Tra vigneti e dune, un salto nella preistoria verso il borgo rinato di Tratalias
Se non si viaggia con un mezzo proprio, traghettato dal Continente, si può noleggiare facilmente un’auto all’aeroporto di Cagliari e partire verso sud, approfittando dei panorami di rocce rosse e macchia mediterranea che regala la bella e tortuosa provinciale 293.. Arrivati a Nuxis, uno dei primi paesi della provincia, si può deviare verso la chiesetta bizantina di S. Elia, persa in mezzo alla vegetazione: anche se piuttosto rimaneggiata rispetto alla struttura originaria, è suggestiva per la sua posizione isolata e la piccola pianta a croce. Poco oltre, si gira verso Villaperuccio e la necropoli di Montessu.
Tra grandi cespugli e alberi di ulivo, a Montessu si contano numerose “case delle fate”, le Domus de Janas: Secondo la leggenda, piccole fate che abitavano in minuscole case scavate nella roccia. Si tratta di tombe pre-nuragiche scavate più di cinquemila anni fa, ed è solo con le popolazioni nuragiche che le tombe vennero adibite ad abitazioni: si parla di 2000 avanti Cristo, ben prima di etruschi e romani.
Si riprende la strada in direzione di Santadi e di Giba, terra del Carignano del Sulcis, vino doc, rosso intenso e profumato. Il vitigno è tra i pochi che crescono su suoli sabbiosi. Tante le cantine in cui fermarsi per una degustazione, prima di riprendere la statale 293.
Spettacolare, anche nei mesi meno caldi, è il promontorio di Porto Pino. Dopo Sant’Anna Arresi (teatro ogni fine estate di uno storico festival jazz dal respiro internazionale) si estende un arco di sabbie candide che giunge fino ai primi rilievi di Capo Teulada, 4 km di dune che fanno sognare.
Ma c’è altro di meno conosciuto e altrettanto notevole. È il borgo di Tratalias. Paese abbandonato e ricostruito su un’altura negli anni '50, perché l’acqua di una diga artificiale sul rio Palmas aveva messo a rischio le fondamenta delle case più antiche. Queste oggi sono state parzialmente recuperate e ospitano attività artigianali e spazi espositivi. Qui a splendere è soprattutto la cattedrale di S. Maria di Monserrato.
Da Tratalìas il mare è a una manciata di chilometri. Si oltrepassa il piccolo centro di San Giovanni Suergiu e si percorre la strada sull’istmo che porta all’Isola di Sant’Antìoco.
Da Sant’Antioco all’isola di San Pietro
Eccoci a Sant’Antioco, l’isola più grande dell’arcipelago del Sulcis. Per iniziare a visitarla, si può seguire la strada che costeggia lo stagno di Santa Caterina ammirando colori e movenze dei molti fenicotteri che lo abitano e proseguire fino alle saline. Oppure andare al paese di Sant’Antioco, erede dell’antica Sulky, fondata dai fenici verso il 750 a.C.
Oltre al relax, c’è la possibilità di approfondire le testimonianze archeologiche rimaste sul territorio nel Museo “Ferruccio Barreca”, un racconto della storia fenicia, punica e romana di uno dei centri urbani più grandi dell’antichità. Il Museo Mab,il Museo Etnografico, il Villaggio Ipogeo, il Tofet, l’Acropoli, il Forte Sabaudo e l’Archivio storico rientrano tra le possibilità di scoperta racchiuse nell’offerta di visita del Parco Archeologico.
Da qui si riparte e, oltre Capo Sperone, la costa si fa scoscesa. Un sentiero consente di raggiungere la selvaggia insenatura di porto Sciusciau e, se il maestrale non frusta, sono da vedere (anche per più di un bagno in bella stagione) le spiagge di Cala Sapone e soprattutto Cala Lunga, con il suo lungo fiordo e le scogliere.
Si va invece a Calasetta per imbarcarsi e raggiungere l’isola di San Pietro. L’unica cittadina isolana è Carloforte, dalle origini genovesi e dal fascino profondamente mediterraneo, che il clima mite e le giornate terse consentono di apprezzare a pieno fuori dal periodo più affollato delle vacanze estive. La fama di Carloforte è legata alla tradizione della pesca del tonno. Qui si trova, infatti, l’ultima tonnara sulla costa sarda e tra le più antiche del Mediterraneo.
Uscendo da Carloforte si può andare a Capo Sandalo, in un tripudio di macchia mediterranea e di rocce a picco sul mare, meta di nidificazione di moltissimi uccelli, compreso il Falco della Regina, avvistabile da aprile a novembre insieme al gabbiano corso e al falco pellegrino. Qui, nel 2011, è stata creata un’oasi di protezione faunistica affidata alla Provincia di Carbonia-Iglesias, l’Oasi Lipu di Capo Sandalo, e da aprile a novembre. Si torna sulla terraferma, ultima esplorazione del sorprendente sudovest sardo, prendendo il traghetto per Portoscuso da Carloforte.
Iglesias e la sua costa, la miniera d’Italia
Da Portoscuso si imbocca la provinciale 108, che dopo pochi chilometri si immette sulla statale 126 – lungo la quale si incontrano le miniere di Monteponi e, in poco meno di mezz’ora, ecco Iglesias!
Iglèsias è stata tra i più importanti centri minerari italiani, un passato che si tenta di valorizzare con il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, l’istituzione cui è affidata la tutela degli ex siti minerari della regione. La sua sede è proprio a Iglesias e sempre da qui parte (o arriva) anche il Cammino minerario di Santa Barbara, un percorso di circa 500 chilometri che si snoda attraverso luoghi di culto, siti minerari dismessi, antiche strade, mulattiere e ferrovie usate in passato per il trasporto dei metalli. I mesi ideali per percorrerlo sono maggio e settembre, quando il sole picchia meno, ma in realtà il clima mite e la piovosità limitata di questa zona lo rendono accessibile anche nei mesi invernali.
Ma Iglesias è ormai finalmente nota anche per la sua costa selvaggia e per le sue testimonianze dell’antichità pre-cristiana. Si può allora decidere di dirigersi verso le spiagge della costa, dove si trovano anche gli insediamenti minerari di Nèbida e Masùa. Oppure di guidare tra i monti del Fluminese a nord della città, visitare il Tempio di Antas per poi tornare sulla costa di Buggerru, apprezzata da surfisti e dagli appassionati di trekking (la località è infatti punto di partenza della rete di percorsi escursionistici Miniere nel blu), e finire il viaggio sulle splendide dune del litorale di Piscinas.