biblioteca Classense - meglio prendere contatti in anticipo - si visita anche la chiesa di San Romualdo che ne è parte integrante.
Basilica di S. Apollinare Nuovo
La parentela fra le basiliche di San Francesco e di Sant'Apollinare Nuovo è quella di condividere la storia. Entrambe, infatti, risalgono all’epoca tardoantica dei regni romano-barbarici e tutte e due ebbero a che fare con Dante. Anche se Sant'Apollinare Nuovo è meno direttamente dantesca, quando si legge il canto ventinove del Purgatorio con le sacrosante Vergini che convincono Dante a forti cose a pensar mettere in versi e i ventiquattro seniori, a due a due ci si rende conto che si tratta di una traduzione poetica delle figurazioni a mosaico lungo le pareti di questa chiesa. Una sequenza di martiri e sante, distribuite lungo la navata di Sant'Apollinare Nuovo, senza contare le sintesi visive del porto di Classe e del palazzo di Teodorico, offrono un campione di qualità che ha pochi eguali nel mondo.
Per verificare di persona da San Francesco basta spostarsi di qualche isolato fino all’apparire della facciata di Sant'Apollinare Nuovo con il cilindro del suo campanile, in piedi da oltre dodici secoli.
Basilica di S. Apollinare in Classe
Leggendo i versi 97-104 del quattordicesimo canto del Paradiso, dove Dante e Beatrice salgono al cielo di Marte, dove gli spiriti formano una croce luminosa nel cui mezzo splende Cristo, è inevitabile pensare alla croce con al centro il Cristo in un cielo stellato che spicca a mosaico nel catino dell’abside di Sant'Apollinare in Classe. Si tratta della rappresentazione simbolica della Trasfigurazione, dove la croce è affiancata dalle figure di Mosè e di Elia e sotto, in un paesaggio astratto di rocce, alberi, fiori, arbusti e uccelli, Sant'Apollinare appare in preghiera tra dodici pecorelle che simboleggiano il gregge dei fedeli.
Classe, in epoca romana, era la sede del porto di Ravenna e separata dalla città per le spiccate funzioni belliche. Per arrivarci a piedi, cosa perfettamente possibile, serve circa un’ora mentre bastano meno di venti minuti in bicicletta e neanche un quarto d’ora in macchina. I treni regionali del trasporto pubblico, da Ravenna a Classe, sono rapidissimi e assolutamente economici.
Anche se più fuori mano rispetto alle prime cinque tappe dell’itinerario, tutte centrali e urbane, alcune vicinissime fra loro, la chiesa è meta obbligatoria di qualsiasi visita a Ravenna.
Pineta di Classe
Non c’è bisogno di visitare mosaici bizantini mentre si legge la Commedia Divina per essere certi che la “divina foresta spessa e viva” citata nel canto ventotto del Purgatorio, sia da identificare con “la pineta in su ’lito di Chiassi”. Altrettanto chiaro è che il nome del luogo, Classe, sia qui piegato - nella struttura a terzine incatenate cui il poema si vincola sempre - alla necessità di far rima con “passi” due versi dopo.
La pineta si estende per 900 ettari a sud-est della basilica di Sant’Apollinare in Classe e anche dopo Dante, si è meritata una serie di riferimenti letterari: da Boccaccio fino a Byron, per il fascino e la ricchezza della sua vegetazione di pini a ombrello, lecci, carpini e arbusti mediterranei. Area naturalistica a libero accesso, parte integrante del Parco del Delta del Po, è uno dei maggiori polmoni verdi della Riviera Adriatica.
Uno dei caratteri più affascinanti della pineta è il suo conservare un aspetto selvatico. In termini naturalistici, la vegetazione mediterranea si alterna a prati aridi e a bassure allagate con acqua salmastra o dolce, come nel caso delle oasi dell’Ortazzo e dell’Ortazzino vicine alla foce del torrente Bevano. La tutela messa in pratica garantisce la salvaguardia dell’habitat dove vivono usignoli, pettirossi, picchi muratori e allocchi, oltre a una discreta presenza di anfibi e rettili.
Per visitarla il modo consigliato è la bicicletta o, come lo si chiamava scherzosamente un tempo, il cavallo di San Francesco, ovvero a piedi.