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Cos’è il nomadismo digitale, chi sono i nomadi digitali di oggi e come lo si diventa?

Nomadi digitali, quella voglia matta di essere cittadini del mondo

Possono i nomadi digitali aiutare a rilanciare e ripopolare piccoli centri e borghi nelle aree interne d’Italia?

Aprire il laptop cullati da un’amaca di lino, il sole del pomeriggio che brilla sulle onde e un cocktail fruttato al posto del mouse? Se almeno una volta vi siete pensati così, vi stavate immaginando un radioso futuro da nomade digitale.

Un sogno? Forse, almeno in questi termini idilliaci… ma nella realtà il nomadismo digitale è una prospettiva che molte persone, soprattutto dopo la pandemia, hanno provato a rendere reale. Ma cos’è il nomadismo digitale, chi sono i nomadi digitali di oggi e come si diventa un nomade digitale

Chi sono i nomadi digitali?

Chi sono i nomadi digitali?

Un nomade digitale è innanzitutto chi lavora senza un domicilio stabile nel tempo, utilizza le tecnologie digitali da remoto, si mantiene seguendo le opportunità professionali vicine e lontane intrecciandole a propri desideri di viaggio e ambizioni personali, conducendo uno stile di vita nomade. 

Una recente ricerca condotta da Flatio.com, piattaforma per affitti nel medio periodo pensati per nomadi digitali, ha composto il paesaggio del nomadismo digitale grazie ai dati ricavati dalla community dei suoi fruitori: single, coppie e famiglie, liberi professionisti e in generale persone che non vogliono rimanere nel recinto imposto dalla scrivania fissa in un luogo di lavoro.

Più della metà dei nomadi digitali ha un’età compresa tra i 30 e i 39 anni, e oltre un quarto di loro ha superato i 40 anni. L’81,9% considera l’opzione del nomadismo con la consapevolezza a rispettare territorio di appoggio e comunità ospitante. Il 43,4% dei nomadi digitali intraprendono il viaggio da soli, mentre gli altri viaggiano lavorando insieme al proprio partner, ad amici e ad altri nomadi digitali. Il 17,5% delle persone sceglie di viaggiare con la famiglia.

Il nomadismo digitale è stato perlopiù abbracciato da cittadini britannici e americani, che rappresentano secondo Flatio rispettivamente il 12,3% e il 37,4% della popolazione nomade digitale mondiale. In Europa invece chi si sposta più volentieri lavorando sono tedeschi, austriaci e francesi. Meno dell’1% di nomadi digitali proviene da Italia e Portogallo.

Digital Nomad Visa, un passaporto per lavoratori globali senza fissa dimora

Digital Nomad Visa, un passaporto per lavoratori globali senza fissa dimora

Si chiama Digital Nomad Visa il passaporto temporaneo per il lavoro da remoto in un paese straniero, per un periodo prefissato dalle leggi interne del paese ospitante. In generale la durata media di una Visa per nomadi digitali è di 12 mesi, con delle variazioni tra nazioni e con possibilità di prolungare la durata della validità del documento e della sua eventuale estensione ai familiari.

Nomadi digitali in Italia

Nomadi digitali in Italia

Se l’Europa è molto desiderata dai nomadi digitali, l’Italia potrebbe essere una destinazione d’elezione. A fare chiarezza su un panorama ancora poco fotografato dalla statistica è un rapporto del 2023 pubblicato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali (AIND). Il suo titolo, “Come il nomadismo digitale può contribuire a ridurre i divari economici e sociali in Italia”, è esplicito sulla possibilità di ricucire molti strappi tra aree centrali e periferiche, tra città e borghi dell’entroterra.

In sintesi, la fotografia che sviluppa il rapporto rappresenta un Paese in cui solamente 6 comuni superano i 500.000 abitanti, ospitando circa il 12% della popolazione nazionale. I 5.533 comuni con meno di 5.000 abitanti ciascuno rappresentano infatti ben il 70,04% del totale, ospitando solo il 16,54% degli italiani. Quindi le aree interne che includono comuni intermedi, periferici e ultraperiferici, rappresentano una parte significativa del territorio nazionale. Sebbene queste aree comprendano meno del 23% della popolazione italiana, occupano quasi il 59% della superficie totale del Paese.

Queste piccole comunità spesso affrontano sfide legate all’accesso limitato ai servizi essenziali. Oltre 2.381 di queste piccole città sono a rischio di abbandono avanzato, a causa della migrazione verso le città, disastri naturali e risorse inadeguate. Tuttavia, nonostante queste sfide, queste comunità sono ricche di identità e custodiscono un patrimonio artistico, culturale e ambientale di inestimabile valore, spesso custodito in luoghi poco accessibili. 

La prospettiva a cui ambire è quindi quella di investire in servizi che consentano a nomadi digitali e lavoratori a distanza di abitare per lunghi periodi comunità periferiche, magari mettendo a disposizione know how specializzati (ingegneri, architetti, agricoltori specializzati, tecnici, chimici, ingegneri gestionali, manager ecc.) che aiutino comunità e istituzioni a rinforzare il tessuto sociale, a modernizzare le istituzioni, a mettere in piedi progetti che valorizzino il territorio, lo rendano più attrattivo e abitabile, preservando tradizioni antiche e risorse naturali preziose, di cui l’Italia è eccezionalmente ricca.

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