In sella dall’Umbria alle Marche
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Magia. È la parola che scorre come un fil rouge invisibile lungo i 202 chilometri della quarta tappa della Tirreno-Adriatico. Parliamo del fascino con cui ci rapiscono le cascate, in questo caso tra le più alte d’Europa; della suggestione che tutti i ciclisti, professionisti o amatori, provano quando ‘attaccano’ una catena montuosa; infine, degli incantesimi che secondo la leggenda si nascondono tra le vette dei Sibillini. Non resta che montare in sella e lasciarsi ammaliare da questo percorso.
La Cascata delle Marmore
Si parte dalla Cascata delle Marmore, la meraviglia d’ingegneria idraulica iniziata dai Romani nel 271 a.C. per permettere al fiume Velino di unirsi al Nera. In sottofondo il frastuono dell’acqua, che salta per ben tre volte da 165 metri di dislivello, con una portata che arriva a 15 metri cubi al secondo. Uno spettacolo che vale la pena di ammirare da più angolazioni, magari approfittando di uno degli itinerari per cicloturisti, da affrontare anche in famiglia. Uno dei più battuti, lungo una ventina di chilometri e con un dislivello di 150 metri, inizia dal Parco I Carpacci, a Marmore, proprio vicino al belvedere delle cascate, e prosegue costeggiando il fiume Velino. Arrivati a Piediluco, un paesino di pescatori e casette colorate affacciato sul lago omonimo, si prosegue verso Colli sul Velino e una volta concluso il giro dello specchio d’acqua si fa ritorno verso Marmore.
Attraverso l’Appennino
Dalla Cascata delle Marmore il tracciato della competizione punta verso l’Appennino, con pendenze dolci e costanti. Per arrivare al valico di Torre Fuscello (a 1050 metri d’altitudine), sul confine tra Umbria e Lazio, bisogna pedalare per 30 chilometri. Scollinato il passo, si entra nel comune di Leonessa e pochi chilometri dopo in quello di Posta, sulla Salaria: la via consolare usata dai Romani per il trasporto del sale dall’Adriatico a Roma. Ma il meglio è a circa 50 km, sulla direttrice verso Ascoli Piceno. Condiviso da Marche e Umbria, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è un paradiso naturalistico dalla doppia anima: fiabesca o da thriller, a seconda di dove ci si vuole perdere. Sotto il Monte Vettore, per esempio, si estende un paesaggio dolce, fatto di querce, ulivi secolari, ginestre, campi arati e borghi di pietra che sembrano fuori dal tempo. Ma in quota sono brividi, e non solo di freddo. A 1941 metri d’altitudine si trova il lago di Pilato: nelle sue acque, narra la leggenda, fu trascinato il corpo esanime del procuratore romano da una mandria di bufali. Il suo spirito, dicono, è ancora lì.
Rotta su Ascoli Piceno
Racconti popolari a parte, si torna alla corsa, con un finale all’insegna della fatica. Si tratta, infatti, di un circuito da percorrere per ben due volte, con tre passaggi per lo strappo di Bellante: sono solo 4 km, ma con una pendenza media del 7 per cento e punte dell’11. E attenzione: quando l’inclinazione del percorso segna una doppia cifra, il gioco si fa duro. Troppo duro? Gli appassionati si possono anche fermare prima, magari facendo tappa ad Ascoli Piceno. Il consiglio è di fare un giro tra le sue rue, le vie strette e tortuose che come rughe solcano la città, collegando le antiche mura con il centro. Oppure, per gli appassionati di storia, programmare un pomeriggio al Picen World Museum, il nuovo museo archeologico (inaugurato nel settembre 2021) in versione multimediale. Grazie alla realtà aumentata, si possono maneggiare gli oggetti recuperati nella necropoli dove vivevano gli antichi piceni. Altre magie, in questo caso della tecnologia.
A cura della redazione di RCS Sport.